Una campagna di pressione alle banche armate
17 Giugno 2025[red]
Davanti ad una sempre più preoccupante situazione internazionale, dove continua la devastante guerra in Ucraina, il genocidio della popolazione palestinese a Gaza, il massacro nascosto del Sudan e dell’Africa centrale, non possiamo chiudere gli occhi.
La campagna di pressione alle banche armate, promossa nel 2000 dalle riviste Missione Oggi, Mosaico di pace e Nigrizia, aveva lo scopo di favorire il controllo attivo dei cittadini sulle operazioni di finanziamento all’industria militare e al commercio di armi. Pubblichiamo la nota del Comitato sardo Campagna Banche Armate.
Le guerre, oltre ad essere un’inutile carneficina, portano all’instaurarsi di governi totalitari ed all’annullamento delle libertà democratiche, all’impoverimento della popolazione e solo all’arricchimento sfrenato delle industrie che sfornano armi, tank, missili, bombe, droni-killer e tutte le tecnologie atte ad usarli.
Il riarmo europeo rientra nella follia globale di una nuova corsa agli armamenti. Ma quale riarmo? I paesi europei non sono mai stati disarmati, anzi già da anni le loro spese militari, sommate insieme, risultavano seconde solo alla macchina da guerra del Pentagono. Si parla di incrementare una spesa già molto rilevante che, in un’epoca di cambiamenti climatici e catastrofi ambientali, meriterebbe ben altro utilizzo.
Solo una forte spinta verso il disarmo potrà evitare all’umanità di cacciarsi nel vicolo cieco di una nuova guerra mondiale. Le guerre sono alimentate dall’industria delle armi, che utilizza le banche per le proprie transazioni economico-finanziarie. Ma se per i cittadini è assai difficile raggiungere direttamente i fabbricanti di armi, possono però tentare di arrivare alle banche.
Da qui nasce l’idea di rilanciare la Campagna di pressione alle banche armate. Ogni persona ha a che fare con le banche, non fosse altro perché i pagamenti di pensioni, stipendi, compensi nel settore pubblico e, in parte, anche in quello privato, passano obbligatoriamente attraverso gli istituti di credito. E poiché ad una banca ci dobbiamo forzatamente affidare, vogliamo almeno che la banca sulla quale riceviamo lo stipendio o la pensione, col cui bancomat facciamo la spesa, non abbia fra i suoi clienti e non faccia operazioni con produttori o mercanti di armi.
Il Comitato Sardo Campagna Banche Armate, dopo un attento studio, coadiuvato anche dai massimi esperti in materia, ha avviato un’interlocuzione con tre banche, due rilevanti nell’ambito dell’isola, il Banco di Sardegna-BPER e Poste Italiane; la terza, Banca Valsabbina, nel bresciano, la banca cui si è affidata l’industria bellica RWM per le sue operazioni sul mercato.
Da Banca Valsabbina, nessuna risposta in quasi due mesi, nonostante un sollecito: il che la dice lunga sul suo reale interesse di interloquire con la società civile. Con Poste Italiane l’interlocuzione sta andando avanti, mentre con il Banco di Sardegna- BPER la comunicazione si è interrotta con il rifiuto della banca di chiarire gli aspetti del suo coinvolgimento con l’industria bellica.
Ci sembra arrivato il momento di dare spessore a questa mobilitazione, nata in Sardegna, ma che vuole essere d’esempio per altri territori. Vogliamo banche disarmate, che facciano a meno dei denari di aziende che forniscono ordigni bellici o apparecchi d’ intelligence militare, per diversi motivi.
Ci ripugna la guerra come ignobile ed inutile strage, compiuta e subita da persone che appartengono alla stessa specie biologica e che muoiono per gli interessi dei loro governanti.
Le condizioni economiche della popolazione vengono ulteriormente impoverite sottraendo risorse alla sanità, alla scuola, alla cultura, ai servizi sociali, per dare spazio alle armi. In caso di guerra conclamata, è la popolazione civile a subire le peggiori conseguenze dei bombardamenti e dovrà sfollare dalle città o finire sepolta sotto le macerie.
Le conseguenze sociali sono altrettanto orribili. Vengono erose le libertà fondamentali: la libertà di opinione, di associazione, la libertà di stampa e quella di circolazione vengono ogni giorno messe a dura prova. In uno stato di guerra, ogni dissenso viene criminalizzato, ammutolito, estirpato.
Dobbiamo provare a fermare la macchina della guerra, a partire dai soldi che le servono e dai servizi che le vengono erogati. Diventa fondamentale fare pressione sulle banche e ciascuna persona può farlo, completando e spedendo la lettera alla propria banca.
Stiamo compiendo un’azione nonviolenta di consumo critico e di risparmio responsabile, per contribuire ad un futuro di pace e di giustizia sociale.