Donal Trump, un falso mistero

16 Maggio 2025

[Roberto Paracchini]

Urlo e scalcio violentemente. Un tonfo e mi sveglio tutto sudato. Sono per terra vicino al letto. Al risveglio i miei sogni svaniscono sempre, questa volta no: c’è un estraneo in casa, chiamo aiuto, una persona a me cara si precipita verso di me, ma non mi aiuta e ansimando tenta di mordermi. Poi il mio urlo.

La sera prima mi avevano coinvolgo in una animata discussione su Donald Trump…

E già, ma anche tu, farti coinvolgere in queste cose con personaggi simili…

Beh, ha vinto le elezioni americane…

Quindi?

Rappresenta il capo di Stato oggi più aggressivo della destra mondiale e anche quella più retriva e incolta; ed è il presidente degli Usa, lo Stato più potente del mondo.

Quindi?

Beh, quando mi han detto che Trump sta solo facendo gli interessi del suo popolo e, citando il suo consigliere Elon Musk, mi han raccontato che l’empatia sta rovinando l’umanità…; beh!, non potevo certo stare zitto e sono sbottato.

Bravo!

Grazie.

Veramente il mio “bravo” era ironico, arrabbiarsi serve a poco, occorre riflettere.

Giusto, bisogna riflettere, ma tu chi sei?

Quasi niente…

Cioè?

Un pensiero che sfugge o un‘intuizione che prima trascuri e poi ti riappare, un’ombra che ti sembra qualcosa e poi scompare, una persona che cammina a piedi scalzi che ti pare di intravvedere.

Mi stai confondendo, ho perso il filo. Eppoi, ripeto, non mi hai ancora detto chi sei, nè che cosa vuoi.

Calma, innanzi tutto sei tu che mi stai coinvolgendo.

Veramente mi sei apparso tu tra queste righe, così, di colpo.

Già, ma chi le sta scrivendo “queste righe”?

Va beh sì, io però…

“Però…”, se mi hai coinvolto, vuol dire che c’è un motivo, forse quel “quasi niente” che mi ha fatto apparire nel tuo scritto.

Potrebbe, ma in verità non ricordo.

Allora concentrati e rifletti, fa sempre bene.

Ma io rifletto, eccome e pure molto!

Bando alla presunzione, piuttosto sarebbe più saggio pesare e analizzare meglio le parole quando le si usa, loro ti aiuterebbero.

Ma davvero?

Non fare lo spiritoso, piuttosto osserva l’etimologia: ad esempio “riflettere” deriva da reflectĕre, ri-piegare, piega indietro; come a dire volgi indietro lo sguardo.

Quindi?

Non soffermarti solo su quello che ti sembra più ovvio.

Fosse facile: appari all’improvviso e mi sballottoli da una parte all’altra.

Non ti distrarre: il nostro contesto è un dialogo, quello che stiamo facendo in questo momento, giusto?

Beh, sì, mi sei come caduto sulla pagina.

Non svicolare con falsi problemi. Sei tu che mi hai cercato facendomi apparire nel tuo scritto. Forse sono un transfert prodotto dalle tue inquietudini, qualcuno che pensi possa darti un aiuto per capire Trump.

Trump?

Sì il nuovo presidente degli Stati Uniti, il responsabile indiretto del tuo incubo, di cui mi hai accennato poco fa.

Già, ricordo, mi sono svegliato urlando. Si tratta di un personaggio non solo xenofobo, illiberale, misogino, prepotente e anti scienza, ma pure bugiardo seriale e falsificatore della realtà.

Ho dato un’occhiata e visto che nega anche il cambiamento climatico, che nelle penultime elezioni ha inventato che fossero state truccate. Poi noto che dice fandonie a ripetizione: sull’inflazione e sui dazi ad esempio, sugli immigrati illegali negli USA afferma addirittura che siano il frutto dello svuotamento delle prigioni e dei manicomi da parte dei Paesi esteri e che questi li spingano ad andare negli USA. Afferma pure che il canale di Panama sia gestito dai cinesi, mentre la repubblica di Panama lo possiede e gestisce dal 1999. Ma l’elenco delle sue bugie è lunghissimo e non credo che tu ti possa permettere, qui ed ora, di inserirlo tutto nel tuo articolo-dialogo.

