Il piccolo comune sardo di Escolca riconosce la Palestina e condanna il genocidio in corso a Gaza
17 Giugno 2025[red]
Il Consiglio comunale del piccolo comune sardo di Escolca ha approvato una mozione che riconosce la Palestina quale stato democratico e sovrano e condanna il genocidio a Gaza perpetrato da Israele. Escolca è un comune di 542 abitanti della provincia del Sud Sardegna, situato ai piedi della Giara di Serri. Pubblichiamo la loro mozione integrale.
IL CONSIGLIO COMUNALE
Premesso che:
– nella notte tra il 17 e il 18 marzo scorsi, la tregua nella guerra a Gaza è stata drammaticamente interrotta da una serie di attacchi aerei israeliani sulla Striscia, seguiti da operazioni terrestri, che hanno causato centinaia di vittime palestinesi che si aggiungono alle decine di migliaia dall’inizio del conflitto;
– alla chiara, netta, condivisa e reiterata condanna di Hamas per l’orribile atto terroristico compiuto il 7 ottobre 2023, non sono seguite da parte del Governo italiano e da parte degli attuali vertici della Commissione europea, condanne altrettanto chiare e nette per l’apocalisse umanitaria a Gaza, i crimini di guerra e la sistematica violazione del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario da parte del Governo Netanyahu;
– le operazioni militari che hanno colpito la popolazione civile palestinese in Cisgiordania e Gaza e interrotto l’erogazione di elettricità e bloccato gli aiuti umanitari a Gaza, nonché il disumano sfollamento forzato della popolazione, rappresentano violazioni inaccettabili del diritto internazionale ed umanitario che necessitano un’immediata iniziativa dell’Italia e dell’Unione europea per il ripristino della tregua e per la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas;
– operazioni come il bombardamento del pronto soccorso dell’ospedale battista al-Ahli di Gaza City, o come la deliberata esecuzione di 15 soccorritori e operatori sanitari palestinesi, tra cui 8 medici, vicino a Rafah, uccisi dall’esercito israeliano mentre tentavano di prestare soccorso e seppelliti in una fossa comune, testimoniata dalla libera stampa dopo il tentativo di insabbiamento da parte delle autorità israeliane, necessitano inchieste indipendenti da parte delle Nazioni Unite per accertare la responsabilità sui crimini di guerra commessi;
– le forze estremiste di destra che sostengono il Governo Netanyahu hanno spinto per riprendere il conflitto e invocato ulteriori crimini di guerra e l’amministrazione americana ha offerto pieno sostegno al Primo ministro Netanyahu nella violazione della tregua, ricevendolo con tutti gli onori alla Casa Bianca malgrado il mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, così come aveva fatto su suolo europeo il leader ungherese Victor Orban;
– da giorni migliaia di israeliani stanno manifestando a Tel Aviv e Gerusalemme contro il governo, accusando Netanyahu di violare i principi democratici e di stare prolungando la guerra a Gaza per mero interesse politico, mettendo a rischio spregiudicatamente la vita degli ostaggi ancora in mano ai terroristi di Hamas;
– da giorni a Gaza centinaia di palestinesi, malgrado lo stato di guerra, hanno protestato nel nord di Gaza contro Hamas e per la prima volta hanno invocato apertamente la fine del controllo del gruppo terroristico, l’Autorità nazionale palestinese ha salutato le proteste come “un grido dei residenti contro le politiche di Hamas” e chiesto il ripristino del controllo sulla Striscia;
– le proposte del presidente Trump, che ha prefigurato l’evacuazione dei circa 2,1 milioni di residenti palestinesi a Gaza e la creazione di una “riviera del Medio Oriente”, suscitando l’indignazione di gran parte della comunità internazionale e dei principali paesi europei (con l’eccezione del Governo italiano), vanno condannate senza esitazioni e riserve;
– lo scorso 4 marzo al Cairo la Lega Araba, alla presenza anche del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e del presidente del Consiglio europeo António Costa, ha presentato un Piano per Gaza, una proposta unitaria per il futuro e la ricostruzione della Striscia che prevede investimenti per oltre 53 miliardi, che l’Unione europea e gli Stati membri devono sostenere attivamente e con determinazione;
– la drammatica situazione del quadrante mediorientale, strategico per un continente che si affaccia nel Mediterraneo, impone all’Unione europea, se vuole credibilmente rappresentare un presidio nel mondo a difesa del diritto internazionale e dei pilastri del multilateralismo, di non permettere, ancora una volta, che la causa palestinese torni nell’oblio;
– l’Unione europea – seguendo le posizioni e le proposte avanzate dal precedente Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Joseph Borrell, e non richiamate dall’attuale Alto Rappresentante Kaja Kallas – deve impegnarsi per lavorare, in seno alla comunità internazionale, per costruire una pace giusta e duratura, che non può che passare dal riconoscimento dei diritti del popolo palestinese, a partire da quello di avere uno Stato libero dall’occupazione israeliana, nonché dalla garanzie di sicurezza per Israele;
– la comunità internazionale ha il dovere morale e giuridico di intervenire, anche a livello diplomatico e umanitario, per proteggere la popolazione civile e promuovere una soluzione pacifica del conflitto.
