Tialla arrubia. Vini convenzionali e naturali, scelta etica e non tifo calcistico

1 Aprile 2019
[Piero Careddu]

Tentare di fare chiarezza, all’interno della ormai ventennale contrapposizione fra i sostenitori della viticoltura organica e coloro che producono vini ricorrendo alla chimica di sintesi, è un’impresa titanica. Lo è perché ancora oggi non si ha una chiara definizione di vino naturale e tra gli stessi appartenenti a quel mondo ci sono sempre più diatribe e scontri. Il filo conduttore che unisce chi fa la scelta di praticare forme di agricoltura organica è il rispetto dell’ambiente e la salute di chi berrà il prodotto finito. Al netto di questi punti comuni, si incontrano/scontrano diverse scuole di pensiero che spaziano dal moderatismo del biologico (regolamentato da normative, a mio parere, insufficienti e ambigue) fino alle regole steineriane della biodinamica, senza trascurare chi fa vino semplicemente senza il ricorso alla chimica e ai protocolli enologici, pur senza aderire a filosofie ufficialmente riconosciute. In questo bosco fitto di punti di vista diversi, bisogna fare i conti con chi si schiera contro o a favore di zolfo/rame, controllo delle temperature di fermentazione, utilizzo del pied de cuve, totale non interventismo. C’è da dire che il mondo a cui faccio riferimento, che copre una fetta di mercato numericamente risibile, vive in un quotidiano stato d’assedio da parte di chi è invece schierato con un’agricoltura scriteriata dal punto di vista ambientale e che da alla luce un autentico oceano di vini omologati e prodotti nel solo rispetto del dio-mercato. L’establishment del vino “politicamente corretto”, sostenuto da un esercito acritico di soldatini allineati e dalla potenza economica delle grandi industrie chimiche, lavora per screditare fino alla ridicolizzazione chi mette quotidianamente in gioco mesi di lavoro per ottenere dei vini che abbiano qualcosa da raccontare senza avvelenare nessuno. Il tormentone delle “puzze” è uno degli argomenti più in voga: bisognerebbe che i detrattori si arrendessero almeno alla realtà che i vini veri, o naturali, o organici sono proibitivi per chi soffre di nevrosi da fretta, nel senso che vanno attesi nel bicchiere e con i tempi che decidono loro. Prendere o lasciare. La madre di tutti i problemi credo sia la pervicace assenza di una normativa che obblighi chi produce vino, a dichiarare in etichetta tutti gli ingredienti. Quando questo sogno diventerà realtà credo che i giochi cambieranno non poco. Detto questo ho chiamato a raccolta alcuni produttori sardi che, con modalità diverse ma uniti dall’amore per i loro territori, fanno vini fuori dal coro. A loro la parola per raccontarci il senso che loro danno al termine naturale.

AZIENDA AGRICOLA PUSOLE – via Monte Oro, 13 – Baunei, Sardegna

Lorenzo e Roberto Pusole conducono una piccola azienda agricola polifunzionale e a conduzione famigliare nella parte più settentrionale dell’Ogliastra. Roberto, che tiene le pubbliche relazioni e segue la parte commerciale, è laureato in Enologia ad Alba ma è fin troppo evidente le sue conoscenze accademiche marciano a pari passo con l’eredità ancestrale delle tecniche antiche dei suoi antenati. Riscopritori del Cannonau Bianco, vitigno autoctono a bacca bianca capace di dar vita ad un vino minerale e sapido, fanno dei loro rossi freschi e di buona beva il loro punto di forza. Importante anche la loro produzione di salumi artigianali da maiali di razza sarda certificata.

Roberto, cos’è per te un vino naturale?

Ormai tutti possono fare vino biologico, siano essi piccoli produttori o grandi aziende e questo lo dimostrano le varie etichette presenti negli scaffali dei supermercati. Se però parliamo di vino del vignaiolo, o cosiddetto naturale, dobbiamo spostare l’attenzione sul discorso della produzione. E’ fondamentale che il contadino allevi le proprie uve e sia lui a seguire i processi di vinificazione con le proprie capacità. Se viene a mancare uno di questi due elementi non sei un vignaiolo. Non vuol dire che il tuo vino non sarà buono ma non puoi chiamarti vignaiolo. A me piacerebbe riuscire ad essere come mio nonno: mangiare quello che raccolgo dall’orto, le uova delle mie galline e ogni tanto una buona carne o un buon insaccato. Nel frattempo per me il vino del vignaiolo serve a far vivere meglio e godere colui che lo beve.