Già, ma il problema che affligge me come tantissime altre persone è il sapere che vi sono decine di milioni di persone che gli credono e lo seguono sino a farne un mito. Mi spaventa questo eludere la realtà delle cose e questo modo di accettare tutto quello che dice Trump senza un minimo di analisi razionale.

Forse posso aiutarti, ma dovrai assistermi anche tu dialogando con me. Ma andiamo per gradi.

D’accordo, però una cosa di te mi è rimasta in gola: spiegami perché non hai condiviso la mia rabbia sulle farneticazioni del miliardario Elon Musk quando afferma che “la debolezza fondamentale della civiltà occidentale è l’empatia”.

Attenzione, io ho criticato il tuo “sbottare” come da te precisato, non la tua indignazione che reputo più che giustificata.

Guardi alla forma e non alla sostanza?

Ma che discorsi fai? La mancanza di forma implica spesso assenza di rispetto e lealtà verso la o le persone che hai davanti, nonché una forte carenza di riflessione.

Già, tu sai tutto!

Per niente, io so solo una cosa: di non sapere.

Questo mi ricorda qualcosa…

Bene, rifletti ancora un po’: che cosa vuol dire “non sapere”?

Che non si conosce un qualcosa…

Certo, ma che cos’è quel qualcosa che diventa più importante di tutte…

Caspita: sei Socrate!

Socrate. Diciamo di sì. In questo momento, tranfert o meno, e proprio perché stiamo dialogando assieme, io sono Socrate e tu sei il mio attuale autore.

Autore. Spiega meglio.

S. allargherei il discorso: il dialogo va sempre fatto con un interlocutore con cui ci si misura.  Io e te, ad esempio, ci stiamo reciprocamente confrontando, stiamo iniziando un percorso che, se continuato con onestà, ci porterà a una forma di leale apertura in grado di “mostrarci” reciprocamente.

A. Mostrarci?

S. Sì, nel senso di un vedere reciproco che ci fa percepire e sentire il nostro spirito o, se preferisci, il nostro modo di essere e quindi di pensare e di amare, scegli tu l’espressione a te più congeniale.

A. Scusa, non ti seguo, sono ancora frastornato dal trovarmi nella pagina niente meno che Socrate.

S. Tranquillo, ti sto dicendo che io posso capire sempre più me stesso, quanto più riesco a capire te.

A. Facile a dirsi, e come?

S. Percependo e sentendo, tramite il nostro dialogo, il tuo modo di essere. E lo stesso capita a te nei miei confronti.

A. Sarà semplice per te, ma io non riesco a capire.

S. Che c’è di strano, questa è la potenza, o la meraviglia se preferisci, del dialogo, anche se solo immaginato come stai facendo tu con me.

A. Certo certo, Socrate, ma non ti allargare troppo, altrimenti mi perdo di nuovo: mi sembra di trovarmi in un labirinto.

S. Giusta osservazione, non spaventarti: il dialogo è come un labirinto infinito e virtuoso in cui ogni svolta, anche se non lo sai e spesso ne hai timore, ha il valore di una scoperta, del calore di un abbraccio o del colore di un bacio. Quindi non temere, la confusione ti apre e spalanca avventure nuove e, se ti lasci andare, spesso meravigliose.

A. D’accordo, però continuo a sentirmi smarrito, come se camminassi sull’orlo di un precipizio.

S. Allora siamo sulla buona strada, l’orlo del precipizio rappresenta le tue certezze, quelle che temi di perdere; mentre sono solo false sicurezze, gabbie che ti impediscono di conoscere te stesso attraverso gli altri e viceversa.

A. D’accordo, mi affido a te, Socrate.

S. Direi che ci stiamo come guardando negli occhi ed è così che, pian piano, io riesco a vedere il tuo animo e proprio per questo vedo anche il mio. E lo stesso sta capitando a te. Questo è il frutto del dialogo.

A. Chiaro, quasi, ma gli interrogativi su Trump li abbiamo lasciati da parte?

S. Affatto, anzi il dialogo è indispensabile anche per questo.

A. Sarà ma appena mi sembra di capire qualcosa, subito mi devo ricredere.

S. Pazienta un attimo: ricordi le immagini dell’assalto al Campidoglio del gennaio del 2021 da parte di un gruppo di americani fanatici incitati da un discorso di Trump, che contestava l’elezione di Joe Biden?

