Concentrazione della ricchezza e crescita della disuguaglianza economica

16 Febbraio 2020

Disuguaglianze e capitalismo, foto di Marco Poggioli

[Gianfranco Sabattini]

La disuguaglianza economica nel mondo non cessa di crescere; si tratta di un fenomeno di natura complessa di difficile misurazione; tra l’altro, la scelta degli indicatori ai quali tradizionalmente si fa ricorso per stimarne la dimensione non sono neutrali, per cui il loro impiego acritico può avere notevoli effetti distorcenti sul piano conoscitivo. Per questi motivi, la disuguale distribuzione del reddito e della ricchezza, sia all’interno dei singoli Paesi che tra essi, è oggetto di serie preoccupazioni di tutti i governi; ciò perché ogni cambiamento dei livelli di disuguaglianza economica comporta profonde conseguenze sulla vita dei popoli, toccando le consolidate percezioni di giustizia e di equità distributiva.

Il World Wealth and Income Database (noto anche come WID.world) è un archivio informatico in cui le informazioni sul fenomeno della disuguaglianza economica sono organizzate e rese omogenee, oltre che per ragioni puramente conoscitive, anche per la formulazione delle politiche distributive più convenienti. Il WID.world è il risultato di uno sforzo internazionale sorretto dal lavoro di molti ricercatori, quali Lucas Chancel, Thomas Piketty, Emmanuel Saez e Gabriel Zucman; essi hanno redatto, coordinati da Facundo Alvaredo, il “Rapporto sulle disuguaglianza nel mondo 2018”.

Con la pubblicazione del “Rapporto”, i ricercatori non si prefiggono lo scopo di “mettere tutti d’accorso sulle disuguaglianza economica”, perché, secondo loro, un tale obiettivo non potrà mai essere perseguito, “per la semplice ragione che non esiste un’unica verità scientifica sul livello ideale di disuguaglianza economica”. Tuttavia, confidando che sia possibile trovare una convergenza di opinioni almeno sugli aspetti politici di maggior rilievo della disuguaglianza economica, col loro lavoro i ricercatori intendono perseguire come obiettivo immediato la raccolta di una nuova serie di dati per documentare alcune nuove recenti tendenze, a livello globale, dell’ineguale distribuzione del reddito e della ricchezza.

In primo luogo, nel “Rapporto 2018”, sulla base di nuove fonti di dati disponibili, vengono analizzate in modo più accurato anche le tendenze in atto nei Paesi emergenti, superando in tal modo i deficit degli studi sulla disuguaglianza limitati ai Paesi sviluppati dell’Europa, dell’America settentrionale e del Giappone. In secondo luogo, viene documentata l’intera distribuzione dei redditi, dalle fasce più basse a quelle più alte dei percettori, evitando che la maggior parte delle serie di dati sulla disuguaglianza economica sia limitata, come è accaduto sino a poco tempo fa, alle fasce alte di concentrazione del reddito. In terzo luogo, nel “Rapporto 2018” viene analizzata l’evoluzione della ricchezza patrimoniale; anche in questo caso ovviando alla debolezza dei dati sulla disuguaglianza economica limitati alla sola distribuzione dei redditi. Su questo punto, i ricercatori del WID.world sono consapevoli che la loro capacità di misurare la distribuzione della ricchezza è limitata e che le fonti di dati a disposizione non sempre sono coerenti, ma credono che, “combinando queste fonti in modo ragionevole” sia possibile contribuire a un dibattito pubblico meglio informato. Infine, il “Rapporto” riporta nuovi risultati di ricerca “su come è cambiata la struttura del capitale pubblico rispetto al capitale privato”.

Negli ultimi decenni, l’interesse per la comprensione dell’evoluzione della disuguaglianza economica nel lungo periodo ha fatto riferimento ai redditi; essenziale a questo scopo è stato il lavoro pionieristico di Simon Kuznets (autore delle prime ricerche sulla formazione del reddito nazionale e sulla sua distribuzione), non esente però da limiti. Il rilancio dell’interesse ad una più approfondita conoscenza del fenomeno della disuguaglianza è avvenuto con la creazione del World Top Incombe Dtabase (WTID), il cui scopo era quello di consentire il facile accesso ai dati raccolti; solo nel 2015, quando il WTID è stato incorporato nel WID.world, le ricerche sono state indirizzate, da un lato, verso la misurazione, non solo delle disuguaglianza dei redditi, ma anche di quella dei patrimoni e, dall’altro, a “rilevare tutta la dinamica evolutiva del reddito e della ricchezza per tutta la piramide distributiva e non solo per il gruppo al vertice”.

