Asinara, un disastro ambientale condiviso

16 Gennaio 2011

asinara

Red

Il gravissimo disastro ambientale causato dalla E.On di Fiumesanto, diciotto chilometri di costa del Golfo dell’Asinara pesantemente inquinati, non nasce a caso. Come una strana maledizione l’interlocutore volta per volta cambia, con l’inquinante: petrolchimico, orimulsion, carbone, ma l’aggressione al territorio rimane immutata.
E’ da decenni che nell’area di Porto Torres, con un meccanismo ricattatorio non poi così dissimile da quello di Marchionne, la salute, ambiente e diritti vengono barattati con il posto di lavoro: da noi però non c’è stata neppure la FIOM di Pomigliano d’Arco o Mirafiori, perché l’unità sindacale è stata piena…
La responsabilità dell’industria appare evidente. Ma non sono solamente mancati i controlli degli inquinatori, che ci auguriamo vengano perseguiti per legge per i loro delitti, quanto la più generale convinzione sulla tutela del territorio. Responsabilità più ampie che stanno nella stessa poco convinta adesione di tutta la politica al Parco Nazionale dell’Asinara come vero e attivo presidio del cosiddetto sviluppo sostenibile attraverso la sua tutela integrale.
E’ quindi mancata la condivisione di sistemi di tutela e valorizzazione ambientale che potevano vedere –ci auguriamo di non parlare più o ancora al ‘passato’ – nel Parco Nazionale dell’Asinara il nucleo portante di un diverso modello sociale ed economico. Ciò ha reso il territorio ancora più debole. Ha spianato la strada all’inquinamento anche perché sono mancati difensori attenti e convinti nei palazzi della politica.
Certo il modello dei parchi nazionali, pur necessitante di maggiori poteri per le comunità locali, non è stato amato neppure dalla giunta precedente: quello dell’Asinara è stato pesantemente attaccato, o sottoposto a malcelati progetti edificatori, che hanno attraversato tutti gli schieramenti politici delle scorse lezioni per il sindaco di Porto Torres. Ogni tanto, anche di recente e con illustri nomi, viene incensata la lungimiranza ambientale di Renato Soru: celebrazioni paradossali, che avvengono con grande risalto mentre il Golfo dell’Asinara e l’area vasta del Parco viene massacrato dagli idrocarburi.
Ma dobbiamo ammettere con evidenza che siamo caduti dalla padella alla brace. Ugo Cappellacci, dopo il disastro, ha detto che è ora di puntare sulla green economy: dopo l’azione virtuosa sui parchi eolici amati da Denis Verdini e Flavio Carboni, e la sua personale azione manageriale nella Sardinian Gold Mining della miniera d’oro di Furtei, chi può dubitare che le garanzie di sicurezza ci siano proprio tutte?
Ben vengano ora le proteste, l’immediato risanamento del territorio e le necessarie azioni civili – sui stanno formando diversi comitati – contro gli inquinatori. Ma necessita una messa in discussione radicale dell’attuale modello di sviluppo e della produzione di energia pulita, assieme mad un ripensamento profondo del modello delle privatizzazioni, almeno in campi così delicati, così legati ai beni comuni.

2 Commenti a “Asinara, un disastro ambientale condiviso”

  1. Patrizia Giorgi scrive:

    Sino a che alle aziende conviene inquinare lo faranno, solo se si comiciasse a fare multe milionarie per danni e confische sui beni personali dei proprietari o soci di aziende che inquinano, si arriverebbe a qualche diminuazione di sostanze tossiche – inquinano distruggono e poi per le bonifiche tocca pagare con soldi pubblici, sino a quando sarà cosi ci sarà ben poco da sperare

  2. Luca Petretto scrive:

    I soldi fanno girare il mondo, gli interessi delle multinazionali ispirano le attività di tutte le assemblee elettive.
    Il comune cittadino, quello che si fa un grugno così per arrivare alla fine del mese, non conta niente.

    Poi quando succedono cose come questa le notizie girano frammentarie, a volte si ingrossano troppo, a volte le si ridimensiona appositamente.

    Se ci fosse maggiore trasparenza e venissero applicati DAVVERO seri controlli, non saremmo mai o quasi mai in questi casini.

    W la Sardegna

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