Cura, salute, pace e diritti umani
11 Dicembre 2025
[red]
Dopo l’assemblea pubblica del 12 novembre: “Dalla psichiatria repressiva e custodialistica alla salute mentale comunitaria” L’Asarp, l’associazione sarda per l’attuazione psichiatrica, in occasione della giornata internazionale dei diritti umani, presenta un documento aperto sulle politiche di salute mentale finalizzato a favorire l’aggregazione il più ampia possibile di quanti in esso si riconoscono con l’obiettivo di migliorare il livello dell’assistenza e il benessere della comunità.
Noi intendiamo la salute mentale non come sinonimo della parola “psichiatria” ma in un’accezione molto più ampia, che collega il benessere individuale con il tipo di funzionamento della società in cui vive. Una società orientata alla solidarietà e all’inclusività avrà ripercussioni ben diverse rispetto a quella fortemente competitiva, selettiva e repressiva.
La nostra attenzione, perciò, non si focalizza principalmente sulla persona in quanto “malata” ma sulle condizioni che favoriscono buone relazioni tra i cittadini e con le istituzioni. Consideriamo la guerra. e tutto ciò che ad essa porta, come l’antitesi della salute mentale in quanto interrompe totalmente una quotidianità dedicata al prendersi cura gli uni degli altri e concentra tutte le risorse per la distruzione del nemico, con grande spregio della vita umana. Le numerose e atroci guerre in aumento in tutti i continenti denotano l’incapacità mondiale di gestire i conflitti con il dialogo in un contesto quasi totalmente privo del diritto internazionale.
L’impegno per la pace è la nostra priorità assoluta, consapevoli che la guerra inizia con l’uso di un linguaggio aggressivo finalizzato non a comprendere le ragioni dell’altro ma alla sua eliminazione. Esiste una stretta correlazione fra la qualità delle relazioni interpersonali, il linguaggio della politica e le relazioni internazionali. Il peso di ogni guerra è sempre pagato principalmente dalle classi più deboli e rafforza il potere delle élite (vedi la poesia di Trilussa sulla guerra del 1914 nella splendida recitazione di Gigi Proietti).
Nella Giornata Mondiale dei Diritti Umani abbiamo individuato i settori in cui, nella nostra società, la dignità e i diritti delle persone vengono più spesso calpestati: la psichiatria adulti, la psichiatria dell’infanzia e adolescenza, le dipendenze da sostanze-internet-gioco d’azzardo, le REMS (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), le RSA (Residenze Sanitarie e Assistenziali) e le varie strutture per gli anziani e le persone non autosufficienti, il Carcere e i CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio).
Tali settori sono accomunati (in misura diversa) dal potere incontrastato dell’apparato istituzionale rispetto alla persona, dall’impossibilità di verificare dall’interno il rispetto della legalità e dell’umanità; si tratta in pratica di necessarie “discariche” delle nostre società sempre più intolleranti e repressive verso ogni forma di devianza, tra le quali rientra sempre più anche la povertà intesa come una colpa (vedi la “teologia della prosperità” soprattutto negli USA e l’”aporofobia” che si va globalizzando).
Assistiamo pressoché impotenti alla diffusa follia autodistruttiva dell’umanità sostenuta da politiche belliciste che si propagano pericolosamente tra i vari governi, che riflettono, almeno in parte, le società che li esprimono; società in cui i legami sociali si sono alquanto rarefatti e dove l’uso del linguaggio favorisce la contrapposizione piuttosto che la ricerca di possibili convergenze, da qui il crescente fenomeno della solitudine, della paura e della violenza etero e autodiretta (in Italia abbiamo una media di 10 suicidi al giorno – nel mondo ben 2 mila-).
Le nostre radici sono nel movimento di liberazione basagliano che negli anni ‘60 e ‘70. partendo dalla lotta contro i manicomi. finì per rappresentare tutte le battaglie contro ogni tipo di oppressione per una società più giusta e tollerante. Tali temi oggi sono rilanciati anche da giovani studiosi che approfondiscono l’importanza filosofica e antropologica di Basaglia, Rotelli, Borgna e molti altri per una radicale trasformazione della psichiatria.
