Cancellare la memoria a Gaza

24 Settembre 2025

[Alfonso Stiglitz]

«Una terra senza un popolo per un popolo senza terra» è lo slogan ottocentesco, di matrice sionista-cristiana, che fu ben accolto e fatto proprio dai sionisti-ebrei, giusto per la precisione, non tutti i sionisti sono ebrei né tutti gli ebrei sono sionisti.

Lo slogan, infatti, trova la sua giustificazione mitopoietica nel ritorno degli ebrei dall’esilio babilonese. Questo gruppo, ideologicamente motivato, fu colpito dallo scoprire che quelle terre lasciate forzatamente fossero regolarmente popolate, in maniera consistente soprattutto nella fascia costiera. In realtà, infatti, solo una parte della popolazione, fondamentalmente l’élite, era stata esiliata dai babilonesi, mentre il resto della popolazione era rimasta sul posto, assieme ad altre entità culturali, di origine cananea, filistea e altri. L’impatto con la realtà fu risolto in parte con la violenza e in parte con la narrazione fittizia dello sterminio totale degli altri.

Fu il momento della riscrittura dei testi biblici dall’Esodo dall’Egitto, all’epopea della conquista della Terra Promessa, in particolare il ruolo di Giosuè (condottiero per gli ebrei, santo per i cristiani e profeta per i musulmani) e della sua furia distruttrice, conquistatrice della terra affidata alla sua gente da Dio, epopea integralmente inventata come dimostrato dalle ricerche archeologiche, quelle scientifiche. Non è un caso, quindi, se tutta la narrativa del governo israeliano, e non solo, sia di tipo messianico con l’aggiunta di una matrice decisamente più contemporanea di stampo Trumpiano mercantilista, e che l’offensiva criminale a Gaza abbia assunto il nome biblico de «i carri di Gedeone» (massacratore dei Madianiti, popolazione di origine araba of course).

A Gaza si aggiunge un tassello in più, che la differenzia dalle operazioni portate avanti nella Cisgiordania. Gaza era la patria dei Filistei, nemici storici di Israele biblico e di cui i Palestinesi portano oggi il nome (anche se non c’è legame diretto tra i due popoli). Gaza city era città cananea, prima e filistea, poi. Fa parte di quei popoli che messianicamente furono sterminati dagli israeliti, storia in buona parte inventata, e che oggi devono di nuovo essere eliminati per completare il ritorno. Questo significa che la distruzione e la cancellazione della memoria deve riguardare non solo le persone fisiche, ormai centinaia di migliaia i morti e i deportati, ma anche e, per certi versi soprattutto, la loro memoria attuale e passata.

A partire da quella archeologica, e qui la differenza con quello che avviene in Cisgiordania è chiara. Quest’ultima, infatti, è biblicamente identificata con la Giudea e Samaria; per l’ideologia e la politica sioniste (ebrea e cristiana), la memoria precedente le fasi cristiane e islamiche va preservata, assimilata, acquisita, reinterpretata. Lo mostra l’esempio del Monte Ebal in Cisgiordania, con il ‘rinvenimento’ di un presunto ‘altare di Giosuè’, utile per annettere quel territorio, mentre le fasi cristiane e islamiche possono anche essere cancellate: il caso del villaggio cristiano di Taybeh, distrutto dai coloni è solo uno degli esempi. Prima che alziate il dito per obiettare su quest’ultimo aspetto: i sionisti-cristiani appartengono alla destra messianica evangelica americana, indifferente alle tracce cattoliche e ortodosse.  

A Gaza, invece, si propende per la distruzione radicale tout court. Ciò significa che tutte le aree archeologiche e storico-artistiche vengono sistematicamente distrutte: siti cananei, filistei, moschee, chiese e tanto altro, compreso chi quei siti studiava e preservava: le università di Gaza non esistono più e, temo, buona parte dei docenti e degli studenti.

L’ultimo caso, eclatante per la sua forza dimostrativa, è quello dell’École biblique et archéologique française de Jérusalem, prestigiosa istituzione francese fondata dai domenicani nel 1890 e che dal 1997 svolge ricerche e studi nella Striscia grazie a un accordo tra la Francia e l’Autorità palestinese. Quindi un’istituzione cristiana cattolica. In questi anni la sede dell’École a Gaza city è stata oggetto di diversi bombardamenti da parte dell’aviazione israeliana e di tentativi di trasferimento delle collezioni archeologiche a Gerusalemme, da parte delle autorità archeologiche israeliane come consueto esproprio coloniale giustificato con la tutela dell’archeologia. Di recente è arrivato un drastico ordine di evacuazione dalla sede di Gaza di tutti i reperti, vista l’immediata distruzione dei locali.  Ordine difficilmente eseguibile per la grande quantità dei reperti e per le difficoltà (eufemismo) logistiche e umane in una zona oggetto di continui bombardamenti a tappeto dal cielo e da terra. A oggi non è chiaro quanta parte del ricco patrimonio archeologico sia stato messo in salvo e a quale prezzo umano.

Perché parlare di archeologia davanti a una carneficina di vite umane? Perché l’archeologia è una delle armi dello sterminio, ne fornisce le basi ideologiche.

La distruzione dei siti e delle istituzioni cristiane, cattoliche e ortodosse, a Gaza è un caso eclatante, minore rispetto alle altre distruzioni ma importante perché svela l’intento dello Stato di Israele, ormai esplicitamente volto alla pulizia etnica di chiunque non risponda ai criteri razzisti che si è dato. L’École Biblique non è emanazione di Hamas, non ospita terroristi o attività terroristiche, non è e non pratica l’antisemitismo (qualsiasi significato vogliate dara a questa parola). Semplicemente con la sua attività scientifica mostra la complessità culturale, storica e umana di quell’area e ne conserva la memoria. Questo è molto pericoloso per i messianici di qualsiasi religione.

Per altri versi, la distruzione di tutti i siti archeologici di Gaza, di qualsiasi epoca e cultura, chiama in causa molti (troppi) nostri storici/archeologi ammaliati dalla narrazione della terra senza popolo, slogan di un sionismo mitopietico molto in voga a sinistra. Colleghi che lentamente, molto lentamente, cercano di ripulirsi la coscienza con appelli tardivi, cauti e, sostanzialmente, pavidi.

Per saperne di più:

Notizie sul disperato tentativo di salvataggio dell’Ecole biblique di Gaza

Nn articolo di Valentina Porcheddu sul Manifesto

Un utile quadro generale delle distruzioni a Gaza nella pagina Wikipedia

Per un inventario del patrimonio distrutto a Gaza

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