Cosa mi ha insegnato Luigi Pintor
21 Settembre 2025[Roberto Loddo]
Quando Marco Ligas cestinò il mio primo articolo, mi parlo di un ricordo di Luigi Pintor direttore del manifesto: “Luigi Pintor cestinava anche i miei articoli” mi disse Marco, “era molto severo con noi collaboratori perché avevamo il dovere di scrivere, non per noi stessi, ma per gli altri, per scuotere le loro coscienze e modificare l’ordine delle cose esistenti”.
Questo fu il mio primo ricordo di Luigi Pintor. Una boccata di ossigeno che mi ricorda ancora oggi da che parte posso stare. Un ricordo che non era mio, ma del nostro Marco Ligas, giornalista, attivista politico e primo direttore del manifesto sardo, online dal 2006. Un giornale comunista pubblicato per la prima volta nel biennio del 1972 e del 1973, quando il direttore era Salvatore Chessa e alla prima redazione del manifesto sardo l’assalto al cielo sembrava più vicino.
Sono da sempre convinto che siano le relazioni umane che coltiviamo a farci sentire parte di una comunità politica come quella creata da Luigi Pintor. Accogliere nelle lotte di chi cura il mondo fallito delle persone smarrite. Un mondo fallito e abitato dalle vittime sacrificali di un sistema sbagliato che vivono la sofferenza delle disuguaglianze sole, ognuna per conto suo, all’interno di una dimensione biopolitica egoista e individualista.
Leggere il manifesto, leggere Luigi Pintor e poi scrivere per il manifesto sardo, mi ha insegnato a proteggere la memoria collettiva della nostra gente, della gente prima di noi, dei nostri compagni e delle nostre compagne, che prima che io nascessi, hanno creato uno spazio di opportunità per tutti i soggetti che sono portatori di domande di conflitto, trasformazione, liberazione e cambiamento sociale. Era un po’ questo scrivere per un giornale e fare comunità politica.
Era questa l’eresia. La grave eresia di Luigi Pintor e del manifesto era quella di essere consapevoli che non ci può essere nessuna forma possibile di cambiamento sociale se nelle nostre lotte non consideriamo l’opportunità di connettere i conflitti sociali e tutte le forme di lotta di liberazione umana. Anche mettendo in discussione gli occhiali con cui leggiamo la realtà che ci circonda e il nostro linguaggio.
Oggi, sappiamo che esiste un legame tra lotte così (apparentemente) differenti perché le forme di discriminazione differenti tra loro a volte si intrecciano. La separazione delle discriminazioni in compartimenti stagni è stato il più grande errore della sinistra del ‘900. Non possiamo ripetere gli stessi errori, perché non ci può essere nessuna liberazione dell’umanità senza una connessione dei diritti civili e sociali.
Il gruppo della rivista del manifesto assunse posizioni in contrasto con la linea maggioritaria del PCI, perché la libertà, la giustizia e l’uguaglianza degli uomini e delle donne che subirono l’invasione della Cecoslovacchia da parte del Patto di Varsavia nell’agosto del 1968, erano uguali alla libertà, alla giustizia e all’uguaglianza di tutti gli uomini e le donne del mondo.
Gli eretici non sono stati quelli del manifesto. Loro hanno scelto la strada della costruzione dell’alternativa di società insieme ad una nuova soggettività politica, mentre i carri armati T-55 sovietici con le strisce d’invasione erano circondati dalla folla cecoslovacca. Il manifesto stava con quella folla e le loro urla di liberazione, dentro la portata dirompente del movimento del 1968. Gli altri del Pci, quelli che cacciarono via i nostri compagni e le nostre compagne, stavano con i carri armati.
Una medicina difficile, imprevedibile, ma coraggiosa e necessaria, quella di Luigi Pintor che scelse di mettere in discussione l’esistente per cercare risposte possibili a chi domandava una nuova comunità politica marxista, libertaria, femminista e postcoloniale che animava, insieme, le università, le fabbriche e ogni luogo del margine. Risposte possibili anche per chi sognava una nuova primavera ma stava dentro il blocco dell’ovest della dottrina Brežnev.
Gli eretici non siamo noi. Gli eretici non erano quelli del manifesto del 1968. Gli eretici sono quelli che ieri come oggi, e probabilmente anche domani, a sinistra, continuano a percorrere un percorso già conosciuto. L’eresia è quella di chi toglie opportunità di libertà e progresso ai popoli. L’eresia oggi è portata avanti da chi sceglie di non mettersi in discussione, da chi vola basso senza riconoscere e riconoscersi tra esseri incompleti e comunità in lotta.
E una sinistra che vuole rimanere ceca di fronte a chi guarda con gli occhi di chi vive le disuguaglianze di tutto il mondo è una sinistra di uomini sempre più piccoli destinata ad estinguersi.
Nella foto, 17 aprile 1972 a Roma, Luigi Pintor durante la campagna elettorale nella piazza Esedra