Aderiamo alle iniziative per un passaggio dalla società del profitto e della performance alla società della cura. Le proposte che avanziamo nei vari settori sono accomunate dal rifiuto di qualsiasi ideologia predefinita e partono dalla vita reale delle persone che subiscono quella violenza istituzionale.
Assistiamo alla crisi delle democrazie e perciò occorre attivare iniziative e lotte che dal basso pressino i rappresentanti delle istituzioni a svolgere l’unico compito per cui sono stati eletti: migliorare le condizioni di vita e il benessere di tutta la popolazione come recita l’art. 3 della nostra Costituzione: << Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione politica, economica e sociale del Paese.>>; assistiamo invece ovunque alla crescita esponenziale delle disuguaglianze.
Documento Comitato Economico Sociale Europeo (CESE) G.U. UE 28.11.2024: prima di affrontare la situazione regionale riportiamo sinteticamente alcuni passaggi del recente documento approvato dalla Commissione Europea che indicano le linee da seguire nelle politiche di salute mentale e che facciamo nostre.
<< Il CESE sostiene lo sviluppo di sistemi di salute mentale basati sui diritti umani, incentrati sulla persona, orientati alla ripresa e fondati sulla comunità, che diano priorità alla emancipazione e alla partecipazione attiva della persona al proprio recupero, con l’obiettivo finale di migliorare la qualità della vita delle persone affette da patologie mentali, e nel rispetto della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità e concentrandosi sui bisogni di gruppi specifici e vulnerabili. Occorre mirare all’empowerment degli utenti dei servizi, aiutandoli a svolgere un ruolo attivo nella co-progettazione dei servizi e del proprio percorso di cura assumendone consapevolezza e responsabilità, nonché monitorando costantemente gli standard di qualità e di rispetto dei diritti umani nei servizi (…) I professionisti e i servizi devono, secondo un approccio centrato sulla persona e sui suoi bisogni reali, sostenere e aiutare le persone a riprendere in mano la loro vita andata in frantumi nella loro realtà di vita senza sradicarle dal territorio di appartenenza e dai propri affetti, riaprendo il loro incontro con la vita reale fatta di relazioni, opportunità e scelte. Gli oggetti reali come la casa, un reddito, il possesso di cose utili, il corpo stesso che non sono riprodotti dalla cura di per sé, sono loro al contrario che permettono ai trattamenti di avere significato, direzione e bellezza (…) I luoghi della cura dovranno essere luoghi aperti tutti i giorni e attraversabili, accoglienti e belli, luoghi di relazione e mediazione, motore e regia dei percorsi di cura e di inclusione sociale nella comunità locale, percorsi unici individuali, complessi, per una ricostruzione del significato, del potere contrattuale e del benessere; destinati a fornire un’assistenza rispettosa e dignitosa, ad essere “casa”, luoghi aperti 24 ore su 24, 7 giorni su 7, da cui parte il lavoro verso un determinato territorio con una popolazione definita (non superiore a 80 mila abitanti) in cui entrano la città e i suoi gruppi formali e informali, li attraversano, li trasformano, dove soprattutto le persone in crisi devono trovare risposte e, se necessario, anche una accoglienza prolungata, anche notturna (…) In funzione della scelta della persona, si ritiene (e questa appare un’esperienza già presente) che le convivenze che comprendono servizi generali quali alloggi sociali con un numero ridotto di utenti (1-5) e le case famiglia (3-5) debbano essere sempre più organizzate in abitazioni residenziali all’interno dei paesi e dei quartieri cittadini, dove si vive una vita quotidiana vitale, dove si può uscire liberamente e partecipare alla vita comune, dove nella normalità dell’agire quotidiano si può acquisire storia, fiducia, capacità di scelta, possedere oggetti, riappropriarsi di un tempo e di uno spazio, moltiplicare le opportunità, vivere la normalità della vita come qualunque altro cittadino >>
Nonè necessario ripetere qui la grave inadeguatezza dei servizi di salute mentale che pagano, oltre la perenne scarsità di risorse e la tendenza ultradecennale verso la privatizzazione della sanità, le “riforme” e “controriforme” cui abbiamo assistito in Sardegna nell’ultimo decennio. Anche l’attuale Giunta Regionale, dispiace dirlo, non ha finora dato segnali di volersi impegnare nel campo della salute mentale se non con la delibera n. 56/8 del 29 ottobre ‘25 che istituisce il “Tavolo tecnico regionale” legato, però, al “Centro regionale per la salute mentale e le dipendenze” e al “Dipartimento regionale della salute mentale e delle dipendenze” che ancora non esistono. Eppure, già nel nostro primo incontro con l’Assessore (11 giugno 2024) avevamo indicato e richiesto la ricostituzione della Commissione Regionale Salute Mentale come assoluta priorità per realizzare incisive politiche regionali di salute mentale.