PIERO CARTA – Loc. Santa Lucia – Magomadas, Sardegna

Piero è un giovane vignaiolo che, nonostante la Laurea in Economia con Master in Turismo, si è volutamente catapultato nel magico mondo dell’agricoltura sostenibile. E’ successo nonostante un’adolescenza passata ad accontentare i desideri di un padre che, avendo bisogno di aiuto, obbligava il giovane Piero a lavorare con lui in vigna al punto di fargliela odiare. Poi, anche a causa un problema di salute del genitore, è lentamente scoppiato un amore viscerale per questo lavoro. Oggi Piero ha a disposizione un paio di ettari nel cuore della Planargia, uno dei quali allevato a Malvasia e l’altro a frutteto. Da questa proprietà ricava poco meno di mille bottiglie di FILET, la sua Malvasia in purezza realizzata nel massimo rispetto della tradizione di questo pilastro della tradizione dei vini ossidativi del Mediterraneo.

Piero, raccontaci la tua idea di naturale.

Il significato del termine vino naturale è molto controverso perchè, non essendo regolamentato, si presta a diverse interpretazioni e applicazioni. Certo è che, contrariamente a quanto vorrebbero far credere i detrattori e scettici, nessun vignaiolo pensa, producendo vino naturale, di fare qualcosa presente in natura. E’ ovvio che il vino non è presente nell’ambiente ma si è scelto questo termine, diventato oramai di uso corrente, per individuare un prodotto creato nel rispetto del territorio e dell’ecosistema della vigna e di tutto ciò che la circonda e proteggendola dall’inquinamento dei prodotti di sintesi e nel ciclo vitale delle piante, favorendo quelle sinergie fisiologicamente presenti in natura. Lo stesso discorso vale per il lavoro in cantina dove le uve devo essere lasciate libere di esprimere il territorio e la tradizione e al massimo aiutate con quantità minime di solforosa. Il vino non è un bene di prima necessità, non siamo obbligati a produrlo per vivere. Artefarlo vorrebbe dire avvicinarlo ad un gusto del consumatore voluto da un mercato, facendolo diventare una qualsiasi merce da posizionare e non l’espressione di un territorio e della sua cultura, declinazione della natura e dei suoi cicli.

ANTICHI VIGNETI MANCA località Badde Pira – Sorso, Sardegna.

A Badde Pira, una delle tante colline della Romangia di Sorso che si affacciano sul mare del Golfo dell’Asinara, si trovano le Vigne della Famiglia Manca. Le sorelle Alessia e Noemi, col prezioso apporto di Giampaolo Ledda, marito di Alessia, portano avanti il lavoro di diverse generazioni di vignaioli. Loro, la scelta della naturalità, non hanno avuto bisogno di pensarla poichè è sempre stato lo stile della famiglia. Cresciute in uno scenario vitivinicolo, nel quale poche mani di zolfo e rame erano il massimo dell’intervento umano, mandano avanti le vigne con l’obbiettivo primario di migliorarne l’ecosistema e proteggere tutte le biodiversità che le affollano. Cannonau, Vermentino, Pascale, Cagnulari sono alcuni tra i vitigni allevati insieme a quel Retagliadu Nieddu dal quale realizzano la loro, al momento unica, etichetta: Li Sureddi.

Chiedo a Giampaolo come vivono nella loro Azienda la condizione di Naturali.

Preferiamo definire i nostri vini artigianali. Il concetto di naturale ci appartiene in parte e va di pari passo con il principio di Libertà. La Libertà di poter esprimere la nostra identità attraverso le annate e il nostro terroir senza nessuna pressione di mercato. Ci definiamo artigiani in quanto non abbiamo uno schema ben definito, come potrebbe essere il biologico o il biodinamico, ma lavoriamo la terra secondo coscienza, senza mentire a noi stessi e tantomeno ai consumatori. Dunque non trattiamo la vite con sistemici ma solo con prodotti di contatto come zolfo e rame, anche per facilitare, in fase di vinificazione, le fermentazioni spontanee. Ci sentiamo custodi dei nostri antichi cloni come il Retagliadu, il Vermentino aromatico e il Moscato.

