Venezuela: una fase difficile

21 Marzo 2014

Chavez

Maurizio Matteuzzi

Un contributo, molto sofferto e partecipato, sulla difficile e drammatica situazione venezuelana, quello di Marcos Manzanares. Ricca di spunti interessanti la sua analisi anche se a mio parere, non sempre condivisibile.

Intanto dall’impianto del ragionamento si evince che la situazione del Venezuela è andata deteriorandosi, fino a precipitare, nel corso e a causa di Chavez e del chavismo: “un modello democratico debole e suscettibile di ogni deterioramento, la qualcosa si è accentuata negli ultimi 15 anni”. “l’alterazione del sistema democratico…”, “la polarizzazionbe estrema che deforma il dialogo democratico fissando posizioni binarie” e cancellando le necessari “sfumature” e le “posizioni intermedie”…

In realtà Chavez e il chavismo sono stati l’effetto e non la causa della polarizzazione estrema e del “modello” precedente, sia del modello di democrazia politica sia del modello di sviluppo economico.

Il patto di Punto Fijo del ’58 fra socialdemocratici e democristiani non era una conventio ad exludendum dei comunisti e delle sinistre che erano stati i principali protagonisti della caduta della dittatura di Perez Jimenez? E non costituivano già “una alterazione del sistema democratico”, nonostante le regolari elezioni nei tempi previsti? E il “modello di sviluppo” della seconda metà del secolo XX, quello che secondo il padre della patria Romulo Betancourt si doveva fondare nella “semina del petrolio”, non fu anche quello fondato sulla esclusione sociale anziché sull’inclusione, e quello che portò, alla fine del secolo scorso, all’incredibile dato per cui l’80% della popolazione del “Venezuela saudita” era povero contro il 20% della casta politica e sindacale che si spartiva potere economico e potere politico?

E’ vero che Chavez e il chavismo hanno avuto e hanno limiti ed errori, anche gravi. Ma a me sembra che sia molto difficile negare che nel quindicennio chavista il Venezuela, visto nel suo insieme, sia molto migliorato, che abbia incluso per la prima volta nella storia del paese le masse popolari nel concetto di cittadinanza. E che l’opposizione sia, fin dall’inizio, sia stata minata al suo interno da pulsioni classiste e golpiste da cui non riesce a liberarsi. Nell’aprile 2002 con l’effimero golpe di Carmona, nel dicembre 2002 con uno sciopero-serrata del settore petrolifero guidato dal “socialdemocratico” Ortega che richiamava fin troppo da vicino lo sciopero dei camionisti di Villarin nel Cile di Allende, e oggi da personaggio inquietanti come Leopoldo Lopez. D’altra parte sono in molti, a cominciare a quanto sembra dallo stesso Henrique Capriles, il leader dell’opposizione che ora rischia di apparire troppo moderato, a sostenere che finché le domande dell’insieme antichavista che scende in piazza non riusciranno ad andare oltre ai confini di quella che forse troppo schematicamente si chiamava la borghesia, sarà difficile che riescano a fare breccia sul grosso del paese e della popolazione (senza per questo scongiurare, purtroppo, i rischi di una guerra civile).

E poi, per ultimo, è vero che ci sono stati già troppi morti. Ma non si può tacere che i morti non sono di una parte sola, quelli per mano della repressione, ma di entrambe le parti. E se è vero che il “nemico esterno” è sempre stato un comodo strumento per i governi alle strette, è anche innegabile (e ufficiale) che le amministrazioni USA, Obama non meno di Bush, dal 2000 hanno irrorato l’opposizione antichavista venezuelana, con quasi cento milioni di dollari confidando che anche lì esploda una rivoluzione, viola, arancione o di qualsivoglia colore, come è accaduto altrove nel mondo.

3 Commenti a “Venezuela: una fase difficile”

  1. Reinaldo Marin scrive:

    Qanto facile è di rivedere la situazione in un paese dove non si vive! Soprattutto quando si può andare a fare la spesa settimanale e trovare tutto ciò che si vuole. È molto comoda l’ottica dei comunisti italiani in Italia con un buon bicchiere di vino e fette di prosciutto di Sardo e forse un po’ di bottarga. S’ ignora i 200.000 morti in questi 15 anni di mal governo e il grande furto di risorse pubbliche, che Maduro riconosce superi più di 20 miliardi di dollari. La perdita di risorse umane non è meno importante. Il Venezuela non merita governanti mediocri, bugiardi, ladri e assasini di giovani talentuosi e promettente. Sono sicuro che questo incubo finirà, prima o poi. Il caro amico Marcos ha fatto un articolo accurato, ma mi sembra che la realtà è un po’ più brutta. Mi scuso per il mio linguaggio povero, ma le emozioni e la tristezza non mi fanno scrivere meglio.

  2. Marco Ligas scrive:

    È vero, è difficile avere e dare informazioni esaurienti sulle condizioni di un paese, soprattutto quando si vive altrove. Succede però che anche quando si vive nello stesso paese non si conoscano abbastanza, e perciò si sottovalutino, le cause della eventuale ricchezza o povertà o del disagio in cui vivono tanti cittadini.
    Davvero le ragioni dell’attuale crisi venezuelana sono da attribuire tutte a Chavez e allo chavismo? I modelli precedenti e il ruolo svolto da altri paesi, gli Usa in primo luogo, non c’entrano? Perché gli Usa sono sempre presenti in tutte le parti del mondo per esportare la democrazia promuovendo anche le guerre umanitarie? Non voglio giustificare in nessun modo le violenze che attualmente caratterizzano la vita in Venezuela chiunque le provochi, ma non credo che siano esplose tutte negli ultimi 15/20 anni. Forse una riflessione più attenta su questi processi favorirebbe una valutazione più obiettiva della realtà e della dinamica dei mutamenti sociali.
    Un’ultima considerazione: in tutto il pianeta, non solo in Sardegna, fa la spesa chi dispone della moneta sufficiente. Purtroppo chi subisce lo sfruttamento e l’emarginazione non ha un reddito adeguato e trova difficoltà a fare la spesa con regolarità. Questo fenomeno si verifica anche nel mondo occidentale troppo spesso presentato come un luogo di felicità.

  3. Reinaldo Marin scrive:

    È molto interessante la sua domanda: Davvero le ragioni dell’attuale crisi venezuelana sono da attribuire tutte a Chavez e allo chavismo? La risposta sembra semplice ma non lo è. Immaginate un paese che improvvisamente le loro entrate fiscali crescono e sembra non smettere mai di crescere. I governanti diventano pazzi e cominciano a spendere tutto quello che possono pensare senza mai fermasse a pensare al futuro. Esattamente questo è quello che è successo nell’era di Chavez. Armi militari sono stati acquistati e presi in prestito con la Russia. La produzione di petrolio è diminuita perché hanno messo nelle mani di persone incompetenti. Un prestito è stato negoziato con la Cina per acquistare i prodotti cinesi (dispositivi elettronici, fondamentalmente) in cambio di future vendite di petrolio con sconto del 50%. Ora il deficit fiscale è enorme. E il peggio è la cecità del team economico di adottare le azioni correttive necessarie. Quindi la mia risposta alla sua domanda è ovviamente che si. Il Venezuela è un paese veramente piccolo. Siamo circa di 30 milioni di persone e il reddito annuo lordo è intorno a 100 miliardi di dolari (un po’ di più di 90% vieni dal petrolio). Dunque per il governo sembra più facile dire che i tutti i nostri problemi sono attribuite alle mani scure degli USA e certamente non’è cosi.
    Nonostante una visione diversa dei nostri problemi, la ringrazio molto per il vostro interesse.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI