Perché non abbiamo bisogno di commissari della militanza con la kefiyah

30 Novembre 2025

[Roberto Loddo]

La stampa è nemica di coloro che vogliono silenziare il dissenso e la ricerca della verità. È nemica dei regimi autoritari, dal marzo 2022 in Russia è impossibile fare informazione a causa dei procedimenti penali contro giornalisti e blogger che osano parlare della guerra in Ucraina, criticano le forze armate e informano sulla repressione dei movimenti transfemministi e LGBTQ+.

E certamente, la stampa libera è nemica dei fascisti. Gli assalti alle redazioni vengono fatti dai fascisti. Ricordo, come se fosse ieri, qualche giorno prima del Natale del 2000, la bomba che esplodeva a mezzogiorno e otto minuti sulla porta della redazione del manifesto a Roma. Era una bomba fascista.

L’attentatore era rimasto ferito nell’esplosione ed era stato soccorso dai giornalisti e dalle giornaliste del manifesto. Se il fascista, militante di Forza Nuova e Militia Christi, fosse riuscito a far esplodere la sua bomba prima del previsto, avrebbe potuto compiere una strage.

Ricordo che nelle stesse ore dallo scoppio della bomba, tutto il mondo democratico, dalla politica ai sindacati, sostenne la redazione del manifesto chiedendo la messa al bando dei movimenti fascisti e condannando lo sdoganamento dell’estrema destra, che proprio in quei mesi riapparve nelle stanze dei bottoni con Haider al governo dell’Austria.

Ha ragione il deputato di Avs, Marco Grimaldi sull’assalto a La Stampa: “Chi ripudia la guerra, schifa la mafia e il terrorismo, non può intimidire i giornalisti”. Penso, come ha dichiarato Grimaldi, che quei ragazzi e quelle ragazze che hanno partecipato a quell’azione punitiva “non dovrebbero fare il gioco di chi aspetta solo atti sconsiderati per screditare e reprimere ogni forma mobilitazione”.

Fare un passo indietro e “chiedere scusa” è una scelta saggia. Perché non ha nessun senso usare violenza e intimidazione contro chi ogni giorno cerca di raccontare la complessità del mondo e proprio nel giorno dello sciopero nazionale dei giornalisti. Tra l’altro ottenendo l’effetto boomerang di sotterrare mediaticamente le grandi manifestazioni per lo sciopero generale e togliere spazio al genocidio in corso a Gaza.

La mia preoccupazione è che ci possa essere un’escalation di azioni, direttamente proporzionale al livello di violenza e repressione. Credo che il mondo democratico, ogni organizzazione che immagina un’alternativa a questa società, dovrebbe farsi carico di mettere la parola fine a questo progressivo fuoco amico e decadimento di umanità contro la nostra gente.

L’idea che tra i movimenti giovanili antagonisti ci possa pure essere chi si fa carico di fare “la polizia della militanza con la kefiyah” attraverso azioni “da branco” sanzionatorie, squadriste e punitive coordinate su Instagram contro altre organizzazioni democratiche e addirittura redazioni dei giornali è inaccettabile, disgustosa e aberrante.

Non fa parte della cultura politica di chi lotta per cambiare il mondo l’utilizzo del linguaggio dell’odio per ottenere ragione attraverso la sopraffazione dell’altro.

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