La sinistra ha la pancia vuota

16 Maggio 2008

Formiche che entrano in un buco
Raffaello Ugo

La destra ha riempito un vuoto. E lo spazio glielo abbiamo lasciato noi. Già prima che si dicesse che un mondo diverso era possibile la destra aveva costruito le solide infrastrutture culturali che hanno portato a questo disastro. L’Italia è stato un ottimo laboratorio. Una battuta feroce di Maurizio Crozza riassumeva così: “Quello che non era riuscito alla P2 di Licio Gelli è riuscito a Veltroni: eliminare la sinistra”. Ma naturalmente Veltroni è solo l’ultimo segmento di un processo molto più lungo e pervasivo. E’ altrettanto evidente che molte delle persone che non sono andate a votare o hanno votato per il centro destra non hanno cambiato idea rispetto alla visione del mondo e hanno semplicemente bisogno di nuove proposte. Suggerirei di lasciare quello che resta dei partiti di sinistra a scannarsi tra di loro e ricomincerei da capo. Nel nostro piccolo, al social forum di Cagliari, due settimane fa abbiamo tenuto la prima cena di guerra. Nonostante alcuni inevitabili errori abbiamo ottenuto un ottimo risultato e stiamo già programmando la prossima. Alcuni dei partecipanti alla cena erano persone che probabilmente non sarebbero mai passate dalle nostre parti e ci hanno dato indicazioni utilissime a orientarci. Sono assolutamente convinto che il compito di una sinistra non sia quello di aumentare il numero di persone che votano a sinistra ma quello di ricreare un tessuto culturale di sinistra. Questo può avvenire solo comunicando contenuti che risveglino il senso civico e il senso di responsabilità dei singoli individui. Le persone non sono stupide, più semplicemente non hanno informazioni. Il pensiero di travasare qualcosa nella testa degli altri, oltreché offensivo, credo che possa solo portare alla fuga anche di quelli che in tutto questo tempo dormicchiavano e non si erano accorti che lo spettacolo era finito. La cena di guerra può essere qualcos’altro. E, in mancanza di Case del Popolo, è sempre meglio della città mercato. Prima di tutto i tempi. E’ incredibile quante parole si possano dire in tre minuti. Un telegiornale comunica in pochi secondi le notizie che poi fanno opinione e gli approfondimenti non durano più di un minuto. Significherà qualcosa? La destra parla direttamente alla pancia delle persone e con pochi slogan arriva al cuore del sentire comune. Le persone di sinistra non hanno forse pancia? Forse che per dire la verità, qualunque cosa significhi, ci vogliono sempre troppe parole? Con “il manifesto” (intendo il fratello maggiore di questo quindicinale) ho preso l’abitudine di trovare, in ogni numero, due o tre frasi che riassumano un problema o una notizia. E’ un esercizio illuminante e vale il costo del giornale. Con una ventina di parole si può produrre informazione su un argomento specifico ed è la sensazione che sia in corso un’ingiustizia e che la cosa riguardi tutti che mobilita le persone. La destra ci racconta che l’ingiustizia è che gli italiani non hanno lavoro perché arrivano gli extracomunitari e bisogna opporsi all’invasione. Funziona. Una delle persone presenti alla cena ha votato Veltroni perché la sua faccia gli dava fiducia. Possibile che non abbiamo strumenti per smascherare il gioco senza rompere le scatole alle persone con diluvi di parole? E’ necessario dare risalto alle notizie che vengono negate, a tutte quelle informazioni che vengono nascoste o volutamente alterate. Si può farlo a cena guardando negli occhi le persone invece di rimanere con la mandibola abbandonata davanti a un qualunquissimo speaker di telegiornale. Ognuno è poi in grado, se vuole, di approfondire un tema o di chiedere delucidazioni. Una connessione a internet in occidente ce l’hanno quasi tutti e comunque, se non sbaglio, si potevano approfondire argomenti anche prima che inventassero la rete. Un’altro aspetto fondamentale è la dimensione rituale della cena. Non ci si incontra per mangiare ma per comunicarci segni e significati. Il cibo è un mezzo di grande portata simbolica e per questo ogni porzione dovrebbe essere sobria (che non significa – è bene chiarire – soffrire la fame). Portare cibo anche per altri è generoso ma replica il solito schema in cui qualcuno cucina e lava i piatti e qualcun’altro mangia e alla fine c’è sempre una sovrabbondanza di alimenti che offende chi ha veramente fame. Una cena di guerra ha bisogno di pochissime cose e chiunque ne può organizzare una. Comunque interventi di tre minuti e non di più per chi ha qualcosa da dire. Caschi il mondo. Indispensabile una grossa, impietosa clessidra al centro del tavolo. Arrivare al cuore delle persone. Suscitare interesse, indignazione, creare comunità. Cibo e vino e idee. Le persone non aspettano la rivelazione del Verbo e probabilmente le cose vanno solo mostrate. L’orrore e l’ingiustizia non hanno bisogno di didascalie. La rivoluzione è, in ogni caso, rimandata a data da destinarsi.

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