Il rilancio dell’interesse per la disuguaglianza patrimoniale è avvenuto a seguito dell’accertamento che l’aumento della disuguale distribuzione dei redditi verificatosi negli ultimi decenni è dovuto al crescente peso rappresentato dai redditi da capitale (comprendenti interessi, dividendi, utili aziendali non distribuiti e i redditi da locazione). La maggioranza della popolazione non gode di forti redditi da capitale, che invece riguardano principalmente coloro che occupano le posizioni di vertice della piramide distributiva; fatto, quest’ultimo, che causa che la ricchezza aggregata cresca più rapidamente di ogni forma di reddito e che il rapporto tra ricchezza nazionale e reddito nazionale cresca più rapidamente che nel passato.

Il dibattito pubblico si concentra normalmente sulla stima del Prodotto Interno Lordo (PIL), che misura il reddito prodotto in un anno da un Paese; questo parametro, però, sia pure al netto dei costi delle materie prime e dei servizi impiegati nel processo produttivo, esprime una misura sottostimata del reddito disponibile cui si rapporta il benessere nazionale, in quanto non è al netto del costo dei beni ambientali e di quelli infrastrutturali usurati nel corso dello stesso processo produttivo. Una volta che si sottragga dal PIL il consumo del capitale fisso (ambientale e non), si ottiene il valore del Prodotto Interno Netto (PIN), che costituisce una misura più accurata del reddito nazionale disponibile di un Paese.

Le stime del PIL, ricordano i ricercatori del WID.world, hanno anche un altro importante limite rispetto alla valutazione delle disuguaglianze del reddito tra diversi Paesi. A livello nazionale, il reddito prodotto non rimane interamente a disposizione del Paese produttore, perché una parte di esso è da ricondursi ai soggetti stranieri proprietari di una certa quantità dei fattori produttivi impiegati. La parte del reddito imputabile agli operatori esteri tende di solito ad aumentare la disuguaglianza fra i diversi Paesi, invece che a ridurla; ciò perché i Paesi ricchi, rispetto a quelli poveri, possiedono di solito maggiori quantità di fattori produttivi impiegati in altre parti del mondo. A livello globale, il saldo dei flussi di redditi esteri netti dovrebbe essere nullo per definizione; accade invece che la somma dei redditi esteri netti non sia uguale a zero, per via del fatto che una quota di essi tende a “sparire” dalle statistiche economiche, essendo indirizzata verso i “paradisi fiscali”.

Per far fronte a tutte le anomalie dei PIL e dei flussi di redditi esteri netti, i ricercatori del WID.world hanno fatto largo ricorso a nuove metodologie di valutazione alternative, che hanno consentito di dare una rappresentazione più realistica della disuguaglianza economica, sia tra i vari Paesi, che al loro interno.

Uno dei principali problemi coi quali i ricercatori del WID.world si sono dovuti confrontare è stato quello di indagare su come si sono evoluti nel lungo periodo il livello e la struttura della ricchezza. Il reddito nazionale è concettualmente un “flusso” (definito come la somma dei redditi prodotti e distribuiti in un dato Paese in un dato anno); la ricchezza è invece un “fondo” (ovvero, la somma di tutti i patrimoni posseduti in un dato anno dai cittadini di uno Stato, al netto dei debiti accumulati nel passato). La conoscenza del rapporto tra ricchezza nazionale e reddito nazionale e della sua evoluzione nel tempo è importante per il controllo di un insieme di dinamiche fondamentali, di natura economica, sociale e politica; essa è importante soprattutto per conoscere l’evoluzione della ricchezza privata in rapporto a quella pubblica ed a quella nazionale complessiva. Sino a poco tempo fa era difficile conoscere queste dinamiche, a causa della carenza di informazioni attendibili: il database del WID.world offre ora la disponibilità di dati relativi a più di venti Paesi, consentendone una migliore conoscenza della struttura della ricchezza pubblica e privata, essenziale per la reimpostazione delle politiche pubbliche volte contrastare il fenomeno della dilagante disuguaglianza economica.

Complessivamente, con riferimento agli Stati Uniti, all’Europa e alla Cina, i dati raccolti consentono di affermare che la ricchezza è molto più concentrata del reddito: il 10% dei più ricchi della piramide distributiva possiede più del 70% della ricchezza totale; mentre il gruppo dell’1% dei “paperoni” della stessa piramide distributiva possedeva, nel 2017, il 33% della ricchezza totale, una percentuale che dal 1980 è aumenta del 33%. La metà più povera della popolazione è quasi nullatenente, possedendo meno del 2% della ricchezza totale; se si allarga tale fascia al 75% della popolazione, la quota di ricchezza del gruppo oscilla intorno al 10% della ricchezza totale. Tutte le informazioni che sinora è stato possibile acquisire sulla disuguaglianza economica (in termini di reddito e di ricchezza) confermano che essa tende ad aumentare attorno al vertice della piramide distributiva e che la crescita tende ad aumentare con la crescita della disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezza. Di rilievo è il fatto che, a partire dal 1980, la parte bassa della piramide distributiva dei Paesi di riferimento (Stati Uniti, Europa e Cina) ha potuto registrare un aumento della sua ricchezza in conseguenza degli alti tassi di crescita del reddito della Cina.

