Il paesaggio è un bene identitario?
24 Luglio 2025[Rita Atzeri]
Il paesaggio è un bene identitario. Un’affermazione che non ha tema di smentita, suffragata da illustri interventi.
“Gli insulti al paesaggio e alla natura, oltre a rappresentare un affronto all’intelligenza, sono un attacco alla nostra identità”. Con queste parole il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, scrive una lettera a un noto settimanale italiano (25 maggio 2021) per ricordare la centralità della cultura per lo sviluppo del nostro Paese. Il principio, scrive il Presidente della Repubblica, ha le sue radici nella nostra Costituzione: “Quante volte abbiamo ascoltato il vocabolo “bellezza” associato a “Italia”? Per dare profondità a questo straordinario abbinamento di pare occorre fare ricorso al senso che i nostri Padri Costituenti seppero dare ad un terza parola: cultura. Accanto alla cultura c’è il valore della ricerca, del paesaggio, del patrimonio storico artistico, tutti beni da promuovere e tutelare”.
Il riferimento più evidente è all’art 9. della nostra Costituzione che protegge i beni artistici e paesaggistici, da interpretare però con gli occhi del presente, leggendo la Carta Costituzionale “non come libro inerte bensì come documento vitale e fertile, capace di proporre un’etica pubblica”, facendo quindi da monito per il lascito alle nuove generazioni e soprattutto dando un chiaro segnale che va nella direzione del rispetto e della consapevolezza del nostro patrimonio culturale, al di là di ipotetici snellimenti burocratici nella sua gestione.
Il profilo della città di Cagliari “la città bianca” cantata da: David Herbert Lawrence, che scrisse “Mare e Sardegna”. Il libro descrive il viaggio dell’autore in Sardegna, inclusa Cagliari, nel 1921; da Francesco Alziator, antropologo, filologo e letterato italiano, che concentrò la sua attività nello studio e nella salvaguardia della cultura e delle tradizioni sarde, in special modo a quelle della sua città, Cagliari; Sergio Atzeni, scrittore che ha cantato Cagliari in tanti suoi libri ed in particolare ne “Il quinto passo e l’addio”, descrive il profilo della nostra bellissima città d’acqua nell’allontanarsi da lei in nave, come già fece anche Grazia Deledda, si trova ora ad essere deturpato da un’insegna pubblicitaria, arrogante e cafona.
E non bastano certo i colori rosso blu dell’amata squadra di calcio a litigare la volgarità.
Com’è possibile che in nome di un beneficio economico si comprometta un bene identitario che appartiene alla storia, alla letteratura ed alla popolazione sarda da secoli?
Vorremmo invitare l’amministrazione comunale a rivedere la concessione e l’azienda milionaria a trovare forme più corrette e consone per promuovere il suo marchio.