Ogni domenica Sassari sostiene la Palestina
16 Settembre 2025[Paola Pilisio]
Ogni domenica, dal 27 luglio, alle 21, in Piazza d’Italia a Sassari, si svolgono sit-in in solidarietà con il popolo palestinese. Non solo momenti di protesta, ma anche di incontro, solidarietà e crescita collettiva.
Il cuore di questo movimento, che non vuole più restare a guardare, è nato come spesso accade nei movimenti spontanei: dal bisogno urgente di fare qualcosa, qualsiasi cosa, che rompesse la frustrazione dell’impotenza. La prima chiamata è stata semplice e diretta: “rompiamo il silenzio” — portate pentole, mestoli, fate rumore. Così, tra brevi discorsi e un fragore liberatorio, gli studenti, gli insegnanti, le associazioni da sempre impegnate per la causa palestinese — come gli instancabili Ponti non muri, Emergency, il comitato Fermiamo la guerra e tante altre — ma anche e soprattutto cittadini comuni hanno risposto.
L’evoluzione è stata sorprendente: dal primo sit-in più raccolto a una crescita progressiva e costante, capace di trasformare un luogo simbolo della città in uno spazio vivo che crea nuove possibilità e percorsi di partecipazione. Cartelli, bandiere, momenti di silenzio, musica e interventi hanno animato, di settimana in settimana, una piazza sempre più gremita. Un appuntamento che crea comunità e coscienza critica.
Ma quello che accade ogni domenica in Piazza d’Italia non resta confinato alla dimensione locale. È un filo che collega Sassari al mondo, una voce che da una piazza di provincia si intreccia con le piazze e le periferie di tante altre città, piccole e grandi, in Sardegna, in Italia e altrove. Da Madrid alla coraggiosissima flotta della Global Sumud che si sta dirigendo verso Gaza, a chi protesta contro la presenza dei soldati israeliani nei resort isolani, le parole d’ordine sono le stesse, rompere il silenzio e fermare il genocidio.
In fondo, partecipare a questi sit-in significa riaffermare l’utilità di essere vivi: esserci, condividere, e schierarsi senza voltarsi mai.
Ogni domenica è diverso, eppure sempre lo stesso: un momento che ridà senso e respiro, trasformando la piazza in un presidio di umanità resistente. In Piazza d’Italia non si rincorrono accuse né si consumano processi mediatici: qui la domenica è comunità, condivisione, presenza reciproca. Non è solo un gesto simbolico: è una presa di posizione, un rifiuto netto del silenzio e dell’apatia, un atto politico contro chi permette il genocidio e la violenza non solo a Gaza ma anche in Cisgiordania.
Lunedì 22 settembre, in occasione dello sciopero generale della scuola per Gaza, nel momento forse più drammatico di questa disumana pagina di storia, mentre l’esercito israeliano continua a bombardare e attaccare via terra, uccidendo centinaia di palestinesi innocenti che si sommano alle migliaia già caduti, la piazza si ritroverà posticipando di un giorno il consueto appuntamento settimanale.
Ci saranno bandiere da srotolare, cartelli da alzare, barchette di carta a scivolare sul selciato. Ci saranno occhi lucidi e voci che si alzano per incrinare il muro dell’indifferenza. Tra tamburi improvvisati, canti e gesti concreti, la piazza diventerà un luogo in cui la solidarietà non resta solo sentimento ma diventa azione, uno spazio dove riconoscersi parte di qualcosa di più grande, e che al tempo stesso ci restituisce a noi stessi. Forse restano solo dolore e rabbia, sapendo che chi avrebbe potuto agire non ha fatto nulla per fermare il genocidio di un popolo che da oltre settant’anni subisce una delle più grandi ingiustizie del nostro tempo.
Il genocidio del popolo palestinese non ha cambiato solo la storia politica e geografica del mondo, ma anche la nostra. Ha mostrato la fragilità dei rapporti, ha rivelato complicità e mostrato l’abisso delle omissioni. Ma ci ha anche insegnato che la solidarietà, diventa resistenza.