L’inganno si tinge di verde

1 Settembre 2012
Marcello Madau

Stavamo cercando di orientarci, nuovamente, sul cosiddetto progetto della ‘Chimica Verde’ a Porto Torres. Un tema che abbiamo seguito sul nascere, che si è sviluppato con curiose evoluzioni, e che ora che sta arrivando a un punto assai delicato. Accanto ai dubbi emergono, anche a sinistra, giudizi non negativi. Ma le perplessità crescono.
Se sul versante del territorio come bene comune ed espressione riassuntiva dei beni paesaggistici – riprenderò questo punto di vista, a me più familiare – la valutazione non può essere che radicalmente negativa, dal punto di vista strettamente tecnico e occupazionale circolano pareri diversi.
Siamo perciò andati al dibattito proposto nella manifestazione ‘Figiurà’ ai giardini di Sassari il 24 agosto scorso, perché – per via della presentazione del libro/inchiesta “Diossina” di Paolo Rabitti – era prevista una discussione sulla chimica verde introdotta da Chiara Maria Pinna – con un docente dell’Università di Sassari (Ugo Azzena, facoltà di Agraria) e il coordinatore dell’ISDE Vincenzo Migaleddu, medico da anni in trincea per la difesa della salute e dell’ambiente nel territorio.
La sensazione è quella di un ulteriore assalto al territorio in violazione dei diritti delle nostre comunità. L’impressione netta e sgradevole è che il termovalorizzatore cacciato dalla porta sotto il governo Soru, che lo voleva, rientri dal …porto di Torres.

Matrica di Novamont ha bisogno, per le sue verdissime produzioni, di 8 megawatt. Ma la VIA richiesta da ENI-Power riguarda una centrale a biomasse per 205 megawatt. Sembrano esserci fondati dubbi che in essa venga bruciato cardo: non basterebbe tutta la superficie dell’isola, rocce incluse, coltivata in tal modo. Non resterà spazio per il mais: e infatti l’amido di mais verrà importato…..
Settanta dei 205 megawatt previsti per la produzione di energia verranno prodotti bruciando il fok, rifiuto tossico proveniente dal cracking dell’etilene (non più a Porto Torres).
Una bella risposta al territorio che ha il privilegio di avere una delle falde, grazie all’ENI, più inquinate del mondo, leader (fascia Porto Torres-Sassari) nelle malattie polmonari, come appare dalle recenti risultanze scientifiche (ecco il sito del progetto ‘Sentieri’ – Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento – e in particolare la relativa ricerca: consultatela e scaricatela): le malattie tumorali e le morti per inquinamento industriale sono in aumento. Nell’area Porto Torres-Sassari e nel Sulcis.

Neppure le assunzioni programmate (poche centinaia; secondo alcuni poco più di cento) possono costituire un dato – se non parzialmente e individualmente – positivo e in ogni caso valutabile senza inquadrarle in una sequenza sociale nella quale ENI, dopo aver creato un inquinamento incredibile e difficilmente recuperabile della falda turritana, portato al licenziamento di migliaia di operai, ne assume una piccola parte. Per nuovi obiettivi che – dietro la produzione ecologicamente compatibile di bustine per la spesa e bioadditivi per pneumatici – bruceranno nuovamente prodotti nocivi, rischiando di diventare un grande termovalorizzatore destinato a servire tutto il territorio italiano. Il timore non infondato è che si prepari – grazie anche alle possibilità date dalle recenti normative – un incineritore di rifiuti solidi urbani.

E’ un attacco in piena regola al territorio e alla salute di tutti, ai beni comuni che esso rappresenta: non solo dal punto di vista dei temuti effetti, ma come pratica reale, in piena violazione di ogni corretta prassi giuridica e democratica.
L’ENI, responsabile principe dell’inquinamento del territorio, invece di essere costretta a pagare, chiede la VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) su una nuova centrale che produrrà nuovamente energia inquinante. Si interviene su di un territorio colpevolmente devastato prima di averlo risanato.
I permessi saranno stati dati molto tempo fa, ai tempi della SIR, ma questa nuova centrale sarà costruita direttamente a fianco del nuraghe Niedda.
Gli amministratori pubblici hanno firmato un protocollo d’intesa sbagliato in partenza senza imporre ai responsabili dell’inquinamento il pagamento del danno effettuato, né dal punto di vista ambientale né dal punto di vista sociale.