A. Certamente, quelle immagini hanno fatto il giro del mondo.

S. Bene, ti sembra che quelle persone stessero dialogando o fossero reduci da un dialogo? Ti sembra che il discorso che aveva tenuto poco prima Trump, pieno di rumore, furore e odio fosse un dialogo?

A. Ovviamente no.

S. E come erano quelle persone che hanno assaltato il Campidoglio?

A. Fanatici e arrabbiati.

S. Sì, alcun i anche mascherati, quasi fossero presi dal compimento di un rito, in ossequio al mito di Trump.

A. In che senso parli di Trump come di un mito?

S. Perché per loro non aveva importanza che ci fossero state le elezioni e che tutti gli organi di controllo le avessero convalidate. Per loro i fatti che contraddicevano il mitico Trump, colui che secondo loro gli dava voce, non avevano valore.

A. Proprio così.

S. Ma perché? Te lo sei domandato? Pensi proprio che tutti coloro che appoggiano Trump siano incapaci di pensare un qualcosa di razionale? Che cosa significa seguire un mito?

A. Durante l’assalto al Campidoglio sembrava che quegli americani fossero sotto l’effetto di allucinogeni per quanto erano invasati.

S. Grazie alla possibilità dei miei viaggi sulle ali della storia, ho visto anch’io quelle scene e posso aggiungere che in termini di fanatismo, hanno molte somiglianze con quelle prodotte dai fondamentalismi religiosi in Iran (i guardiani della rivoluzione islamica) o in Afganistan (il regime dei talebani); ma non solo: anche nella destra oltranzista che guida Israele nella strage genocidaria di decine di migliaia di persone che si sta compiendo a Gaza o nei fondamentalisti di  Hamas che hanno brutalmente assassinato oltre 1.200 persone e rapite 240 nell’attacco a sorpresa nel sud di Israele dell’ottobre del 2023, vedo un fanatismo analogo. Così come lo scorgo anche in Putin che invade l’Ucraina pensando alla vecchia URSS e all’impero zarista; e vedo lo stesso fanatismo nella guerra in Congo, in Sudan e in tantissime altre parti del vostro sanguinoso mondo.

A. Noto che sei molto informato e spero sappia che hai toccato temi anche molto divisivi.

S. Questi sono problemi tuoi, l’articolo è tuo.

A. Grazie, però tu ne sei diventato il personaggio chiave.

S. Allora dialoghiamo.

A. Torniamo a Trump, Socrate, come te li spieghi quei fatti legati all’assalto del Campidoglio?, o, meglio, perché Trump ha rivinto le elezioni?, e perché ha tanto seguito?, nonostante le innumerevoli bugie che utilizza come clava per la sua politica di prepotenza e potenza?

S. Ripensiamo un attimo all’assalto al Campidoglio, per l’eco mediatico e simbolico che ha avuto nel vostro occidente: un gravissimo tentativo di sovvertire l’ordine democratico in un Paese da voi considerato, a torto o a ragione, una grande democrazia.

A. Già, vedremo se questa democrazia resisterà alla spallate di Trump; se pur con tutti i suoi difetti, gli Usa dei poteri bilanciati e dello stato di diritto riuscirà a stare in piedi e a mantenere il suo carattere interno negoziabile.

S. Questo lo lascio a voi del XXI secolo. So bene che il problema Trump rappresenta più di tanti altri l’enigma del populismo nazionalista: l’eliminazione delle mediazioni e contemporaneamente l’affidarsi a un unico personaggio forte e il chiudersi verso l’esterno.

A. Va poi detto, Socrate, che il successo di Trump si basa pure su problemi reali: la sua base elettorale è spesso composita, composta da un ceto medio impoverito dalla globalizzazione selvaggia e che coltiva tutti i pregiudizi possibili (contro i migranti, le elite, la cultura ecc. ecc.).

S. Ora ti rifaccio sostanzialmente la stessa domanda che prima hai rivolto a me, e che sembra il convitato di pietra di questo nostro dialogo: com’è possibile che decine di milioni di persone si turino il naso e le orecchie e anche gli occhi per seguire cose come i fantomatici complotti a scapito dell’umanità orditi da una specie di Spectre segreta assetata di sangue, pervasiva e crudele, spesso ispirati dalla destra trumpiana?

