Carestia a Gaza. Intervista a Claudia Penzavecchia

23 Settembre 2025

[Valter Canavese]

Febbraio 2025, la situazione a Gaza è già drammatica, intrisa di morti, di bombardamenti indiscriminati, di strutture sanitarie al collasso. In un incontro organizzato a Cagliari dal Comitato Sardo per la Palestina e l’Associazione Sardegna Palestina avviene la narrazione di uno scenario senza possibilità di scampo, la salute negata a Gaza e la carestia.

Claudia Penzavecchia, divulgatrice e professoressa a contratto di Fisiologia della nutrizione all’interno del Corso di Laurea in Dietistica all’ASL di Rieti sotto l’università La Sapienza, snocciola i dati, spiega gli effetti di un livello di sottonutrizione costante. A Gaza si soffriva di malnutrizione ben prima del 7 ottobre 2023, e si muore per fame anche prima che si possa dichiarare la carestia. Anzi, quando si annuncia la carestia, è già troppo tardi. Si muore di fame e per carenza di acqua, i pozzi vengono fatti saltare, le falde sono inquinate dai residui dei colpi, come l’aria. A Gaza si muore e, soprattutto, non si deve vivere. Sei mesi dopo arriva il rapporto dell’Ipc, l’istituto che relaziona sulla classificazione Integrata delle fasi della insicurezza alimentare e che certifica che a Gaza c’è la carestia. In questi mesi, la dottoressa Penzavecchia ha continuato a denunciare la gravità della situazione. Le abbiamo posto alcune domande.

Sei mesi dopo il suo intervento a Cagliari, quanto si è aggravata la situazione?

La situazione si è aggravata da allora in modo inenarrabile, perché Israele ha completamente interrotto l’accesso di qualunque tipo di prodotto alimentare a marzo e aprile, facendo precipitare una situazione già estremamente compromessa. Se questo non bastasse, secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, inoltre, sono state ha registrate oltre 2.146 morti nelle vicinanze dei siti gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), un’organizzazione sostenuta dagli Stati Uniti e da Israele, e lungo le rotte dei convogli. Di fatto Israele e Stati Uniti hanno approfittato della situazione di disperazione e di fame dei gazawi (causate da Israele) per attirarli in trappole mortali. Il fatto che la situazione stia peggiorando di giorno in giorno, del resto, non ci può stupire: dopo due anni di attacchi incessanti da parte di Israele, le famiglie della Striscia di Gaza hanno finito da tempo tutto quello che avevano accumulato e messo da parte, e mentre inizialmente gli adulti proteggevano la salute dei più piccoli dando il loro cibo e attingendo alle proprie riserve di grasso e muscoli, ora qualunque riserva è ormai esaurita.

Al 15 agosto, il tasso di mortalità medio mobile a 5 giorni era di sei decessi al giorno. Tuttavia, per una serie di ragioni, è probabile che questi rapporti rilevino solo una frazione del vero bilancio della mortalità correlata alla malnutrizione, è lo stesso Istituto autore del rapporto che ammette quanto questi dati siano estremamente sottostimati. Per quello che sono i suoi studi quanto va oltre questa rappresentazione dalla situazione reale?

Considerato che il sistema sanitario e di monitoraggio è già collassato da tempo, non possiamo essere sicuri del vero bilancio di mortalità correlata alla malnutrizione, come non sappiamo il vero bilancio di morti in generale nella Striscia di Gaza. Possiamo solo fare stime, e sono sicuramente al ribasso. Secondo la prestigiosa rivista scientifica The Lancet, il numero potrebbe essere sottostimato di più del 40%. Oltre a non avere dati certi della situazione attuale, sappiamo anche che la malnutrizione acuta può peggiorare in brevissimo tempo, e questo sicuramente ci fa dire che anche se avessimo dati precisi, questi potrebbero cambiare e peggiorare di giorno in giorno. Più le persone sono malnutrite, più sono vulnerabili a malattie e resistenti alla guarigione, e così si crea un circolo vizioso devastante che rende maggiormente propensi alla malnutrizione.

Nel suo intervento poneva in evidenza un ulteriore problema legato ad un ipotetico e non prevedibile ripristino di condizioni normali di alimentazione.

Il recupero di una situazione di malnutrizione, quindi la rialimentazione, deve avvenire per gradi e secondo criteri precisi, non può esser fatta in modo casuale o “a sentimento”. Esistono delle linee guida, infatti, per evitare la “refeeding syndrome” o sindrome da rialimentazione. Questo è un disturbo metabolico dovuto ad un rapido cambiamento nell’equilibrio elettrolitico, derivato da una rialimentazione scorretta. Il corpo, infatti, in qualche modo e per qualche tempo si “abitua” alla malnutrizione, si adatta, e lo fa rallentando una serie di funzioni. L’arrivo improvviso di elementi come vitamine ed elettroliti può causare problemi polmonari e cardiaci, ed eventualmente condurre anche alla morte. Per questo motivo la malnutrizione a Gaza non può essere trattata da personale non medico e non formato, e non può essere risolta semplicemente inviando aiuti alimentari senza che questi vengano consegnati secondo un criterio scientifico.

