La Scuola Popolare di Is Mirrionis raccontata in un libro

16 Novembre 2016
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Ottavio Olita

La Licenza Media conquistata da quasi trecento lavoratori nell’arco di quattro anni di attività; una formidabile esperienza di formazione per studenti universitari e neolaureati; la dimostrazione dell’efficacia e dell’utilità degli ideali laddove vengano trasformati in azioni pratiche di partecipazione e solidarietà. Questi i risultati più significativi conseguiti dalla Scuola Popolare dei Lavoratori di Is Mirrionis che operò in quel quartiere di Cagliari dal 1971 al 1975.

Oggi, dopo 40 anni, un libro – frutto delle testimonianze e delle riflessioni  di alcuni dei protagonisti di allora – ricorda quegli anni esaltanti – fatti di incontri, confronti, discussioni, studio – che cambiarono la vita a tante persone e contribuirono a costruire amicizie indissolubili. Si intitola “Lo studio restituito agli esclusi”, pubblicato dalle Edizioni La Collina.

Nata per volontà di un gruppo di giovani cattolici che faceva capo alla parrocchia di Sant’Eusebio, la Scuola richiamò ben presto l’interesse di tantissimi altri ragazzi, studenti degli ultimi anni delle superiori, universitari e neolaureati. Il progetto era ambizioso perché traduceva in pratica l’aspirazione di quanti provenivano dai tantissimi fermenti sociali di quel tempo a rendere immediatamente utili gli studi fatti.

La finalità della Scuola Popolare era far riavvicinare allo studio tutti quei lavoratori che avevano abbandonato la scuola ufficiale per esigenze familiari, perché avevano urgenza di lavorare o perché non vi trovavano alcun interesse. Come fare per interessarli di nuovo? Come fare per non farli addormentare sulle letture o nelle discussioni dopo una stancante giornata di lavoro o di gestione familiare?

Uno dei primi problemi che ci ponemmo fu quale didattica adottare. Come affrontare lo studio della matematica, della storia, della geografia, di tutte quelle materie su cui avrebbero poi dovuto rispondere alle domande dei docenti di una scuola ufficiale?

Fu la parte più difficile e complicata dell’organizzazione del lavoro. Le provenienze più diverse – dai cattolici agli extraparlamentari di sinistra – spingevano a forti teorizzazioni, ma poi, di fronte alla pratica del confronto con i lavoratori, le ideologie originarie venivano lasciate fuori dalla porta. La vita quotidiana fece imperiosa irruzione nelle ore di studio: il costo della vita, il caro-affitti, l’emarginazione delle periferie, la mancanza di case a prezzi accessibili. E intorno a quei temi principali pian piano si ampliava l’esigenza di ulteriori conoscenze.

Niente libri, tutto il materiale ciclostilato, autofinanziamento. Pian piano quell’esperienza diventò così importante che negli anni successivi si riuscì ad imporre che gli esami per i lavoratori, affrontati nella scuola ufficiale, avessero modalità diverse da quelle previste per i frequentanti adolescenti. Erano ancora lontane le “150 ore” poi ottenute dalle organizzazioni sindacali. “Lo studio restituito agli esclusi” ripercorre con orgoglio, ma anche con tanta autoironia, quegli anni e pone una domanda essenziale. Sarebbe possibile riproporre oggi quell’esperienza?

La risposta che nel libro dà don Ettore Cannavera è emblematica e riguarda due questioni principali. La prima è cos’è oggi la scuola e perché nell’isola c’è il più alto tasso nazionale di dispersione scolastica. La seconda riguarda la partecipazione dei giovani alla vita collettiva. Perché non si vedono più, perché sono rinchiusi nei loro mondi individualistici? Perché c’è tanta distanza rispetto a quei giovani che quarant’anni fa dedicarono energie, tempo, passione agli altri? Quand’è che cominceremo a chiederci dove potrà finire una società sempre più chiusa nei propri egoismi?

Gesti di solidarietà in anni nei quali sembrava esistessero solo lo stragismo fascista e il terrorismo brigatista. La Scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani non faceva notizia, figurarsi la Scuola Popolare di Is Mirrionis.

Oggi, con la desertificazione sociale che si vive, dovrebbero essere le forze sociali e politiche più attente a porsi il problema dell’inesistenza della partecipazione alla vita collettiva. Basta chiamarci al voto per incidere nella vita democratica del Paese, o sarebbe molto più utile intervenire nel quotidiano delle nostre comunità per capire, agire, aiutare?

Il libro sulla Scuola Popolare di Is Mirrionis è la dimostrazione di quanto è importante condividere conoscenze e impegno. Speriamo che possa rappresentare uno stimolo per uscire dall’esasperante indifferenza nella quale viviamo.

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