A. Caspita, Socrate, per essere vissuto circa duemila e quattrocento anni fa, sei molto informato sull’oggi.

S. Ti confesso, però, che queste idee complottiste quasi mi spaventano, oltre a rattristarmi parecchio. Prosegui pure tu.

A. Già, in questa narrazione complottista si va dalla “Grande sostituzione”, mito neo-nazista secondo cui i bianchi vengono sostituiti dai non bianchi, sino alla teoria cospirazionista detta “QAnon” diffusa negli Stati Uniti a partire dal 2017 sulla base della quale esisterebbe una sorta di stato nascosto mondiale, un  deep state globalizzato, composto da celebrità di Hollywood, miliardari e politici democratici dediti alla pedofilia e al satanismo, contro cui il presidente Trump condurrebbe una strenua lotta per smascherarne le trame occulte.

S. Non dimenticare la pandemia del Covid-19 che è stata fertilizzata da tantissimi presunti complotti orditi anche da chi, tramite i vaccini pensava venisse inoculato nelle persone un qualcosa di microscopico in grado di controllarle. Per poi continuare con una miriade di teorie antiscientifiche, senza alcun riscontro fattuale, ma usate anche per negare il cambiamento climatico. Il grosso problema vostro, però, è che di fronte a questi complottismi, siete sostanzialmente impotenti.

A. Sì, come arginare infatti teorie che si basano fondamentalmente su questi tre argomenti: 1) nulla accade per caso; 2) nulla è come sembra; 3) tutto è connesso.

S. Certo avete un bel problema. Se nulla è come sembra, qualsiasi confutazione razionale viene meno in quanto mancano i punti d’appoggio da cui partire. Poi se tutto accade per caso, viene meno la possibilità di qualsiasi rapporto causa-effetto e il fatto che tutto sia connesso può permettere la giustificazione di qualsiasi cosa. In sintesi quei tre pilastri  permettono di  avvalorare qualunque avvenimento senza tema di smentita.

A. Come uscirne, quindi?

S. Cambiando strada.

A. Cioè.

S. Mi sembra che tu e tutti voi, che puntate a un mondo più in armonia tra gli esseri viventi, stiate facendo però un grosso errore.

A. Che cosa staremmo sbagliando?!

S. Volete arginare questi irrazionalismi, tipo il complottismo di cui Trump è un protagonista di spicco, trascinandoli sul vostro terreno, quello della razionalità.

A. Ora non capisco di nuovo, che cosa dovremmo fare altrimenti?

S. Seguimi: ciò che è irrazionale, falso ecc. ecc., è per definizione non razionale…

A. Ovvio!

S. Allora perché vuoi attirare questo “nodo” privo di fondamenti razionali, o immagine di un mondo irrazionale, o se preferisci questa idea magica e mitica dell’esistenza, nel cerchio della razionalità e del pensiero scientifico? Non capisci che coi suoi metodi questo “nodo” dimostrerà sempre a sé stesso e a chi crede e si rifugia in queste credenze irrazionali, che tu hai torto e che sei tu e non loro, vittima o complice di cospirazioni e complotti che distorcono la percezione della realtà. In questo modo, inoltre, tu non potrai mai dimostrare che quel tipo di atteggiamento è scorretto, né che si basa su dati inesistenti e privi di qualsiasi consequenzialità. E questo perché – come da te accennato – uno dei capisaldi dei complottisti è che “niente è come sembra”. 

A. Scusa, Socrate, questo pessimismo mi sconcerta. In verità ho sempre pensato che il tuo dialogo potesse in ogni caso raggiungere un punto di equilibrio, invece…

S. Non essere frettoloso e ricordati che riflettere non vuol dire avere la soluzione dietro l’angolo.

A. D’accordo, ma se gli strumenti della razionalità non funzionano, come arginare questa concezione del mondo che vuole riconfigurare i rapporti umani come interni a un’arena di contrattazioni continue in cui vince il più prepotente e chi la spara più grossa in termini di presunti complotti?

