Non c’è olivo senza spine

16 Marzo 2010

Alice Sassu

Vi presentiamo in questo numero un interessante documento filmato, che mostra l’azione del volontariato internazionale a favore del popolo palestinese, espropriato persino del diritto di piantare ulivi, concesso invece alle organizzazioni civili dell’Occidente. Un’azione di meravigliosa e drammatica solidarietà. Nello stesso tempo non sfugge la profonda ipocrisia del concedere in questo modo la coltivazione da parte delle autorità di Israele, una dimensione antica che potremmo definire farisaica. (Red)

Come ogni anno, l’Alternative Tourism Group (ATG) (www.patg.org) e il Joint Advocacy Initiative (JAI) (http://www.jai-pal.org) nell’ottobre 2009 hanno organizzato “La Campagna della raccolta delle olive” in Palestina.
Simbolo per eccellenza della Palestina, l’albero di olivo testimonia il profondo legame dei palestinesi con la propria terra. L’importanza dell’olivo si intravede in tutti gli aspetti della vita dei palestinesi: la produzione di olive da confetto, olio e prodotti artigianali fatti con il legno d’olivo. Dall’inizio della Seconda Intifada, la raccolta delle olive è stata ostacolata dalla politica repressiva israeliana. L’obiettivo principale della programma è quello di mobilitare volontari internazionali per assistere i contadini durante la raccolta delle olive nei campi. Il blocco delle strade da parte dell’esercito israeliano, la confisca delle terre agricole, e i ripetuti attacchi contro i contadini palestinesi da parte dei coloni israeliani, rendono il lavoro nei campi sempre più difficile. I palestinesi soffrono per la costruzione del muro dell’Apartheid a spese della propria terra. Molte città sono state divise e molti contadini sono stati separati dalle loro terre. Attualmente i contadini non possono più raggiungere liberamente gli uliveti situati in prossimità delle colonie israeliane, delle circonvallazioni e vicini al percorso del Muro d’Apartheid. In queste aree la presenza degli internazionali è spesso necessaria per aiutare i contadini palestinesi a raggiungere e lavorare negli oliveti che stanno per essere confiscati. Il programma comprende anche delle conferenze introduttive e di approfondimento sulla situazione socio-economica della Palestina e sugli effetti del muro di Apartheid. Tour politici nella città vecchia di Gerusalemme, a Betlemme ed Hebron, dove, oltreché le città e le sue peculiarità, si visitano anche sedi di associazioni che operano in diversi ambiti (sociale, culturale o artigianale). Durante i giorni di permanenza si può decidere di alloggiare presso delle famiglie locali palestinesi, e si può, inoltre, partecipare a vari eventi culturali e sociali organizzati dalla comunità locale.
Cliccate qua. Buona visione.
Per informazioni:
www.patg.org
[email protected]

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