Come indicato nel suddetto documento del CESE noi ci riconosciamo da sempre nel modello comunitario di servizi a centralità territoriale e non ospedalocentrico (cosiddetto “Modello Trieste”) dove il Centro di Salute Mentale, perno di tutto il percorso di assistenza, è aperto h 24 per 365 giorni con possibilità di ospitalità diurna e anche notturna. Non la malattia ma la persona, la sua soggettività e la sua storia personale, familiare e sociale costituiscono il focus di tutti gli interventi che vedono sempre la reale integrazione socio-sanitaria orientata verso un recupero che non si concentri solo sulla cura farmacologica e l’eliminazione dei sintomi, ma che vada oltre, cercando di aiutare chi ha un disagio psichico a riappropriarsi della propria vita, accompagnando la persona in un percorso di ricerca di senso e nell’affermazione di sé lungo i principali assi dell’esistenza, dal lavoro ai rapporti affettivi, alla casa.
Serve sottolineare che nella nostra regione ancora non è stato normato il “budget di salute”, strumento fondamentale per avviare efficaci percorsi di ripresa specialmente nei casi più gravi. Per quanto riguarda i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura riteniamo che si debba andare verso il loro progressivo superamento contestualmente all’attivazione dei CSM h 24.
Per quanto riguarda l’unica REMS (Residenza per l’Esecuzione della Misura di Sicurezza) presente in Sardegna riteniamo necessaria una revisione della sua organizzazione interna (spazi di socialità interna ed esterna e coinvolgimento attivo delle persone in misura di sicurezza); l’ampliamento della pianta organica prevedendo quelle figure professionali (psicologi e terapisti della riabilitazione psichiatrica in numero necessario) senza le quali, unitamente al lavoro congiunto e continuativo con i CSM di riferimento, è impossibile quel percorso riabilitativo intensivo che restituisca competenze, consapevolezza e responsabilità evitando il prolungamento della misura di sicurezza in regime di internamento. Condividiamo, inoltre, la richiesta di revisione degli articoli del codice Rocco relativi all’imputabilità, alla capacità di intendere e volere e alla pericolosità sociale automaticamente legata alla malatia mentale.
Sul carcere l’Italia è stata più volte sanzionata dalla CEDU per la violazione dei diritti umani legata al sovraffollamento (oltre 60 mila unità su una capienza di 40 mila unità) con un’alta percentuale di persone con vari tipi di dipendenza, di pazienti psichici e migranti, con l’emergenza dei suicidi sia dei detenuti che del personale della polizia penitenziaria gravemente carente. È doloroso ricordare che l’art. 27 della Costituzione prevede che << Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.>>.
È necessario quindi un intervento della Regione Sardegna che garantisca il pieno rispetto dei principi costituzionali nelle nostre carceri. Oltre a migliorare la vivibilità all’interno delle carceri sia per i detenuti che per gli operatori penitenziari, vanno garantite alle persone con disturbo mentale o dipendenze, in misura di sicurezza, le cui condizioni di salute sono incompatibili con il regime carcerario, le misure alternative previste dal nostro ordinamento.
Sull’unico CPR presente sul territorio regionale, chiediamo un impegno della Giunta Regionale e del Consiglio Regionale per la chiusura immediata di questo luogo di carcerazione di persone migranti, private della libertà personale per un illecito amministrativo. In quanto sprovviste di permesso di soggiorno. Luogo disumanizzante, disegnato per essere patogeno e psicopatogeno in sé, in cui sono costantemente e drammaticamente violati i diritti umani.
A fronte della attuale drammatica situazione, assumiamo l’impegno di promuovere per il prossimo anno una Conferenza Regionale autogestita sulla Salute Mentale.







