Quirra

1 Giugno 2010

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Costantino Cossu

Un boato, il fuoco e una nuvola scura che s’è alzata nel cielo. Il 25 maggio,  senza alcun preavviso, a Torre di Murtas, un’ insenatura sulla costa del Salto di Quirra occupata dal poligono militare, è stato acceso Zefiro. Ha il nome di un vento, ma è un motore. Servirà a lanciare un razzo che si chiama Vega,  prodotto dall’industria aerospaziale Avio e destinato alla messa in orbita di satelliti,  civili e militari. Quirra è un luogo lontano. Lontano per chi vive in Sardegna, chiuso com’è da contrafforti montuosi in un altopiano quasi spopolato. Lontano ancora di più da una penisola distratta da altri pensieri, dove i riflettori dell’informazione si accendono, anche per la Sardegna, su altre cose: la villa in Costa Smeralda del presidente del consiglio o le inchieste sugli appalti per la costruzione di centrali eoliche, con tanto di governatore indagato.  Esercito, marina e aviazione occupano il territorio di Quirra dal 1952; ci fanno esercitazioni, ma soprattutto lo usano per sperimentare nuovi sistemi d’arma.  A quest’ultimo scopo lo affittano a industrie belliche di altri Stati oltre che a quelle nazionali. Lontano dal mondo si può fare di tutto. La voce di chi prova a resistere varca con difficoltà i confini della Sardegna. C’è un comitato contro il Poligono interforze del salto di Quirra (PISQ) che prova a farsi sentire, che denuncia la devastazione del territorio che la presenza della base comporta e i rischi gravissimi per la salute di chi in queste zone vive.  L’allarme sull’ ennesima “sperimentazione”, quella di Zefiro appunto, è arrivata da questo gruppo di persone, che tenacemente continuano a chiedere che il poligono militare sia chiuso.

«Ciò che è accaduto martedì _ dice Massimo Coraddu, portavoce del comitato _  è un delitto. Ancora una volta decine di tonnellate di combustibile allo stato solido dalla composizione ignota si sono trasformate in una gigantesca nuvola di fumi che s’è  diffusa per chilometri, avvelenando l’ambiente circostante». «Sperimentazioni di questo tipo _ spiega Coraddu _ si devono per forza svolgere all’aria aperta, date le altissime temperature e  pressioni e i tempi di combustione rapidissimi. Fumi e vapori prodotti non si possono  contenere e filtrare. L’unico modo di svolgere questi test “in sicurezza” sarebbe quindi quello di spostare la popolazione a qualche decina di chilometri di distanza. Non si comprende perciò la scelta sciagurata di effettuare le prove dei motori di Zefiro a Torre di Murtas, a tre chilometri dal villaggio di Quirra e vicino ai paesi di Villaputzu, di Muravera, di San Vito e di Tertenia, poco più di dieci chilometri».

Prima della firma del contratto di realizzazione del vettore Vega (25 febbraio 2003) le prove dei vecchi Ariane, destinati ad andare in pensione, venivano fatte nella base di Kourou, nella Guaiana francese. Per Zefiro s’è scelto Quirra  probabilmente per motivi di carattere economico, rispetto ai quali la vita e la salute della popolazione passano in secondo piano. Al momento il sito di Torre  di Murtas è l’unico spazio in Europa nel quale si svolgono sperimentazioni missilistiche. «Ancora una volta _ commenta Coraddu _ il comando militare del PISQ ha dato prova di disprezzo e di disinteresse verso la popolazione civile. Non dando alcun preavviso dell’accensione di Zefiro ha impedito a chi avesse voluto farlo di mettersi a distanza di sicurezza. Che ci sia da preoccuparsi lo dimostra la notizia, diffusa dallo stesso comando, che i fumi sono stati monitorati  da rivelatori di radioattività dispersa. Che cosa significa? Che ci sono motivi per cui  ci si debba aspettare qualche componente radioattiva prodotta dai motori in prova? Domanda inquietante, alla quale nessuno risponde». «Le persone che vivono a Quirra _ conclude Coraddu _non possono continuare a fare da cavia per testare la diffusione e la nocività dei prodotti di combustione dei razzi. Non possiamo rassegnarci a subire questi soprusi. Per discutere di quanto sta accadendo e darci una prospettiva di opposizione e di lotta il 28 luglio abbiamo tenuto un’assemblea a Villaputzu».

Come è stato dimostrato da diversi studi scientifici, durante la combustione dei motori dei razzi si verificano le condizioni ideali per la produzione e la diffusione di un’enorme quantità di nanoparticelle di metalli pesanti, un inquinante di estrema pericolosità, riconosciuto come possibile causa di gravi malattie tra la  popolazione che vive vicino ai poligoni militari. Nella zona tra Quirra e Villaputzu, dove vengono da anni effettuate le prove, è stata rilevata un’incidenza altissima e anomala di tumori emolinfatici. La presenza di nanoparticelle di metalli pesanti, trovate nei tessuti delle persone malate e degli animali nati malformati nella zona di Quirra,  è una delle cause verosimili della grave situazione sanitaria.  Le nanoparticelle di metalli pesanti non sono presenti in natura, si possono formare solo a temperature altissime, alle quali i metalli letteralmente evaporano ricombinandosi  in strutture anomale. Come si può vedere andando sul sito on line dell’Ente spaziale europeo (ESA), all’interno del motore Zefiro decine di tonnellate di combustibile allo stato solido bruciano in poco più di un minuto a una temperatura di circa 3000 gradi.  Sono le condizioni ideali per produrre grandi quantità di nanoparticelle. E infatti proprio a Torre Murtas, nelle vasche di raffreddamento dei motori, Antonietta Gatti, responsabile del Laboratorio biomateriali del dipartimento di neuro scienze dell’università di Modena, ha rilevato la presenza di nanoparticelle di piombo, di bismuto e di altri elementi. Le ricerche di Gatti sono state acquisite nel 2005 dalla commissione d’indagine del Senato “sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito i soldati italiani nelle missioni internazionali e sull’utilizzo di uranio impoverito nelle esercitazioni militari sul territorio nazionale”. «E’ sulla base del lavoro della dottoressa Gatti e di altri consulenti scientifici _ dicono i militanti del comitato “No PISQ” _ che lo scorso anno è stato emanato un  provvedimento legislativo (il DPR 3 marzo 2009 n. 37) per il risarcimento non solo dei militari che si sono ammalati o che sono morti al ritorno dalle missioni all’estero, ma anche dei “cittadini italiani residenti nelle zone adiacenti alle basi militari sul territorio nazionale” esposti alla  “dispersione nell’ambiente di nano-particelle di minerali pesanti”. Certamente doverosa questa attenzione nei confronti di chi ha subito danni letali a causa dell’esposizione ad agenti oncogeni e teratogeni; peccato però che non sia prevista anche l’interruzione della causa che quella esposizione e quelle morti ha provocato. C’è invece, come l’ultimo episodio avvenuto a Quirra dimostra, la più totale indifferenza nei confronti di chi quella stessa esposizione e quegli stessi danni continua a subirli anche in questo momento».

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