Dal punto di vista paesaggistico, non solo manca una seria politica di risarcimento dei danni, ma si mina nella sua essenza la possibilità di uno sviluppo diverso e sostenibile, pulito, preparando un nuovo inquinamento di un territorio che ha al centro il Parco dell’Asinara, che dovrebbe puntare sul risanamento ambientale, cultura e paesaggio, su produzioni agroalimentari qualitative peraltro in linea con la grande tradizione agricola e anche pastorale della Nurra. Quindi sulla visita di qualità.
Sarebbe fondamentale il ruolo della ricerca e della formazione pubblica: ma oggi – con i continui tagli – questo ruolo si perde, costruendo progetti legati al mercato. Il rischio evidente è di legarsi a poteri volta per volta forti, invece che intervenire per orientare politiche pubbliche virtuose e sostenibili nel territorio, producendo saperi pagati/orientati dagli interessi privati.
Non è un bello spettacolo. Nella difficile battaglia democratica che ci aspetta un punto qualificante dovrebbe essere la richiesta che scuola e ricerca pubblica riprendano ad agire per il bene comune.

Nonostante i danni i poteri forti dell’industria chimica e la classe politica nazionale e isolana sono al loro posto e continueranno a produrre, io temo, utili per se stessi e altri danni per i territorio. Il protocollo d’Intesa per la chimica verde dimostra che l’unità dei politici sardi così spesso invocata è una parola vuota.
Quanto sottolineato per Porto Torres e Sassari è paradigma dell’unica vertenza possibile per la Sardegna, la costruzione di un modello di sviluppo che rompa radicalmente con quello sinora conosciuto e praticato.
La strada maestra è quella di un progetto totale di risanamento e ricostruzione ambientale dei territori – in sé creatore di occupazione – riconoscendo un ruolo diretto di controllo e decisione alle comunità residenti, sinora escluse. Un piano che possa creare le precondizioni per iniziative pubbliche e private basate sulla tutela e la valorizzazione del territorio. Nel frattempo, nessun operaio dovrebbe restare senza stipendio ovvero senza pensione: ecco una delle cose che dovrebbero pagare i responsabili della devastazione ambientale e umana della Nurra.

Ma le azioni, intanto, devono essere immediate: politiche e giuridiche. Andrebbe fatta a questo punto una approfondita valutazione che valuti, a partire dal paradigmatico articolo 9 della Costituzione Italiana (“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”), la presenza di eventuali violazioni del Codice dei Beni culturali e del paesaggio (si legga ad es. l’art. 131, 6: “Lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché tutti i soggetti che, nell’esercizio di pubbliche funzioni, intervengono sul territorio nazionale, informano la loro attività ai principi di uso consapevole del territorio e di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche e di realizzazione di nuovi valori paesaggistici integrati e coerenti, rispondenti a criteri di qualità e sostenibilità”), sino alla Convenzione Europea del Paesaggio, segnalando le violazioni di essa, che a me sembrano palesi, ai comitati di esperti, come previsto ad esempio nell’art. 10 della Convenzione stessa. Siamo certi che la relazione con le malattie prima indicate e la pertinenza delle aree di Porto Torres-Sassari e Sulcis ai Siti di Bonifica di interesse nazionale (vedi il Decreto legislativo 03.04.2006 n° 152 , G.U. 14.04.2006) non creino i margini per interventi della magistratura anche in Sardegna? Quanti reati sinora non sono stati denunciati, come hanno fatto con coraggio i magistrati a Taranto per ILVA?
Proprio perché la classe politica è in affanno e anche la sinistra latita, serve un’ampia mobilitazione.
Si sta animando attraverso la rete (vedi il gruppo Facebook ‘No chimica verde-No Inceneritore’).
Dovere della comunità è studiare e percorrere tutti gli strumenti giuridici possibili, a iniziare dalle riserve sulla VIA della centrale di Eni-Power da inviare al Servizio SAVI-Assessorato Regionale della Difesa dell’Ambiente, Via Roma n.80, 09123 Cagliari. Entro il 23 settembre 2012.

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