Una lettera aperta sulla proposta di Piano di Azione Nazionale per la Salute Mentale
3 Agosto 2025[red]
Una lettera aperta al Ministro della Salute Orazio Schillaci, al presidente della Conferenza delle Regioni e Province Autonome Massimiliano Fedriga e al presidente Anci Gaetano Manfredi sulla proposta del piano di azione nazionale per la salute mentale.
Basta parole. Servono accoglienza, servizi, diritti. Il Coordinamento Nazionale per la Salute Mentale che raccoglie associazioni, operatori, persone con esperienza di sofferenza psichica e persone impegnate nella difesa dei diritti e le Associazioni firmatarie, con questa lettera aperta prendono posizione con preoccupazione e delusione di fronte alla bozza del nuovo Piano Nazionale di Azioni per la Salute Mentale (link: bozza PANSM 2025-2030), recentemente diffusa dal Ministero della Salute.
Dopo anni di attese (13 dal piano precedente), dopo che il Ministro aveva proceduto nell’aprile 2023 a nominare un nuovo Tavolo Tecnico Nazionale per supportare le linee di politica sanitaria che intendeva perseguire, e dopo promesse in direzione dei diritti, sembra invece che tutto torni indietro.
Il documento è ponderoso: cento pagine, esperti, docenti, direttori di DSM e rappresentanti delle istituzioni, sono stati coinvolti per produrre un documento purtroppo legato saldamente ad una vecchia visione della psichiatria.
Il piano elenca problemi noti, esibisce saperi accademici e metriche anglofone, ma ignora i nodi reali che ogni giorno vivono le persone, le famiglie e gli operatori nei servizi: la cronica scarsità di risorse, l’assenza di personale, il deterioramento strutturale dei servizi territoriali, la frammentazione delle reti di cura, la presenza di pratiche irrispettose dei diritti personali (come la contenzione). Nessun incremento delle risorse è previsto. Nessun investimento reale in personale, accoglienza e progettualità. Nessuna assunzione di responsabilità verso chi la salute mentale la pratica sul campo.
Al contrario, la bozza del PANSM – al di là di alcuni richiami a principi condivisibili nella parte introduttiva ma non declinati poi in impegni concreti – amplifica il peso della componente biomedica, cancellando di fatto ogni tensione autentica verso un modello fondato sui determinanti sociali di salute.
Ancora più grave è la centralità data alla dimensione securitaria. Il piano dedica attenzione sproporzionata al rapporto tra salute mentale e giustizia, alla gestione del rischio, alla presunta pericolosità dei pazienti. Il linguaggio, i riferimenti, la logica sottostante richiamano pregiudizi antichi: quello del “folle pericoloso”, dell’autore di reato come autentico “paziente psichiatrico”, figura da contenere, separare, sorvegliare. Una visione che non solo confligge con la legge 180 e con la cultura dei diritti, ma che riporta l’attenzione su soluzioni reclusive, repressive, ospedalo-centriche, oggi rilanciate da più fronti, anche legislativi.
Che rapporto c’è tra questa proposta e il disegno di legge Zaffini, se non una comune visione della psichiatria come contigua all’ordine pubblico, anziché come terreno di cura, convivenza e costruzione comunitaria?
La prima grande omissione di questo piano è proprio dimenticare che la vera violenza, oggi, è quella istituzionale: fatta di pratiche di contenzione, abbandono, solitudine operativa, impoverimento culturale e progressiva distanza dai bisogni reali. È questa la violenza che distrugge ogni giorno la possibilità stessa di curare.
Partendo da questo, un Piano nazionale dovrebbe in primo luogo proporre azioni concrete di potenziamento e di integrazione delle esperienze che hanno dimostrato di essere in grado di prendersi cura delle sofferenze delle persone, delle famiglie e della comunità. Dovrebbe affrontare il nodo degli organici carenti, garantire accesso universale ai percorsi di cura, tutelare la soggettività di chi soffre e valorizzare le esperienze di guarigione, parola sostanzialmente abolita dal discorso psichiatrico.
Invece, ancora una volta, si torna a evocare il paradigma dell’Altro da temere: l’inguaribile, l’irrecuperabile, il deviante da contenere.
La sofferenza psichica esiste. Ma è la risposta che oggi manca e continua a mancare, nonostante le tante pagine di bibliografia – peraltro datata – che si vogliono esibire.
Al Ministro della Salute, titolare della proposta, chiediamo di aprire un confronto con le organizzazioni professionali, sindacali e della società civile, in specie chi rappresenta le persone e i loro familiari che vivono la sofferenza mentale e gli operatori dei servizi. Si tratta di persone e organizzazioni che nella II Conferenza nazionale autogestita per la Salute Mentale (6 – 7 dicembre 2024) si sono espresse con chiarezza, avanzando proposte e disponibilità al dialogo (Dichiarazione conclusiva Conferenza SM 2024), al momento ignorate dal Ministro.
Alla Conferenza delle Regioni e all’ANCI chiediamo analogo confronto per ricercare insieme risposte all’altezza alla domanda di salute e di cure che migliaia di persone, di ogni età, esprimono ogni giorno.
firme al 2 agosto 2025: Coordinamento nazionale per la Salute Mentale, UNASAM Unione Nazionale Associazioni Salute Mentale; SIEP Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica; ConF.Basaglia; Archivio Basaglia, Psichiatria Democratica; Forum Disuguaglianze Diversità; Comunità di Sant’Egidio; stopopg; Ass. Franca e Franco Basaglia; Ass. Salute Diritto Fondamentale; Lisbon Institute of Global Mental Health; La Società della Ragione; Ass. Antigone; SOS Sanità; Cipes Centro d’Iniziativa Promozione della Salute e l’Educazione Sanitaria; Festival dei Matti; …