La COP30 ostaggio degli interessi del capitale

26 Novembre 2025

[Mario Fiumene]

Da almeno cinquant’anni, scienziati appartenenti a un ampio spettro di discipline si sono dedicati a studiare l’origine e prevedere le conseguenze del cambiamento climatico e delle varie crisi ad esso connesse.

oltre mezzo secolo di studi e di conferme in cui avrebbero potuto essere messe in atto una marea di alternative economiche, politiche e sociali. Invece le classi dirigenti, seguite dalla maggior parte dei cittadini, hanno rivolto la loro attenzione alla crescita economica e al capitale.

Il cambiamento climatico va inteso come la conseguenza più dirompente e destabilizzante dei modelli di consumo di massa. L’impoverimento del suolo dovuto a pratiche agricole intensive ne è un esempio. La perdita di biodiversità ha comportato modifiche nel ciclo idrologico e di riflesso alla crescente scarsità di acqua dolce.

Ci troviamo di fronte a una serie di mutazioni senza precedenti nella storia umana. Finora i cambiamenti geologici si erano avvicendati con una lentezza che copriva un intervallo di millenni o al massimo di secoli. Spesso, c’è stato il tempo di adattarsi. Ma l’impatto delle trasformazioni in corso pone dei limiti talmente alti all’azione umana che difficilmente sono governabili. Data la complessità della sfida e dei cambiamenti in atto, la collaborazione interdisciplinare diviene indispensabile.

Una collaborazione che dovrà essere il perno intorno a cui la conoscenza umana potrà trovare alcune delle risposte a questa sfida. Una sfida complessa come il cambiamento climatico non si può comunque risolvere eludendo il confronto tra i vari Stati. Le decisioni o non decisioni, su come dovranno vivere le generazioni future non possono essere come «una tirannia del presente».

L’economia di questo momento appare come una macchina lanciata a tutta velocità verso un precipizio con un guidatore che non riesce a spingere sul freno, ma solo sull’acceleratore. Non è ben chiaro chi guidi la macchina, ma soprattutto non sembra essersi reso conto del pericolo.

Il timore è che i guidatori siano tanti. Nella società contemporanea, pare che gli individui siano immersi in una serie di abitudini auto-rafforzanti l’idea della crescita infinita. Nonostante si abbiano a disposizione una marea d’informazioni che potrebbero assumere un’importanza vitale per le scelte politiche e l’orientamento dei cittadini, tale marea d’informazione rimane relegata entro aree specialistiche che ne impediscono la diffusione.

Affinché la collaborazione interdisciplinare già citata, si realizzi sarà necessario adottare un linguaggio comune tra le varie discipline scientifiche e sociali. Per quanto le scienze siano aperte a rivedere le proprie posizioni, gli scienziati devono tenere conto che le più importanti decisioni sul nostro futuro sono nella morsa degli Stati-nazione e di conseguenza trovare un accordo globale che possa fermare il cambiamento climatico è assai complicato, lo dimostra quanto sta avvenendo alla Cop 30 a Belém in Brasile.

Dopo due settimane di negoziati, i delegati presenti alla Cop30 di Belém, in Brasile, hanno raggiunto un accordo di compromesso ribattezzato Global Mutirão che non include un piano dettagliato ed esplicito per l’uscita graduale dai combustibili fossili, ma che si concentra invece sulla finanza climatica.

I Paesi più ricchi si impegnano a triplicare le risorse da destinare a quelli più poveri che devono fronteggiare gli impatti del cambiamento climatico.

La COP30 lascia una conclusione amara ma chiara: la diplomazia climatica funziona, ma è ostaggio degli interessi di chi trae profitto dal ritardare l’azione.

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