Il viaggio per la liberazione: E ci ritrovammo in Barbagia a cantare Bella Ciao di Amedeo Spagnuolo

16 Gennaio 2023

[Luana Seddone]

I protagonisti del romanzo di Amedeo Spagnuolo si ritrovarono in Barbagia a cantare Bella Ciao. Dei ragazzi intraprendono un viaggio di piacere da Napoli alla Sardegna, un gruppo di giovani mossi dalla voglia di avventura, dalla scoperta di nuovi luoghi e di sé stessi.

I paesaggi accompagneranno il loro cammino, quel muoversi diventerà interiore, in uno strano legame tra emozioni, colori e odori leggendo le situazioni in maniera più profonda. Le sensazioni olfattive guideranno i loro passi e le scoperte, quelle amorose, quelle amicali, quelle dell’uomo in quanto tale. Saranno i personaggi con i loro profili, le peculiarità umane, i tratti distintivi a comporre un quadro che va dalla goliardia all’impegno salvifico, in un viaggio itinerante alla scoperta del sé e dell’altro, di quanto sia flebile il confine tra il bene e il male, di quanto gli eroi e gli antieroi siano spesso frutto di una questione prospettica. L’eroe contemporaneo, Alessandro, è bello, è il pastore delle genti, conduce la delegazione guerriera, combatte e soffre, è un giovane uomo tollerante e generoso.

Resta ferma la condanna, come in tutte le opere di Amedeo Spagnuolo dell’invidia, della mediocrità, la mancanza di ideali e l’ambiguità.

Si ispira a Gramsci che l’11 ottobre 1917 scriveva:

Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

I nomi sono illuminanti circa le caratteristiche delle persone che li portano. Ciò corrisponde al motto plautino “nomen omen”, ovvero “il nome è una premonizione”. Secondo gli antichi, infatti, il nome poteva rivelare qualcosa sul futuro o sul carattere della persona, ritroviamo nel romanzo il presidente Petrini, la brigata Luxembourg, la brigata Gramsci, il comandante Marras e altri ancora.

Eppure, questi giovani affiancati e condotti nella battaglia da uomini e donne di esperienza hanno come obiettivo la liberazione, l’essere liberi dal fascismo, quel male assoluto, rappresentato dalle sue camicie nere, che semina morte, distruzione, che stupra l’anima e i corpi, che impone e scompone.

Le donne e gli uomini amano, si amano e combattono, non c’è distinzione di genere, ci sono ruoli interscambiabili anche se con peculiarità differenti, l’obiettivo primario è la salvezza e la protezione del debole, i bambini con madri armate e decise a non arrendersi e i vecchi.

Come disse Piero Calamandrei nel Discorso ai giovani sulla Costituzione, tenuto a Milano nel gennaio del 1955, le montagne divennero un epicentro del riscatto nazionale.

 Il monte Ortobene, fa da scenografia a chi sceglie di riscattare l’onta del fascismo e di lottare per la resurrezione in chiave democratica della nazione:

“…dividetevi in piccoli gruppi e rifugiatevi sulla montagna, i ratti non conoscono l’Ortobene, noi si.

Il romanzo si chiude con una riflessione amara di Alessandro:

Alessandro mentre guardava la favolosa isola allontanarsi sempre di più, non riusciva a scacciare dalla mente un pensiero oscuro che gli turbava l’anima: “il fascismo non sparirà mai dalla faccia della Terra perché è l’espressione assoluta del male. Il male è presente anche nell’uomo più buono. E allora, cosa ci resta da fare? Niente di più di quello che abbiamo fatto e continueremo a fare, contrastarlo sempre, con tutte le nostre forze, per ricacciarlo nell’inferno dal quale è venuto e se non dovessimo riuscirci allora non ci resterebbe che rifiutare una vita da schiavi a favore di una morte da liberi!”. Intanto le terre di Sardegna erano scomparse dalla sua vista.” 

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