Turchia e dintorni. L’ossessione politica turca

16 Febbraio 2020

[Emanuela Locci]

Erdoğan ci ha ormai abituati da tempo alle sue improbabili dichiarazioni pubbliche, ma quella che ha pronunciato pochi giorni fa era inaspettata. Infatti il presidente della repubblica di Turchia ha lanciato nuove accuse verso l’opposizione rappresenta dal partito Chp. Durante una riunione dell’Akp organizzata per fare il punto della situazione in Siria, si è lanciato all’attacco di Kemal Kılıçdaroğlu presidente del Chp. Le accuse sono dirette e senza filtri: secondo Erdoğan il partito di opposizione è il braccio politico del movimento Gulen o meglio di Feto, nome dato dal governo per sottolineare la matrice terroristica (presunta) del movimento gulenista. Secondo Erdoğan il Chp è andato “a braccetto” con l’organizzazione terroristica (così considerata dal governo). E ora l’unico scopo del Chp è quello di distruggere il partito al governo.

Non è certo la prima volta che il presidente turco si scaglia contro l’opposizione, basti pensare che il leader del partito filo curdo, Partito Democratico dei Popoli (HDP),Selahattin Demirtaş si trova da anni in prigione. È da notare che ogni qualvolta il governo si trova in difficoltà per una qualsiasi ragione, sia essa di tipo politico, economico o relativo alle sue attività all’estero, arriva immancabile l’attacco ai nemici interni, i quali vengono accusati di ogni tipo di nefandezza. Un altro dato, che però andrebbe studiato alla luce di più costanti riferimenti è che nel momento in cui la linea politica dell’Akp è in crisi, o incappa in un insuccesso, l’establishment decide di rafforzare l’immagine della Turchia all’estero. Mi ricorda tanto la posizione mussoliniana dei primi anni trenta quando per affrontare i problemi interni, il Duce si lanciò nella conquista dell’Eritrea. Sappiamo poi come andò a finire.

In questo momento storico la Turchia ha allargato enormemente i propri interessi, dal bacino del Mediterraneo all’Africa, senza dimenticare l’Asia, dove si è prodigata nella difesa della minoranza musulmana Rohingya, riproponendosi al mondo come difensore della comunità musulmana.

Tutto ciò con lo scopo di consolidare il proprio potere interno, distogliendo i turchi da quelli che sono i veri problemi della nazione, economia in primis, e contemporaneamente mostrare al mondo intero di essere capaci di interpretare il ruolo di potenza. Un progetto audace che la Turchia sta portando avanti con una politica spregiudicata che è favorita da alcune congiunture internazionali: prima tra tutte la debolezza dell’Unione Europea che non si sta dimostrando in grado di affrontare e dialogare con un interlocutore che mostra di avere delle mire espansionistiche non di poco conto anche in quello che per millenni è stato il Mare Nostrum e che sta rischiando di diventare il lago dei turchi: vedasi il caso del petrolio libico e cipriota.

Ovviamente non si possono tirare le somme di quanto avvenuto troppo recentemente ma riprendendo le parole del Generale Giuseppe Morabito, direttore Nato Defence Collage Foundation: la Turchia si fa regole proprie e non rispetta quelle condivise.

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