L’anno che vorrei

1 Gennaio 2021

[Ottavio Olita]

Il primo segnale di speranza di un cambiamento lo ha dato l’Unione Europea facendo una scelta comunitaria rivolta finalmente alle donne, agli uomini, ai bambini e non alle loro economie: un’unica data, il 27 dicembre, per dare il via alle vaccinazioni antipandemia.

Segnale importante perché giunto subito dopo il Natale più triste del secondo dopoguerra con il blocco degli spostamenti, le famiglie disgregate, anziani soli nei giorni della festa più sentita dell’anno. Al termine di un anno disastroso ritrovare finalmente un appiglio di speranza ha attenuato le previsioni anche per i mesi successivi, altrettanto fosche e preoccupate.

          Sono poi intervenute le due personalità moralmente più autorevoli di questa tormentata fase della nostra esistenza: il Presidente Sergio Mattarella e Papa Francesco. Dalle loro parole sono venute indicazioni inequivocabili sulle scelte da fare da parte di chi detiene il potere e dei singoli cittadini.

          Il Capo dello Stato ha chiesto di costruire, non di distruggere, e di non impegnarsi solo a perseguire ‘illusori vantaggi di parte’.

          Il Papa, parlando all’Angelus della Giornata mondiale della Pace, ha ancora una volta insistito sulla necessità di impegnarci di più in un percorso di umanizzazione dell’esistenza, invitandoci a ‘prenderci cura’ degli altri e della Terra.

         Da questi tre segnali ho elaborato un’idea di cosa mi aspetto dal 2021.

1) Una delle aspirazioni maggiori – forse illusoria – sarebbe quella di assistere ad una vera riconversione della politica da ossessione della gestione del potere a scelte per la lotta alla povertà, per il lavoro, per le donne, per il meridione. Il primo passo dovrebbe essere quello di riuscire a disfarci finalmente di narcisi guastatori il cui unico interesse è la propria visibilità anche in situazioni di drammatica emergenza come quella che stiamo vivendo, nel totale disinteresse verso  i rischi che, proiettati in un futuro prossimo, potrebbe correre l’assetto democratico della Repubblica anche in vista dell’elezione del successore di Mattarella. E oggi stiamo assistendo soltanto al punto conclusivo della parabola cominciata a costruire fin dall’ingresso di Italia Viva nella maggioranza. Prassi politica teorizzata dal suo fondatore con un concetto che dovrebbe spaventare ogni cittadino sinceramente democratico: ‘Oggi la politica è soprattutto tattica’!

2) Mi piacerebbe, poi, verificare che la politica italiana finalmente smetta di tradursi solo in duelli a colpi di becco tra galletti del pollaio. La maggior parte dei giornali italiani, invece di andare al fondo delle questioni, sa solo raccontare di battaglie individuali dalle quali esce di volta in volta un vincitore e un vinto. Come tutto questo si traduca nelle quotidianità di noi cittadini è cosa completamente ignorata. La cancellazione della partecipazione diretta, delle assemblee, degli incontri che ha prodotto questa deriva di personalizzazione della politica ha poi trovato la massima espressione in questi mesi di chiusure e zone rosse durante i quali l’unico modo per comunicare e scambiarsi punti di vista è stato porsi davanti ad uno schermo per far vedere il proprio faccione o guardare quello di altri interlocutori. Nessuna condivisione con altri, nessuna empatia, nessuna possibilità di capire dai volti degli astanti cosa provoca quel che dici. Tollerabile nell’emergenza, ma stiamo bene attenti che non diventi, per prassi diffusa, l’unico modo per parlare.

3) E vengo alla Sardegna. Il segnale più evidente che anche qui l’ossessione della gestione del potere è il criterio principale, se non l’unico, utilizzato, è stato la nomina dei nuovi commissari delle Asl, rinate come l’Araba Fenice dalle loro ceneri. Non conosco e non metto in dubbio la capacità professionale dei prescelti, ma perché affibbiargli subito la patente dell’appartenenza? A chi giova? Non certo ai professionisti. Solo a chi può mettersi al petto la medaglietta di controllare, di poter comandare. E quale valutazione dare di questo ritorno al passato se non sarà accompagnato da un rilancio dei presidi sanitari territoriali, visti anche i disastri ai quali abbiamo dovuto assistere nel 2020? La speranza risiede dunque in questa possibilità.

4) E legata al territorio è una valutazione di quel che la giunta decide sul suo assetto. Non conosco a fondo il nuovo ‘Piano Casa’, ma all’indomani della disastrosa alluvione di Bitti, venuta dopo quelle altrettanto devastanti di Capoterra, Villagrande, Olbia, non sarebbe stato più urgente occuparsi del riassetto idrogeologico, mappare i devastanti ‘corsi d’acqua tombati’, intervenire perché sciagure simili a quelle che si sono ripetute in pochi anni non provochino ancora devastazioni e morti?

5) Infine una lezione venuta dagli Usa utile a non farci mai dimenticare che il più efficace strumento che noi abbiamo per tutelare la nostra Democrazia Repubblicana è la Carta Costituzionale: va difesa conto ogni tentativo di manomissione. Mi riferisco ai tentativi di golpe messi in atto da Trump contro il voto liberamente espresso da decine di milioni di suoi concittadini. La solidità delle istituzioni, la consapevolezza che la democrazia costruita in oltre due secoli sia più importante di qualunque leader innamorato solo di se stesso, ha impedito che le aspirazioni golpiste di Trump trovassero una qualche sponda.

          La risposta democratica a un pericoloso demagogo, che non è riuscito a piegare ai suoi interessi nemmeno la gran parte dei suoi stessi colleghi di partito, è un forte auspicio perché anche nell’anno appena cominciato la forza della Democrazia prevalga sempre e dovunque.

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