La carestia porta con sé una serie di danni che vanno molto oltre gli effetti diretti. Quali sono le conseguenze?

Le conseguenze sono non solo nell’immediato, ma anche a lungo termine e sulle generazioni a venire. La malnutrizione è un continuum che si passa dalla madre al figlio, e poi dal figlio all’adulto del futuro in un circolo vizioso. Nei primi due anni di vita e durante la pubertà si pongono le basi per la salute dell’adulto del futuro, e se ci sono interferenze nella crescita (come può essere la malnutrizione e patologie varie) non si raggiunge il pieno potenziale genetico e si rischiano sia problemi di salute in età adulta, sia problemi nell’immediato come insufficiente risposta immunitaria e ritardi nello sviluppo mentale. I bambini in particolare bisogna pensare che sono molto vulnerabili alle carenze nutrizionali perché hanno delle riserve limitate e un fabbisogno molto alto.

Un/a bambino/a che si trova in condizioni di malnutrizione sarà esposto/a ad un rischio aumentato di soffrire di malattie non comunicabili come diabete o malattie cardiocerebrovascolati da adulto. Questo va ad inficiare non solo la vita del singolo, ma quella dell’intera comunità palestinese del futuro. Mi sembra palese che l’intento di Israele sia quello di sterminare l’intera popolazione gazawa e palestinese per sempre, senza lasciarne traccia e senza lasciare alcuna possibilità di rialzarsi.

 Per riportare ad una imprevedibile condizione di normalità la devastante assenza di livelli nutrizionali a Gaza cosa occorrerebbe in termini di tempo e di azioni?

Per ottenere un impatto duraturo prima di tutto bisogna fermare Israele. Finché non si impedisce ad Israele di portare avanti il proprio piano genocidiario e colonialista, non si potrà avere nessuna reale possibilità. L’azione deve andare oltre i soccorsi a breve termine e rompere il ciclo di accesso di cibo e cure intermittenti. Tutto il resto a mio parere viene dopo. Solo una volta fatto questo si può pensare a come rimettersi in piedi: occorrerebbe subito una distribuzione di alimenti “di emergenza” (cibo ad alto contenuto calorico e proteico, alimenti fortificati, interventi personalizzati dal punto di vista nutrizionale portati avanti da personale specializzato) che raggiunga tutta la Striscia di Gaza, anche le comunità al Nord che sono rimaste più isolate. Occorre poi dare un sostegno rapido ad agricoltori e pescatori per ricostruire le risorse distrutte, distribuendo kit di sementi, pompe di irrigazione solari, serre, barche, bestiame. Occorre una risposta psicosociale per ricostruire la routine e sviluppare di nuovo comportamenti alimentari sani, perché la salute mentale va riconosciuta come fattore chiave che influenza anche lo stato nutrizionale. E questo solo sul breve termine, perché sul lungo termine c’è da fare molto di più.

Quale dovrebbe essere un aiuto concreto da parte delle nostre autorità?

Mi ripeto dicendo che tutto questo non ha nessun senso se non si ferma Israele. Finché permettiamo a Israele di bloccare quando e come vuole l’accesso di ogni bene all’interno della Striscia di Gaza, nessun aiuto sarà mai realmente concreto. Detto questo, sarebbe già tanto se gli aiuti sbandierati fossero effettivamente arrivati nella Striscia, ma dall’inchiesta di Altreconomia di febbraio 2025 sappiamo bene che non è così. Il nostro Paese ha un potere enorme di fermare Israele tramite sanzioni e boicottaggio, ma non lo fa. Tutto il resto sono gocce nel mare.

Quali sono gli effetti dell’attacco alla salute dei palestinesi attraverso la distruzione dei presidi sanitari?

Insieme al massacro dei giornalisti a Gaza, Israele fin da subito ha attaccato le strutture sanitarie della Striscia per avere la certezza di distruggere la popolazione senza possibilità di scampo. Uccidere gli operatori sanitari, distruggere ospedali e cliniche, impedire il rifornimento del carburante per gli ospedali e attaccare le ambulanze. Tutto questo ha il preciso obiettivo di aumentare il diffondersi di patologie e infezioni, la mortalità, la sofferenza. In un contesto simile non è possibile partorire in modo sicuro, subire interventi chirurgici, ricostruire arti, curare le ferite causate dagli attacchi della stessa potenza sionista. Condizioni solitamente risolvibili con poco, come una gastroenterite, diventano così mortali. Una volta distrutto l’impianto sanitario di un Paese, come è stato fatto da Israele, compiere un genocidio è un gioco da ragazzi.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI