Luigi Pintor, prospettive politiche di una celebrazione

9 Ottobre 2025

[Francesco Tronci]

Promossa dal Collettivo Luigi Pintor e dal manifesto alla Fondazione Banco di Sardegna, la celebrazione del centenario della nascita di Luigi Pintor si può considerare, visto il successo della stessa, come un’iniziativa controcorrente.

Commemorare un grande giornalista, un militante comunista sardo molto stimato, un autore di racconti capace di sorprendere il lettore e, perfino, un apprezzato pianista non è cosa comune di questi tempi.

L’uso di parole come “comunista” o “compagno” non è frequente nel dibattito politico di questi tristi giorni. La crisi, internazionale, del movimento comunista, infatti, è addebitabile alla mancanza di riflessione sui propri errori. La fine della guerra fredda non è stata seguita da un’analisi degli errori commessi durante il secolo che ci ha preceduto.

Qualche ingenuo ha creduto che cambiare il nome all’insegna del proprio partito fosse sufficiente per andare avanti. Sulla figura del comunista si affollano stereotipi negativi che lo accomunano alla vocazione gregaria e all’esercizio della violenza. La celebrazione ha fatto emergere ancor più l’urgenza di una organizzazione politica che si opponga alla tristezza dei tempi attuali e provveda alla formazione politica delle nuove generazioni. 

Ciò detto, il riferimento alla produzione letteraria di Luigi Pintor non è privo di ostacoli, a cominciare da un uso della lingua italiana alternativo rispetto a quello legato alla professione giornalistica di Pintor. Ci troviamo di fronte all’esercizio di una scrittura memorialistica e a una autobiografia non apologetica incaricate, in ultima analisi, di costruire una figura nuova di comunista. 

La scrittura dei racconti copre un arco temporale compreso tra il 1991 e il 2003. I titoli (SERVABO, LA SIGNORA KIRKGESSNER, IL NESPOLO, IL LUOGO DEL DELITTO), nascondono, in effetti, il programma dell’autore di raccontare la propria vita, dalla nascita alla morte. La recente pubblicazione della casa editrice Bollati Boringhieri rende evidente l’intenzione unitaria dell’autore.

Nell’autobiografia non viene trascurato nessun aspetto della vita: la nascita, la famiglia, gli affetti, i luoghi, la cultura, la storia, l’ideologia, il giudizio.  Ogni ambito di essa è destinato a produrre azioni e da queste scaturiscono momenti di valutazione etica che ne rivelano il carattere sociale, l’utilità e il limite. Il precetto di un antenato letto alla base di un ritratto, SERVABO, contiene l’impegno all’agire in modo socialmente utile e le ragioni del premio e del castigo.

Lo stile della narrazione è sempre caratterizzato dalla modestia e da un elegante uso dell’ironia l’elogio della tonalità minore. Senza, tuttavia, dimenticare lo spessore degli avvenimenti storici come le guerre e le rivoluzioni, o il valore assegnabile a particolari momenti del pensiero scientifico e della produzione artistica.

Frequenti, nel dibattito, i richiami al legame fra Pintor e la Sardegna, sempre pudicamente moderati dall’ironia che priva della lettera maiuscola i nomi dell’isola, della città, delle sue spiagge, dei suoi panorami, e perfino dei cinema, molto frequentati dall’autore.

Come avviene in letteratura, il testo spesso seleziona i propri lettori: così accade quando la scrittura si sofferma sulla riflessione ideologica e sugli avvenimenti che hanno accompagnato l’impegno politico, il dibattito ideologico, la condivisione delle battaglie con un gruppo reso coeso da robusti convincimenti e disponibile alla lotta. Si propongono così al lettore i rapporti con il fratello maggiore, Giaime, intellettuale di livello europeo, morto prematuramente, autore di una lettera al fratello minore e destinata a condizionarne la vita.

Dai giovanili atti resistenziali che ne provocarono l’arresto da parte della banda nazifascista di via Tasso, alla tortura, all’evasione, al matrimonio con la giovane compagna di ventura. Il percorso esistenziale, non privo di avvenimenti dolorosi, è ricco di scelte decisive: l’iscrizione al Partito Comunista Italiano, il lavoro al suo giornale, l’invio, per punizione, in Sardegna, la radiazione del gruppo di dissidenti legati prima alla rivista, alla quale seguirà la pubblicazione del quotidiano IL MANIFESTO e la fondazione di un partito, il PDUP, scomparso negli anni Novanta.

Di tutto ciò i testi danno conto sottolineando in particolare le riflessioni sul comunismo, sulla trasformazione del PCI in organizzazione burocratica, sulle ragioni per le quali l’intera sinistra italiana scivola in una crisi dalla quale non si è ancora ripresa.

Coerente col proposito di non volersi ergere a maestro di vita del lettore, Pintor propone al lettore, nell’ultimo volume della quadrilogia, IL LUOGO DEL DELITTO, una lunga confessione sui propri limiti e sui momenti della vita nei quali non è stato coerente con i propri principi.

A chi ha scritto queste righe pare questa una ragione di più per proporre ai giovani l’opera narrativa di Luigi Pintor come proprio manuale di formazione politica e civile.

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