Il futuro di medio-lungo periodo della disuguaglianza economica (per reddito e ricchezza) sembra debba dipendere, quindi, dal futuro andamento del reddito globale, plasmato sia da forze convergenti (rapida crescita dei Paesi emergenti), sia da forze divergenti (crescente disuguaglianza all’interno dei Paesi). Secondo gli estensori del “Rapporto WID.world 2018”, allo stato attuale non è possibile dire quali di queste forze riusciranno a prevalere e se le previsioni sulla loro evoluzione saranno confermate. Gli estensori del “Rapporto”, assumendo come base di riferimento Stati Uniti, Europa occidentale e Cina, azzardano una previsione riguardante l’evoluzione della disuguaglianza globale del reddito sino al 2050, secondo tre scenari: il primo fondato sull’assunzione che il trend futuro sia simile a quello osservato a partire dal 1980 sino al 2016; il secondo e il terzo sono varianti di questo primo scenario, nel senso che il secondo assume un trend di elevata disuguaglianza, mentre il terzo ne assume uno di bassa disuguaglianza. Secondo il primo scenario, tutti Paesi seguiranno una “traiettoria” della disuguaglianza che hanno già sperimentato a partire dal 1980; il secondo scenario, ipotizza invece una traiettoria della disuguaglianza già sperimentata dagli Stati Uniti, e il terzo quella dell’Unione Europea.

Sulla base degli scenari assunti, gli estensori del “Rapporto” hanno stimato le probabili variazioni che potrebbero verificarsi nell’evoluzione delle quote di reddito del gruppo dell’1% al vertice della piramide distributiva e di quella della metà più povera della popoazione. I risultati non hanno evidenziato cambiamenti sostanziali rispetto al passato: secondo del primo scenario, la quota di reddito detenuta dalla metà più povera della popolazione nel 2050 diminuirebbe leggermente, passando dal 10% attuale a meno del 9%, mentre, al vertice della piramide distributiva dei redditi, la quota a favore dell’1% più ricco aumenterebbe dal 21% di oggi a oltre il 24%. Sulla base del secondo scenario, le disuguaglianze di reddito nel 2050 si amplificherebbero, in quanto l’1% più ricco si approprierebbe di quasi il 28% del reddito globale, lasciando alla metà più povera una quota pari al 6%, inferiore a quella del 1980. Solo col terzo scenario, la maldistribuzione del reddito globale diminuirebbe leggermente: la quota di reddito acquista dalla metà più povera passerebbe dal 10% attuale al 13% nel 2050, mentre quella del gruppo dell’1% al vertice diminuirebbe, passando dal 21% al 19% del reddito totale. In conclusione, indipendentemente dagli scenari e dalle traiettorie ipotizzate – secondo gli estensori del “Rapporto WID.world 2018” – le disuguaglianze economiche “rimarrebbero sostanziali”.

Esiste allo stato attuale, si chiedono gli estensori di tale “Rapporto”, la possibilità di attuare nel medio-lungo periodo politiche perequative idonee a realizzare sostanziali riduzioni della disuguaglianza economica? La risposta potrebbe essere positiva se si riuscisse a realizzare in tempi brevi un’anagrafe globale per l’inaugurazione di un efficace sistema fiscale e di una politica sociale volta ad incrementare l’accessibilità all’istruzione e a migliorare la rimunerazione del lavoro, entrambe finalizzate ad assicurare rilevanti perequazioni distributive. Entrambe le politiche, però, incontrano degli ostacoli: la prima, quella fiscale, a causa della diffusa evasione e dell’esistenza dei “paradisi fiscali”; la seconda, quella sociale, a causa del fatto che gli impegni assunti dai diversi governi sono sempre seguiti da esiti inferiori alle attese. Che fare allora?

La conclusione degli estensori del “Rapporto WID.world 2018” è che occorre molto altro lavoro in futuro, sia per raccogliere nuovi dati e allargare la copertura geografica delle nostre analisi della disuguaglianza, sia per fornire una più sistematica rappresentazione della disuguaglianza dei redditi e della ricchezza. A tal fine, per ora ci si deve limitare a sperare che tutti gli Stati del mondo e i loro cittadini siano propensi ad appoggiare il continuo progresso verso “la trasparenza finanziaria e la democrazia economica”, quali condizioni per migliorare le condizioni di vita dei popoli e assicurare la tenuta della coesione sociale dei sistemi sociali integrati nell’economia mondiale.

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