S. Ci arriveremo tra poco. Ora, però, vorrei aggiungere altri due  elementi di riflessione.

A. Ancora?

S. Non essere impaziente…

A. Io ho dei tempi e degli spazi da rispettare.

S. Certo certo, però ora seguimi. Riflettendo sul discorso legato alla  prevaricazione, ci si accorge di due aspetti importanti: il primo è che l’idea stessa di vittoria implica sempre la presenza di uno sconfitto, quindi di una persona subordinata. L’etimologia di sconfiggere deriva dal latino exconficere, annientare, sfinire, abbattere; il contrario di un qualcosa che possa produrre la ben che minima parvenza di felicità. E la parola vincere, rafforza ancor più questo aspetto.

A. La vita, però, non è altro che una continua gara.

S. Ma la gara non è un combattimento con vincitori e vinti.

A. ?

S. La parola “gara” deriva da garare, concorrenza, emulazione: correre con altri per emularne le virtù, che si formano appunto solo assieme agli altri. E’ entrata nella vostra storia la foto di Coppi e Bartali che in una gara ciclistica si passano la borraccia dell’acqua mentre continuano a pedalare.

A. Bel ricordo e va bene, ma qual è il secondo aspetto di cui mi hai accennato?

S. E’ legato alla vittoria e alla sua crudeltà.

A. Addirittura!

S. la parola “vincere” presenta un’etimologia molto varia ma sempre di sopraffazione, da vincire, legare e vinculum, catena: il nemico vinto, legato, incatenato e ridotto in servitù.

A. Già, ma come arginare questa concezione del mondo basata sui rapporti di forza che si nutrono e crescono soprattutto sulle menzogne e i complottismi di cui abbiamo parlato prima?

S. Il problema non è semplice e in molti, nel tuo tempo, ci stanno riflettendo. Permettimi di richiamare il Fedro, un dialogo in cui il mio allievo Platone riporta alcuni eventi che mi erano capitati.

A. Bene , so che in quel dialogo si parla dell’amore e che vi sono tre discorsi sull’amore, che servono anche come esempio di articolazione della retorica.

S. Certo, ma io preferisco soffermarmi su un altro aspetto di quel dialogo dai più considerato secondario.

A. Riprendo un attimo la parola.

S. Te la cedo pure tutta, sei tu l’autore.

A. No, no, Socrate, vorrei solo toglierti dall’imbarazzo visto che ne sei il protagonista, e ricordare che in quel dialogo, tu e Fedro siete usciti discorrendo dalla città e percorrendo l’Ilisso, un ruscello che si trovava poco fuori Atene, state cercando un luogo fresco in cui sedersi a parlare.

S. Certo mio autore. In quell’occasione Fedro mi chiese “non è proprio di qui, da qualche parte dell’Ilisso, che si racconta che Borea rapì Orizia?”. Ed è proprio in questo punto del discorso che entriamo nel cuore di quel che vorrei dire sui miti.

A. Sono tutto orecchie.

S. Orizia era una ninfa figlia del re ateniese Eretteo. Il mito racconta che Borea, personificazione del vento del nord, rapì Orizia.

A. A quel punto, nel dialogo, interviene Fedro.

S. Sì, ricordo le sue parole: “Ma dimmi, per Zeus, tu Socrate, credi che questo mito sia veritiero?” e io gli rispondo in modo un po’ articolato e…

A. Non mi tenere sulle spine, racconta e spiega, ti prego.

S. Preciso che quelli che vengono considerati i sapienti di allora, i sofisti, non ci credono e che seguendo il loro ragionamento avrei potuto sostenere che un soffio di Borea avesse fatto precipitare Orizia dalle rocce vicine, dove giocava con un’altra ninfa sua amica, Farmacia.

A. Anche tu dai questa spiegazione di quel mito?

S. No, e rispondo a Fedro che, seppure quelle interpretazioni siano anche piacevoli, mi sembrano troppo ingegnose e laboriose.

A. Però danno una spiegazione razionale.

S. Appunto ma solo all’interno di una razionalità che direi troppo facile. I miti sono tanti (dagli Ippocentauri, metà uomini e metà cavalli,  alla Chimera composta da parti di leone, di capra e di serpente; alle Gorgoni Steno, Euriale e Medusa, che si narra trasformino in sasso chiunque le guarda; a Pegaso, il cavallo alato nato dalla testa di Medusa e a moltissimi altri) ed è anche impossibile intervenire su tutti.

