Il vicolo cieco della società venezuelana

21 Marzo 2014

Venezuela

Abbiamo ricevuto dal nostro amico Marcos Manzanares che vive in Venezuela una riflessione sulla situazione di quel paese. La pubblichiamo così come l’abbiamo ricevuta, pur non condividendone alcune parti. Maurizio Matteuzzi interviene nell’articolo successivo precisando il nostro punto di vista.

Marcos Manzanares

Una volta un amico sardo mi ha chiesto di definire il mio paese con una sola parola. Quale poteva essere? Ricordo di avergli risposto: “contradditorio”. È che il Venezuela è un paese di contrasti che vanno ben oltre i confini geografici. In Venezuela confluisce una ricchezza strana fatta di risorse umane e naturali non conciliabile con i segni di una grave crisi economica che si riflette in una inflazione al 56,2% (1) e in una contrazione economica allo 0,7% (2), la più bassa di tutta l’America latina nel 2013. A questo panorama economico si aggiunge una realtà sociale in cui l’impunità è così chiara che ogni misuratore di violenza domestica raggiunge ogni giorno livelli da record. Tanto che solo nel 2013 i dati riportano 24.763 morti violente (3), a cui si aggiungono i casi di furto, rapina, sequestro di persona e altri reati, molti dei quali non sono denunciati per via dalla scarsa fiducia nel sistema giudiziario e penale.
L’insieme di sollecitazioni economiche e sociali ha portato una parte della società civile venezuelana a manifestare in numerose città (4) con proteste di massa che hanno compiuto un mese lo scorso 12 marzo e che, quando viene scritto questo articolo, durano ancora. Ma come può un paese, che dopo la seconda metà del XX secolo è riuscito a essere modello di sviluppo, diventare una nazione sprofondata nella violenza e nella crisi economica? La risposta può venire da un’altra contraddizione. Il Venezuela è tra i paesi latino-americani con la democrazia più antica, ma il rispetto che si ha per le istituzioni che la rappresentano è di circostanza. Tale posizione ambigua rende il modello democratico debole e suscettibile di ogni deterioramento. La qual cosa si è accentuata negli ultimi 15 anni.
La capitalizzazione del malcontento nazionale, iniziato dopo il tracollo finanziario avvenuto a metà anni Novanta, si è manifestato con l’avvento al potere di Hugo Chavez, che ha proposto una ristrutturazione dello Stato secondo un sistema socialista, promuovendo la partecipazione della comunità nell’economia, aumentando la sua rappresentanza e incoraggiando la creazione di organismi e statuti di garanzia a protezione dei cittadini. Tuttavia, una volta eletto presidente, grazie all’appoggio popolare raggiunto attraverso politiche populiste, ha sviluppato strategie di mantenimento del controllo dello Stato insieme con la proiezione di un modello riconosciuto da varie istituzioni sovranazionali della regione e ripreso in diversi paesi dell’America Latina.
In una condizione di alterazione del sistema democratico, ha potuto beneficiare del potere solo chi lo gestiva, favorendo in tal modo un’opposizione reazionaria verso il governo. La polarizzazione estrema della società deforma il dialogo democratico, fissando posizioni binarie laddove le domande richiederebbero risposte attente alle sfumature. La polarizzazione netta ha eliminato le minoranze e le posizioni intermedie di quelli (tra i quali includo me stesso) che trovano punti di dialogo fra le contrapposte argomentazioni radicali. Questa contrapposizione ha bloccato lo sviluppo della nazione non solo da un punto di vista economico e politico, ma anche sociale. Stiamo prendendo un vicolo che sembra senza via d’uscita, e che ci fiaccherà ancor più nel conflitto che oggi in Venezuela noi tutti viviamo (5).
Per forza ci siamo dovuti render conto che il concetto di sviluppo deve fondarsi su una combinazione di idee e proposte basate sulla diversità. Nella lotta comune abbiamo capito che i diritti non devono essere soggetti alla trattativa, né oggetto di contrattazione. Per questo gran parte della popolazione ha manifestato nei giorni scorsi: per chiedere l’intervento dello Stato come organo di governo per il controllo e la supervisione della sicurezza, per la risoluzione dei problemi economici, per il reperimento di cibo e materie prime (oggi siamo quasi in carestia), per il suo ruolo stesso di Stato (6). Ma queste proteste sono state represse in modo sproporzionato (7) con uno sconfortante numero di morti, feriti e detenuti illegalmente da parte delle forze dell’ordine e di gruppi di civili armati. Tutto con il consenso dello Stato venezuelano, il quale adduce come elemento a propria difesa la minaccia di un nemico esterno e di un conflitto. Con un approccio fondato sulla paura, le vie di uscita (se si intravedono) non saranno facili da raggiungere (8).
La situazione che vive il Venezuela non contribuisce al dialogo e alla concertazione. Con la visione autoritaria del potere, che condanna il dissenso e criminalizza la protesta – un diritto civile tutelato dalla nostra Costituzione – è praticamente impossibile aprire un dialogo che possa aiutare a ricostruire la nazione. Questo lo constatiamo giorno per giorno, vedendo i quartieri sotto assedio con barricate fatte dagli abitanti e intere aree chiuse dai cordoni militari; sentendo la critica serrata verso ogni opinione e l’impossibilità di prendere qualsiasi posizione. Il conflitto ravviva la ferita (9), e come società ci allontana mettendo in evidenza che, come modello di sviluppo di una nazione, questo sistema affermatosi per via plebiscitaria, che però si comporta in modo autoritario, non funziona.
Dopo un mese, siamo tutti perdenti. I segnali di uscita non compaiono (10). E la frustrazione, soprattutto quella personale, aumenta.