AZIENDA AGRICOLA “SA DEFENZA” Loc. Sa Defenza – Donori, Sardegna

Un altra squadra di giovani che hanno raccolto l’eredità agricola dei loro antenati. Pedro, Paolo e Anna Marchi, con l’importante apporto di Silvia, mandano avanti l’azienda di famiglia tra le sinuose colline del Parteolla al sud della Sardegna. Lo fanno seguendo, come poche aziende al mondo, tutta la filiera produttiva: dall’impianto delle vigne fino alla bottiglia e al suo abito grafico, incluse la parte comunicativa e la vendita. Quarantacinque ettari di cui 14 di superficie vitata e il resto diviso fra frutteto, oliveto, seminativo e macchia mediterranea. I vini sono lo specchio del loro modo di essere: freschi, creativi, liberi ed estremi quanto basta pur mantenendo un saldo contatto con le radici. Nuragus, Vermentino, Monica in diverse interpretazioni e con diverse strutture: dal rosso longevo, fino al bianco con lunga macerazione sulle bucce, passando per i freschi e dissetanti rifermentati.

Pedro Marchi, raccontaci la vostra dimensione di produttori naturali

Naturale è una delle migliori definizioni che si possa usare per il vino. Però è anche vero che non si può definire un vino come naturale fino a quando non si stabiliscono delle regole. La natura ha delle regole tutte sue e di conseguenza non può essere disciplinata. Quella relativa al vino naturale è una visione ampia che non può essere sottoposta a regole restrittive. E’ compito del vignaiolo portarla ad espressione per cercare di comprenderne il funzionamento, in un patto con l’ambiente improntato sul massimo rispetto. Per noi fare naturale è uno stato d’animo, un modo di vivere, un ordine nel disordine, nel disordine chimico. La ricerca del puro piacere omologato, omologante e del gusto standardizzato ha portato l’essere umano a fare una selezione che potrebbe andare a sfavore dell’autenticità del vino oltre che dell’ambiente. Questo è un problema per la naturalità del vino. Se la pianta si presenta debole si sarebbe portati ad intervenire con operazioni contrarie alla naturalità. Naturale è soprattutto una visione agricola fondata sul massimo rispetto dell’ambiente, sul controllo della vinificazione senza aggiunte (fatta eccezione di una minima percentuale di solforosa che chi conosce il mondo del vino sa bene a cosa serve) e sul massimo rispetto del bevitore finale.

AZIENDA AGRICOLA DEPERU&HOLLER Località Lu Scupagghju – Bortigiadas, Sardegna.

Carlo Deperu e Tatiana Holler sono la rappresentazione della conduzione famigliare a tutto tondo. Allegri e ospitali come pochi, dividono la loro vita in comune, con due bellissimi figli, tra la loro casa di Perfugas e l’azienda agricola che sconfina nel territorio gallurese di Bortigiadas. Carlo, con Laurea in Enologia, è un moderno e colto contadino che vive la campagna con passione viscerale. Tatiana, esperta di comunicazione, è l’allegria delle sue radici brasiliane che ha integrato, senza intaccarle, con quelle della Terra che l’ha accolta. La loro tenuta si trova in cima ad una collina, davanti ad un paesaggio incantato, dove il fiume Coghinas si insinua tra le pareti di una stretta gola per continuare la sua corsa verso il mare. Cinque ettari di proprietà e uno in affitto nei quali allevano Vermentino, Muristellu, Cannonau e Moscato con qualche parcella di Cabernet. Vini freschi e di buona beva prodotti con un buon equilibrio tra modernità e tradizione.

Carlo Deperu, cos’è per te l’idea di naturalità nel tuo lavoro?

Premesso che alcune persone considerano l’aggettivo naturale utilizzabile in mille contesti, tranne che con la parola vino, mi piacerebbe trattare l’argomento usando il sinonimo vino vero. Quindi per me, naturali o veri, sono quei vini fatti da persone che credono in quello che fanno e riescono a comunicare, in un calice di vino, un pensiero, un territorio, un lavoro, dei sentimenti. Personalmente ritengo che per fare un vino vero occorra molta sensibilità in vigna, dove il binomio uomo-natura viene troppo spesso messo in secondo piano. Le sensazioni che si provano degustando un vino vero mi riportano con l’immaginazione ad un territorio e a una persona con i suoi pregi e difetti (natura madre e uomo artefice ) e se tanto mi da tanto in un territorio con vignaioli naturali non si potranno mai assaggiare vini uguali. La bellezza di questo mondo sta proprio nel fatto che l’uomo si riappropria delle proprie conoscenze, contrastando le sue più grandi debolezza: il senso di onnipotenza e la fretta, madre e padre di una bevanda che molti chiamano impropriamente vino.

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