A. Quindi tu, Socrate, rinunci a capire per non impelagarti in lungaggini eccessive?

S. Affatto, semmai ti invito di nuovo a riflettere. Che cosa sono i miti? C’erano nella mia antica Grecia e ci sono anche oggi nel tuo mondo, meticciati con una infinita miriade di linguaggi simbolici. Sono modi di dare un senso alla realtà, sono spesso il frutto di emozioni, sentimenti, rabbia, dolore, paura di persone che cercano un modo per capire qualcosa che non comprendono e di farlo senza un ragionamento logico, ma appunto in modo mitico.

Quindi i sofisti di allora potremmo paragonarli ai razionalisti di oggi?

In parte, sì: sapere che da una premessa falsa puoi dimostrare qualunque fandonia, come racconta in modo rigoroso la logica formale, non basta, non in questo caso se si vuole  capire prima ed arginare poi, questi fenomeni di falsità irrazionali.

A. Fammi capire: che tipo di spiegazione avevi dato a Fedro?

S. Gli dissi e lo sottolineo anche a te, che coloro che vogliono rendere verosimili i miti dandone solo una spiegazione razionale, quindi trascurandone la profondità dei loro aspetti mitici, con tutta la loro carica vitale di materialità ed erotismo, non riusciranno a ottenere alcun risultato positivo. Gli rimarcai che mi sembra che questi sofisti volessero cancellare con un colpo di spugna tutto quell’insieme di piccole grandi credenze che gli esseri umani utilizzano da sempre per dare un senso a un qualcosa per loro ignoto e per controllare così le proprie paure.

A. Quindi, come superare questa impasse?

S. Le vostre scienze hanno fatto oggi passi da gigante in tutti i campi, dalle neuroscienze alle matematiche. E soprattutto vi stanno dicendo con convinzione che tutti i saperi sono collegati e interconnessi tra loro.

A. E tu che dici?

S. Io posso affermare che quella che io ho chiamato, nella mia chiacchierata con Fedro “sapienza rustica”, e che oggi potresti denotare come una razionalità vecchia e di stampo positivista che semplifica e non tiene conto della complessità del reale, va decisamente abbandonata.

A. E tu, nel tuo mondo sei riuscito a farlo?

S. Io non ho mai amato le semplificazioni. Infatti mi definivo e mi definisco un atopos, un atipico, strano, stravagante. Ma non a tutti piaccio: Polo nel dialogo Gorgia di Platone utilizza atopos per definirmi al negativo come un inconcludente.

A. Infine e tornando a Trump?

S. Lui, come già detto, è diventato un mito, seppure dal mio e dal tuo punto di vista, un mito del tutto negativo, ma sempre un mito, così come lo è Putin per tante altre persone.

A. E quindi?

S. In primo luogo occorre capire a che esigenze rispondono questi miti e in parte lo abbiamo già detto. Ma non basta, occorre agire con progetti sulla carne e sangue, gioie, dolori e speranze, di chi li sostiene; cercando, però ed è importantissimo, di crearne altri di miti, ma questa volta virtuosi.

A. Esempio?

S. Martin Luther king lo era, Mandela lo era, Rosa Parks lo era: davano entrambi concretezza ai sogni di riscatto e di giustizia e facevano crescere le speranze.

A. Nel Fedro di Platone, tu affermi che non hai tempo da perdere per rendere verosimili i miti.

S. Da quello che abbiamo detto, non serve renderli verosimili perché questo non elimina il loro significato più profondo.

A. Suggerisci almeno un modo per capire meglio la formazione dei nuovi e virtuosi miti.

Conosci te stesso. Dovete tutti impegnarvi di più a conoscere voi stessi, ma questo è possibile solo se, come si è già detto, entrate nello spirito dell’altro e viceversa. Se vi meticciate tutti e sempre di più tramite il dialogo. Ed è questo il modo  per formare anche tanti nuovi Mandela, Rosa Parks e Martin Luther King. Ricorda: il dialogo è contagioso ed è un atto profondamente politico: capendo gli altri, conosci te stesso e la città e i suoi problemi. Rammenta: ognuno di voi è plurale perché composto da miriadi di identità frutto del processo dei propri atti, che vivono, si nutrono e crescono nel dialogo con le altre pluralità viventi. E tutti siete intrisi di voglia d’amore, anche se non sembra. Il dialogo è la chiave per capirlo e produrne sempre di più, di amore.

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