***

  1. La peor inflación del Mundo. El Universal. 06/01/2014. http://www.eluniversal.com/opinion/140106/la-peor-inflacion-del-mundo
  2.  Global Economic Prospects. The World Bank database. 13/03/2014. http://data.worldbank.org/country/venezuela-rb
  3. OVV: 24.763 muertes violentas se registraron en 2013. Últimas Noticias. 26/12/2013. http://www.ultimasnoticias.com.ve/noticias/actualidad/sucesos/ovv-24-763-muertes-violentas-se-registraron-en-201.aspx
  4.  Venezuela in fila per il pane E la casta mangia aragoste. La Stampa. 14/03/2013. http://www.lastampa.it/2014/03/14/esteri/venezuela-in-fila-per-il-pane-e-la-casta-mangia-aragoste-Qj44UAJkPgxLPR5bVLU2iO/premium.html
  5.  Venezuela: un mes de protestas en las que todos pierden. BBC Mundo. 12/03/2013. http://www.bbc.co.uk/mundo/noticias/2014/03/140311_venezuela_protestas_mes_az.shtml
  6.  Seis preguntas para entender las protestas en Venezuela. BBC Mundo. 19/02/2014. http://www.bbc.co.uk/mundo/noticias/2014/02/140214_venezuela_protestas_preguntas_respuestas_wbm.shtml
  7.  Venezuela, la violenza della polizia. La Stampa. 02/03/2014. http://www.lastampa.it/2014/03/02/multimedia/esteri/venezuela-la-violenza-della-polizia-JPmyqA64IdpLaMeVLdDFiM/pagina.html
  8.  De miedos y esperanzas, por Héctor Torres. ProDaVinci. 11/03/2014. http://prodavinci.com/blogs/de-miedos-y-esperanzas-por-hector-torres/
  9.  M.Sc. Andrés Sepúlveda dixit, Historiador, Universidad Simón Bolívar.
  10.  Venezuela sigue sumando muertos sin solución a la vista. BBC Mundo. 13/03/2014. http://www.bbc.co.uk/mundo/noticias/2014/03/140312_venezuela_protestas_msd.shtml

1 Commento a “Il vicolo cieco della società venezuelana”

  1. Davide Canu scrive:

    Interessante intervento. Da tempo seguo le vicende degli stati del latino-america e pertanto lo condivido quasi in toto. E’ paradossale che dopo il lungo periodo di Chavez al potere continui a permanere uno scarso sviluppo economico in una nazione ricchissima ma anche in balia di una violenza controllata e con forze militari. Le istituzioni si mantengono come dice l’autore con l’autoritarismo e sono contrari ad ogni critica. Purtroppo anche in Italia ci avviamo da tempo nella medesima direzione.

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