Pitzinnos Pastores Partigianos

1 Dicembre 2012
Graziano Pintori
L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Nuoro ha edito il libro Pitzinnos Pastores Partigianos  eravamo insieme sbandati. Gli autori, nell’ordine, sono: Piero Cicalò, Pietro Dettori, Bore Muravera, Natalino Piras, iscritti, con vari incarichi di responsabilità, all’ANPI. Con questo libro i nuovi organismi dirigenti dell’associazione si presentano alla società democratica nuorese, un esordio di rinnovato impulso ai valori dell’Antifascismo, della Resistenza e della Costituzione. Sento di poter dire che il lavoro dei quattro autori è teso ad affermare che la Resistenza, con tutti i suoi effetti, non è una parentesi ormai chiusa della storia italiana, come certo revisionismo vorrebbe dare ad intendere. Gli autori sanno bene come la guerra di Liberazione sia un continuo e civile apporto di libertà, giustizia e democrazia, le quali si concretizzano nella costante militanza per la difesa della Costituzione: massima espressione dell’Antifascismo. Il libro è stato costruito scavando nei ricordi di persone anziane, compresi alcuni diretti protagonisti delle vicende narrate. I risultati di questi incontri sono stati sottoposti a verifiche con approfondite letture di altri testi, documenti, testimonianze che richiamano il narrato: un lavoro di indagine che dà al libro un alto livello di attendibilità dei fatti, perciò, a sua volta, potrà essere utilizzato come un ricco strumento di ricerca e studio della storia della  Resistenza. Le vicende dei PPP(*) hanno inizio l’8 settembre 1943, quando l’Italia si ritirò dalla guerra ed i nazisti iniziarono la loro ritirata dal sud al nord della penisola, lasciando alle loro spalle orrore, morte e distruzione, soprattutto nei confronti della popolazione civile. I fascisti italiani, fedeli irriducibilmente al duce, fondarono la Repubblica di Salò, sodale ai nazisti, mentre molta parte dell’esercito si trovò sbandato, senza comando, fra questi un gruppo di militari barbaricini in servizio a Perugia, identificati come “sos peruginos”. Il gruppo, dopo varie peripezie, arrivò a Roma dove venne avvistato dal famigerato battaglione Angioi, sos peruginos indossavano ancora le divise fasciste perciò considerati alleati, come tali furono caricati su un treno e spediti ai confini dell’attuale Slovenia. Luoghi comuni al teatro della grande guerra: la macelleria dove perirono tanti “diavoli rossi”. I PPP erano poco più che ventenni, il viaggio verso il nord sicuramente ha provocato un forte impatto emotivo, teso al massimo le corde della loro sensibilità facendo maturare, tra i gironi dell’inferno nazifascista, la consapevolezza che si trovavano sul “carro”sbagliato. Una volta giunti a Gorizia questi uomini non trovarono remore di sorta nell’abbandonare baschi neri e mostrine fasciste per arruolarsi, appena avuta l’occasione, tra le file dei partigiani, numerosi su quella terra di confine. Molti riuscirono a distinguersi per l’alto senso del sacrificio, anche quello estremo e molti perirono durante le numerose azioni di guerra. Erano tutti giovani sos pastores partigianos. Essi sicuramente non possedevano una visione politica definita e orientata verso un sistema di società nuovo, più libero ed equo, però, sicuramente, erano coscienti di appartenere a quelle comunità pastorali custodi di fondamenti etici universali, i quali non potevano venire meno anche in situazioni di vita completamente diverse. Proprio la pedagogia dell’ovile, cioè quel contesto educativo ben definito nelle pagine di Pigliaru e Pira, li ha sorretti e accompagnati, a mio parere, in questa tragica vicenda umana. Per cui oso dire che se questo libro fosse stato presente negli anni ’60 e ’70 avrebbe contribuito, alla pari della mobilitazione anti militarista di Pratobello del ’69, a sfatare l’idea  negativa, allora dominante, nei confronti della comunità sarda, ed in particolare quella pastorale, percepita come fucina di banditi sequestratori e intrisa nella sottocultura della violenza. La testimonianza di questo libro avrebbe contribuito a mettere ancora più in evidenza, in quegli anni caldi del banditismo, l’antitesi dello Stato ingrato nei confronti della Sardegna, il quale non mutava la faccia sempre truce dell’invasore, del poliziotto, dell’esattore. I PPP furono portatori de sos sinnos, i segni dei valori, sa balentia bera dei nostri pastori: un bagaglio positivo di cui l’ANPI fa bene a diffondere nelle scuole; si augura al più presto anche nelle università. Lo scopo sarebbe che tra i protagonisti di questo libro, già coetanei degli studenti odierni, si stabilisse quel contatto generazionale, anche se distante nel tempo, per fondere lo spirito dei primi, che hanno combattuto per costruire la libertà e la democrazia, con lo spirito dei secondi che difendono questi valori nelle piazze.
Piazze sempre più colme e urlanti in difesa della Costituzione e dei suoi fondamentali principi, traditi dalle illiberalità e dalle banalità che caratterizzano la società odierna. Il libro, anche sotto questo aspetto, assume una funzione didattica non indifferente in quanto strumento di rigenerazione democratica e antifascista. Parimenti, nelle mani degli educatori democratici sarebbe un importante supporto formativo per le giovani generazioni.

(*) PPP = Pitzinnos Pastores Partigianos

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