Le radici ci salveranno

1 Settembre 2022

[Amedeo Spagnuolo]

Dopo due anni e mezzo di assenza dalla Campania, finalmente questa estate sono riuscito a tornare, mi sono riallacciato alle radici momentaneamente spezzate della mia terra d’origine a causa del Covid che ci ha costretto all’isolamento per tutto questo tempo.

Le radici sono importanti, ce le portiamo dentro, qualsiasi sia il luogo nel quale decidiamo di vivere e nei momenti bui ci aggrappiamo ad esse per salvarci dal momentaneo nulla che c’invade e ci fa barcollare. Per quasi trenta mesi, non ho potuto beneficiare della forza delle radici campane, ma per fortuna in mio soccorso sono intervenute le radici sarde anzi nuoresi, quelle che da oltre 25 anni si sono radicate in me e si sono intrecciate a meraviglia con quelle campane rendendomi più saggio e più ricco interiormente. Ma dopo trenta mesi il bisogno irrefrenabile di tornare a Napoli prima e in Irpinia dopo ha avuto il sopravvento su tutto e così, finalmente, con la mia famiglia abbiamo deciso che agosto sarebbe stato il mese del ritorno.

Dopo aver trascorso fantastiche giornate nelle bollenti acque di Santa Lucia, lo splendido borgo siniscolese, finalmente abbiamo preparato i bagagli alla volta della Campania. A quel punto sono stato assalito da una stranissima emozione, mi sembrava che dovessi varcare il mare per la prima volta. Il covid è stato devastante innanzitutto per le tante persone, e per le loro famiglie, che a causa sua ci hanno lasciato, ma è stato un flagello anche perché ha operato in maniera tale da “desocializzare” le nostre comunità e quindi allentare la forza delle radici che ci tengono in piedi.

Quando si parla di radici si fa principalmente riferimento alle radici famigliari poiché è proprio grazie a esse che riusciamo a non dimenticare chi siamo e da dove veniamo. Le radici famigliari sono il nostro principale sostegno, quelle che nei momenti più bui della nostra esistenza ci aiutano a non perderci e a trovare un supporto saldo al quale aggrapparci. Infatti, tutti noi quando cerchiamo di trovare un senso alla nostra esistenza e di dare un significato forte e profondo al nostro percorso esistenziale, inevitabilmente cominciamo a cercarli partendo dalla nostra storia famigliare, da come la nostra famiglia, nel bene e nel male ha forgiato il nostro essere sulla terra. Inconsciamente costruiamo la nostra vita ispirandoci ai modelli che nel corso degli anni abbiamo interiorizzato proprio all’interno delle dinamiche relazionali che ci hanno visto nascere, crescere e svilupparci verso la dimensione adulta.

La famiglia è la prima scuola nella quale impariamo a relazionarci sin dal momento in cui emettiamo il primo vagito. Insomma se vogliamo comprendere veramente noi stessi dobbiamo partire dalla nostra famiglia. Ogni famiglia, attraversando le diverse generazioni, tramanda due diverse forme di eredità, una materiale composta da beni, risorse economiche ma anche debiti, dissesti finanziari, fallimenti; l’altra eredità è quella spirituale, fondamentale nella costruzione del nostro essere nel mondo, caratterizzata da valori, ideali, innumerevoli ricordi, ma anche traumi, vicende segrete, sensi di colpa. Il profondo dolore che ci pervade quando vengono a mancare i nostri genitori è dimostrato dal fatto che la maggior parte di noi, dopo questi eventi luttuosi, per un periodo non breve, non riesce a trovare il coraggio di andare a guardare in tutti quei luoghi nei quali sono conservati i ricordi materiali dei nostri genitori come vecchie lettere, fotografie, oggetti vari.

Quando finalmente troviamo il coraggio di andare a scavare nei ricordi ci rendiamo conto, anche se già lo sapevamo, che i nostri cari scomparsi erano persone ricche di vita ed esperienze e che di tutta quella vita ci hanno tramandato tanto soprattutto in termini di amore e comprensione e tutto ciò ce lo porteremo dentro per sempre al punto che nemmeno la morte potrà mai sfiorare un patrimonio così ricco. Se vogliamo fortificarci e dotarci di strumenti utili per affrontare meglio le tempeste della vita prima o poi dobbiamo fare i conti con la nostra famiglia accettandone tutti gli aspetti, quelli più cupi e quelli belli e solari. Solo immergendoci nel mare sacro della famiglia potremo riemergerne più forti dopo aver rischiato di soffocare. Le radici però non sono solo quelle famigliari che nel corso delle generazioni sono giunte fino a noi determinando il nostro essere, le radici si avvinghiano con una forza insospettabile anche in quei luoghi che abbiamo abitato e che tappezzano la nostra mente con immagini indelebili che nei momenti più imprevedibili si affacciano nella nostra testa lasciandoci in preda alla nostalgia.

Un esempio eclatante di attaccamento a questo tipo di radici è stato riportato in questi giorni dal quotidiano la Repubblica quando ha diffuso la notizia della morte dell’ultimo appartenente all’estinta tribù di Tanaru che è stato ritrovato senza vita, in stato di decomposizione, su di una amaca ricoperta di piume, usanza tipica della sua comunità ormai estinta che dimostra che l’Indio de Boraco, l’indigeno della buca, così chiamato perché viveva dentro le fosse che scavava e che gli servivano anche per catturare animali dei quali cibarsi, sapeva che stava morendo ma ha preferito farlo in totale solitudine, dopo aver vissuto completamente solo per 25 anni nella foresta amazzonica, serenamente adagiato sulla sua amaca in compagnia delle sue radici che rappresentavano tutto ciò che rimaneva del suo mondo piuttosto che morire per mano dei suoi nemici, gli allevatori che pezzo dopo pezzo stanno distruggendo la foresta amazzonica.

Il tema delle radici è un argomento ricorrente nelle mie lezioni scolastiche, quando i miei studenti, purtroppo sempre di più, mi dicono che non vedono l’ora di lasciare l’isola alla ricerca spasmodica di un mondo migliore, non rinuncio mai a metterli sull’avviso ricordando loro di portarsi dietro non solo la speranza per una vita meno dura ma anche le radici della loro terra che li hanno temprati e che li sosterranno per sempre in qualsiasi parte del mondo essi sceglieranno di vivere.   

Murale della Brigada Ramona Parra, Chile.

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