Vita di paese (2)

1 Luglio 2009

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Mario Cubeddu

Nelle ultime settimane al mio paese sono successe ben tre cose importanti. E poi si dice che qui non succede mai nulla. In primo luogo c’è stata la processione del Corpus Domini, “sa die de su Segnore”. Che novità sarebbe questa, la processione si ripete tutti gli anni. La novità è che ho deciso di andarci e di seguirla, invece di rintanarmi in attesa che finisse. E per me è stata una piccola rivelazione. Per i credenti è il giorno in cui Dio percorre le strade del paese passandole in rassegna, ribadendo la sua sovranità, riconsacrando lo spazio e il tempo degli esseri viventi. Io coglievo la bellezza di quel popolo che sfilava tutto intero dietro il Sacramento, uomini e donne di ogni età, in coda le carrozzelle più lente dei bambini che vengono in quell’occasione introdotti nello spazio sacro della Comunità. La processione era preceduta da giovani cavalieri in camicia bianca e pantaloni neri. C’era anche lui, il ragazzo che non voleva andare a scuola, il ragazzo che la scuola non voleva. I carabinieri avevano denunciato i genitori per farlo tornare. Superata l’età dell’obbligo eccolo fiero sul cavallo in una realtà di valori che considera sua. E’ una tragedia che i due mondi, lavoro in campagna e tradizione da una parte, educazione scolastica dall’altra, non riescano a incontrarsi. Entrambi avrebbero da guadagnarci. Invece si torna ancora indietro per la soddisfazione idiota del ministro Gelmini, convinta che bocciare sia un gran risultato e una dimostrazione di serietà, invece che una sconfitta per gli insegnanti e per il sistema scolastico.  ’altro avvenimento è di tutt’altro genere. Il paese si è mobilitato per il diritto al collegamento ADSL. Siamo finiti anche in televisione! Un gruppo nutrito di persone che svolgono varie attività, baristi, impiegati, studenti, ma anche gente di campagna, si sono rivolti alla stampa e ad una associazione di consumatori per vedere garantito il diritto alla connessione veloce, oggi sempre più importante. La burocrazia statale trasferisce ormai sulla rete gran parte dei doveri dei cittadini nei suoi confronti e allo stesso tempo non garantisce i mezzi per operare in questo senso. La mobilitazione ha premiato. Ho visto appeso dal panettiere il  comunicato del megadirettore Telecom che garantisce il servizio. Infine la notizia più grave.
Al nostro Festival di poesia sono stati tagliati del 60% i fondi dalla Giunta Regionale presieduta dall’onorevole Cappellacci, Assessore alla Cultura l’ingegnere Maria Lucia Baire. Da 25.000 a 10.000 euro.  Non riusciamo a spiegarci il perché. Siamo stati inseriti tra i 7 festival di rilevanza regionale, si dice che non si vuole innovare nulla sino a quando non si saranno definiti dei criteri per un percorso concorsuale, si aumentano i fondi a molti festival e agli altri si confermano, solo noi in pratica subiamo questo trattamento. E’ una misura ad personam, proprio rivolta al “Cabudanne de sos poetas”. Siamo arrivati a formulare tre ipotesi di spiegazione. La prima è che abbiamo osato sollevare la testa, richiedere il finanziamento come una cosa dovuta per il lavoro svolto per quattro anni. Pensavamo che in qualche modo ci fosse dovuto. Invece bisogna stare buoni e zitti, chiamare l’amico politico, tastare, esplorare, fare occhiolini. Cosa ti costa, fai il favore, domani potresti essere tu a trovarti in questa situazione ed avere bisogno. La seconda ipotesi fa riferimento alla vendetta politica, visto che siamo inquadrati senza difficoltà nell’ambito della sinistra. Un mio compaesano professore d’Università, militante del centro destra, non ha avuto difficoltà ad ammettere e scrivere che la destra non ha intellettuali. Senza la povera gente di sinistra non si farebbero festival, anche se credo che si continuerebbero a fare comunque le poesie. Una rivalsa miserabile contro gente inquadrata come amici della sinistra? Chissà.  Scendendo a motivazioni meno gratificanti per noi, abbiamo pensato che si tratti di rapporti di forza territoriali. La Giunta di centro-destra è saldamente cittadina e costiera, non ha niente a che fare con i paesi sardi. Anche se questi sembra che non se ne siano accorti e continuano a votare Berlusconi. Cosa conta un piccolo paese del’interno, per lo più commissariato? Cosa conta un festival di poesia? Ricordo bene come mi aveva colpito la conclusione di una dichiarazione di Berlusconi che, dopo aver elencato tutta una serie di problemi che considerava importanti, aveva aggiunto: “tutto il resto è poesia”. Guarda un po’, mi ero detto, sarà pure solo un modo di dire, ma questo spiega più di tanti discorsi il cinismo brutale di un simile personaggio. Ma noi faremo ugualmente il festival, anche se con meno soldi. Almeno per dare soddisfazione a quei ragazzi di prima superiore che sono venuti a dirci se potevano scrivere a Cappellacci e alla Baire per protestare. Basta questo a compensarci del tempo e della fatica che abbiamo dedicato in questi anni al festival. Che vivrà se riusciremo ad ottenere l’aiuto e la solidarietà dei nostri compaesani e dei tanti amici che ha, in Sardegna e fuori. Il “Manifesto” insegna che la libertà si conquista soprattutto con il sostegno di migliaia di lettori. Sarebbe bello se anche noi potessimo trovare l’aiuto di appassionati di poesia che ci liberino dalla dipendenza dalla politica.  seneghesi chiamano il giorno di Corpus Domini “Sa dia de su Segnore”. In realtà non dicono “segnore”, ma una strana parola in cui le vocali si deformano sino ad abbracciarne almeno altre due contigue e le nasali si inarcano sino a scomparire nel vuoto. Non c’è definizione più precisa. Esce in pompa magna. 

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