Da Trieste a Cagliari la libertà continuerà ad essere terapeutica

20 Giugno 2021

[Giovanna Del Giudice]

Pubblichiamo la lettera di Giovanna Del Giudice, presidente della Conferenza Permanente per la Salute Mentale nel Mondo “F. Basaglia” inviata al quotidiano L’Unione Sarda in risposta all’articolo del prof. Tondo apparso il 17 giugno.

Egregio Direttore,

leggo con stupore e incredulità, a pagina 57 dell’Unione Sarda del 17 giugno, l’articolo del prof. Tondo Il sardo che deve stare al suo posto, segnalatomi da amici sardi con cui abbiamo fatto un pezzo di strada insieme negli anni dal 2006 al 2009, quando ho operato in Sardegna in qualità di Direttore del Distretto di Cagliari con l’incarico di costituire il Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL di Cagliari (in Italia, nel 2006, solo la regione Sardegna non aveva costituito i Dipartimenti di Salute Mentale e mai aveva approvato un Piano regionale per la Salute mentale).

Nel periodo di permanenza a Cagliari ho avuto solo una volta l’occasione di confrontarmi con il prof. Tondo, peraltro sempre impegnato in soggiorni negli Stati Uniti. Mi aveva telefonato per parlarmi di un giovane uomo, già seguito da lui nella sua attività privata presso il Centro Bini, che però in quel momento, a seguito dell’aggravarsi della psicopatologia, era approdato al servizio pubblico, ad un Centro di Salute Mentale. Ricordo, anche se sono passati 13-14 anni, una conversazione cortese ma tra sordi: lui parlava di una diagnosi, io di una persona. Non l’ho più risentito.

Il prof. Tondo, stimato professionista cagliaritano, è stato tra i fondatori a Roma nel 1973 insieme a Athanasios Koukopoulos del Centro Bini, aperto poi a Cagliari nel 1977. Koukopoulos, presidente dell’Associazione italiana terapia elettroconvulsivante, nel febbraio del 2008 aveva presentato una proposta al Ministero della Salute chiedendo l’apertura di un centro di terapia elettroconvulsivante ogni 1 milione di abitanti. La sua scellerata proposta non ha mai avuto seguito.

Ritornando all’articolo del prof. Tondo, voglio soffermarmi solo su alcune affermazioni, a partire dalla mia esperienza sarda, riferite al Servizio psichiatrico di Diagnosi e Cura di Cagliari, sorvolando invece sulle affermazioni denigratorie da lui fatte sulle pratiche di cura adottate a Trieste. Il Servizio psichiatrico ospedaliero di Cagliari, aperto nel 1978, a marzo del 2006 operava su un territorio di circa 500 mila abitanti, aveva 27 posti letto “accreditati” (la legge ne prevede fino ad un massimo di 16), ma i letti presenti ed utilizzati erano nei fatti 32. Nel Servizio lavoravano 13 medici, tra cui il dott. Trincas. Almeno 10 al mattino, per potersi occupare dell’attività privata il pomeriggio. Si praticava la terapia elettroconvulsivante e in maniera routinaria la contenzione meccanica (dai dati del reparto risulta che nel primo semestre del 2005 le contenzioni erano state 177). Era un reparto chiuso, nell’atrio una guardia giurata armata (il servizio della stessa fu sospeso a maggio del 2006). È nel Spdc di Cagliari che il 22 giugno 2006 muore, per tromboembolia polmonare, il signor Giuseppe Casu, di anni 60, dopo 7 giorni di contenzione. Per giusta cronaca va detto che quella morte — non lasciata, da me e dalla direzione aziendale, nel sommerso, tra difficoltà, scontri a volte drammatici, schieramenti locali e nazionali, ispezioni di politici regionali e di parlamentari nazionali dell’opposizione — ha dato avvio ad un processo di rivisitazione e qualificazione, anche strutturale, dei servizi del Dipartimento di Cagliari, con l’apertura di 2 Centri di salute mentale sulle 24 ore, dotati di posti letto per l’accoglienza diurna e notturna. Tale processo ha determinato che nell’ultimo semestre del 2008 le contenzioni nel SPDC si ridussero a 4, di durata mai superiore a poche ore. Nel febbraio del 2009 fu aperto il secondo Spdc con 12 posti letto, diretto dal dott. Adriano Marelli, che operava, come da contratto, senza contenzioni e a porte aperte. Lì finì il mio mandato a Cagliari e la mia esperienza diretta. Ma sappiamo che quel Servizio psichiatrico, dopo la morte del dott. Marelli, venne chiuso nel dicembre 2012 e il servizio trasferito in una nuova sede venne affidato alla responsabilità del dott. Trincas.

Quello che poi è noto sull’attualità dei due Servizi psichiatrici ospedalieri si legge nel rapporto del 2019 del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, che puntualmente definisce la qualità degli habitat, la pratica della contenzione, la rinnovata presenza di guardie giurate, le porte chiuse: nel 2018 è morto un altro uomo legato, nello stesso Spdc dove nel 2006 moriva di contenzione Giuseppe Casu.

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