La sindrome di Teulada

16 Febbraio 2021

[red]

Oggi 16 febbraio 2021, è la giornata in cui si attende la decisione del Gip sulla richiesta di archiviazione per i cinque capi militari accusati di lesioni gravi in concorso, disastro ambientale e omicidio colposo. Per questo motivo, questa mattina, alle ore 10.00 si svolgerà un sit-in di fronte al Tribunale di Cagliari organizzato dal Cagliari Social Forum.

È invece molto più lunga la lista delle persone che hanno firmato gli esposti, una storia di inquinamento, tumori e morti, una storia che lo stesso pubblico ministero ha accertato in anni di indagini preliminari e perizie commissionate, ma non sufficienti per mandare a processo i vertici militari sotto accusa.

Lunga lista che dimostra una costante crescita di malattie e morti di persone che vivono ai margini della base militare di Teulada.

Le indagini, in mano al pm Emanuele Secci sono andate avanti per anni. Lo stesso pubblico ministero ha inanellato una serie robusta di certezze, a cominciare dal fatto che esiste “un’alterazione irreversibile della Penisola Delta”, in quel lembo di Sardegna che guarda a sud-ovest, quattro chilometri di terra dove non si può nemmeno transitare, tanta è la contaminazione.

Eppure per il magistrato inquirente non è colpa di nessuno. Nella richiesta di archiviazione della Procura prevalgono due argomentazioni:

  • Non c’è la certezza della causalità della malattia con le esercitazioni
  • per il disastro ambientale non è possibile individuare i colpevoli.

Con il paradosso, perché nello stesso dispositivo il pubblico ministero per un verso alza bandiera bianca e per un altro certifica “l’alterazione irreversibile” di alcune porzioni di poligono. lo stesso ministero della Difesa ritiene che “il ripristino ambientale non sia né possibile né conveniente“.

A questo si aggiunge un assunto del Ministero della Difesa e degli indagati che lascia semplicemente interdetti: prima dell’ambiente e della sua protezione vengono le esigenze militari. È scritto senza mezzi termini: «…garantire l’efficienza delle operazioni militari prevaleva, dunque, per l’Amministrazione della Difesa, sul valore ambientale della Penisola Delta, anche a costo del suo sacrificio».

Prima di tutto armi e guerra. Sono le bombe, i razzi e i proiettili al Torio, più pericoloso dell’uranio, usati per i giochi di guerra. In gergo militare si chiamano, tutti insieme, munizionamento. Un totale di 860.624 colpi dal 2008 al primo semestre del 2016, e “rappresenta solo un dato parziale”, così ha scritto il pm di Cagliari Emanuele Secci.

“Le esercitazioni”, sebbene siano la causa del disastro ambientale accertato, sono considerate dal magistrato inquirente “un dovere” professionale. Quindi a nessuno dei militari “si può imputare” il reato “per dolo o colpa”.

Ci limitiamo a poche parole per commentare gli stralci precedentemente esposti, stralci che, per noi, rivelano l’arroganza e la violenza del potere.

La conclusione a cui arriviamo è che per dovere professionale hanno distrutto irreversibilmente l’ambiente, hanno causato morti e malattie (ma dicono. Non è  provata la connessione tra 860.624 colpi in otto anni e le malattie). Ma quale è  il loro dovere professionale?  Siamo certi che il dovere primario di una Stato è la tutela della collettività nella salute e nell’ambiente. In nome della Difesa unilateralmente decidono di sacrificare entrambi. Difesa da chi e da che cosa? Siamo in pace e ci vorremmo stare. Per noi invece è distruzione e morte per i loro “giochi di guerra”.

Noi continueremo la lotta contro le basi fino a liberazione della nostra terra. Solidarietà ai compagni di lotta denunciati.

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