Il baciamano

1 Febbraio 2019
[Marco Ligas]

Parliamo spesso, forse troppo, di identità e di sovranismo. Negli ultimi decenni si è sviluppato un dibattito intenso su questi temi. Molti intellettuali e diverse associazioni ne hanno fatto il fulcro del loro impegno sociale e politico.

Sarebbe importante se questo interesse producesse una crescita culturale di cui anche la Sardegna ha bisogno. In particolare sarebbe apprezzabile il consolidamento di un atteggiamento di autonomia e di rispetto di sé non solo nei confronti di chi viene da fuori con lo scopo di sottrarre ulteriormente le ricchezze che appartengono alla nostra isola, ma anche nei confronti di chi, pur non venendo da fuori, mostra la stessa arroganza di molti forestieri consolidando così la dipendenza da coloro che, sardi o no, usano il potere e il clientelismo per il mantenimento delle disuguaglianze.

Purtroppo gli effetti delle riflessioni su questi temi e sulle iniziative ad esse collegate sono spesso al di sotto delle aspettative anche di chi le promuove. E tanto meno risultano stimolanti verso coloro che mostrano una diffidenza nei confronti del separatismo o del sovranismo finalizzati alla creazione di una Regione (o Stato) indipendente. Bisogna riflettere attentamente su queste tendenze anche perché talvolta registriamo persino un arretramento culturale nei comportamenti dei nostri corregionali.

Proprio in questi giorni abbiamo assistito a un’immagine sgradevole: il baciamano di un elettore, condiviso con ammiccamenti dagli altri partecipanti al comizio che seguiva, verso un ministro che col passare del tempo si mostra sempre più arrogante, portatore di valori che poco hanno a che vedere con il consolidamento della democrazia e del rispetto dei diritti delle persone, qualunque sia la loro nazionalità. Non è un caso che il suo comportamento nei confronti dei migranti venga sempre più paragonato alle scelte del governo tedesco nei decenni che hanno preceduto la seconda guerra mondiali: così come i nazisti usarono i campi di sterminio contro gli ebrei oggi il nostro ministro Salvini usa il Mediterraneo per liquidare intere comunità che fuggono dai loro paesi devastati dalle guerre e dalla miseria.

In Sardegna c’è oggi un alleato particolare del ministro Salvini: è il senatore Solinas che attraverso un’alleanza con la Lega si è posto l’obiettivo di diventare Governatore. Molti si chiedono se questo candidato possa garantire una crescita dell’autonomia e dell’identità del popolo sardo, una partecipazione reale dei cittadini alla gestione della Regione. La risposta viene da sé. Non può farlo non solo perché l’alleanza politica che ha consolidato recentemente non glielo permette ma anche perché la sua esperienza di dirigente del Partito Sardo d’Azione non ha certo messo in evidenza una sua propensione per un modello di sviluppo in grado di correggere l’inadeguatezza della politica regionale così come è stata condotta anche nell’ultima legislatura.

C’è un altro aspetto di questa campagna elettorale che non può essere sottovalutato. Riguarda l’atteggiamento verso le elezioni da parte delle associazioni o partiti che si dichiarano sovranisti.

È vero, abbiamo una legge elettorale anticostituzionale, concepita tra l’altro per escludere le minoranze dal Consiglio regionale. Ma proprio per queste ragioni sarebbe stato opportuno che i diversi gruppi avessero affrontato la campagna elettorale più uniti, più disponibili al confronto usando una maggiore elasticità nella definizione del programma da presentare e discutere con gli elettori. Purtroppo questo obiettivo non è stato raggiunto.

Ancora una volta è prevalsa in ciascuna di queste organizzazioni l’esigenza di mostrare una distinta visibilità seppure ininfluente, in grado di ottenere solo un consenso modesto dall’elettorato.

È fondamentale correggere questo comportamento che sottovaluta la dimensione della crisi che stiamo vivendo. Ma per far questo è necessario un impegno diverso, non solo concentrato sulle elezioni, ma indirizzato soprattutto nella ricerca di una diversa organizzazione sociale che consideri preliminari il diritto al lavoro, alla formazione, alla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini. Occorrerà far questo non solo nelle stanze chiuse delle singole organizzazioni ma anche nei territori in stretto rapporto con i lavoratori e i cittadini tutti.

Senza questa svolta rischiamo di vedere ancora quella immagine sgradevole di cui abbiamo parlato inizialmente: il baciamano ai ciarlatani di turno.

1 Commento a “Il baciamano”

  1. ANDREA PUBU7SA scrive:

    Caro Marco,

    hai ragione, i baciamani dei sardi verso i “continentali” sono sgradevoli. E’ triste che una povera donna baci la mano a Salvini, ma quando, a farlo, erano Zedda e Pigliaru con Renzi, al tempo dell’attacco alla Costituzione e alle autonomie regionali, le immagini (andate a rivederle) erano ancora più avvilenti. La genuflessione era opera dei nostri governanti non di una popolana poco acculturata.

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