Considerato che:
– il 9 maggio 2024, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione intitolata “Admission of new Members to the United Nations” che riconosce la Palestina come “qualificata per diventare membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, raccomandando al Consiglio di Sicurezza di “riconsiderare favorevolmente la questione”: il testo è stato adottato con 143 voti a favore, 9 contrari e 25 astenuti, tra cui l’Italia;
– il 28 maggio 2024 Spagna, Irlanda e Norvegia hanno riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina, e anche il presidente francese Macron ha recentemente dichiarato che a giugno la Francia riconoscerà lo stato di Palestina;
– il riconoscimento dello Stato di Palestina oggi rappresenta il presupposto necessario per preservare la prospettiva politica dei «due popoli, due Stati» e, dunque, per garantire la convivenza in pace e sicurezza degli israeliani e dei palestinesi, soprattutto di fronte all’esplicita negazione di questa prospettiva da parte delle leadership politiche al momento al Governo in Israele e agli obiettivi dell’organizzazione terroristica Hamas;
– già il 27 febbraio del 2015 il Parlamento italiano ha impegnato il Governo italiano al riconoscimento della Palestina quale Stato democratico e sovrano entro i confini del 1967 ed anche il Parlamento europeo con la risoluzione del 17 dicembre 2014 ha chiesto il riconoscimento dello Stato palestinese.
Considerando, altresì, che:
– è in corso presso la Corte internazionale di giustizia – principale organo giudiziario delle Nazioni Unite – un procedimento su iniziativa del Sudafrica nei confronti dello Stato di Israele per la violazione della Convenzione sul genocidio del 1948;
– la Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant e il leader di Hamas Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri – noto come Deif – per crimini di guerra e crimini contro l’umanità per la guerra a Gaza e gli attacchi dell’ottobre 2023;
– la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha sollevato in Parlamento dubbi di carattere politico sui provvedimenti della CPI e il Ministro degli Esteri ha dichiarato ha dichiarato che “la richiesta di arresto di Netanyahu è irrealizzabile” e che “è tutto molto chiaro, ci sono delle immunità e le immunità vanno rispettate”, mentre le pronunce della stessa Corte Penale Internazionale hanno escluso una prevalenza della norme internazionali sull’immunità rispetto alle sue pronunce per crimini di guerra e crimini contro l’umanità;
– queste dichiarazioni del Governo comportano l’ennesima palese forma di delegittimazione della CPI, a cui è seguito l’aperto conflitto sul caso del libico Almasri, in un momento in cui sta subendo un forte attacco e l’Europa, e in particolare l’Italia, dovrebbero difenderne ruolo e funzione, perché la Corte rappresenta un’acquisizione fondamentale del diritto e della giustizia internazionale;
Ad unanimità di voti espressi nei modi di legge,
DELIBERA
Di impegnare il Sindaco e l’Amministrazione a rappresentare presso il Governo le seguenti richieste:
1) riconoscere la Palestina quale Stato democratico e sovrano entro i confini del 1967 e con Gerusalemme quale capitale condivisa, che conviva in pace, sicurezza e prosperità accanto allo Stato di Israele, con la piena assunzione del reciproco impegno a garantire ai cittadini di vivere in sicurezza al riparo da ogni violenza e da atti di terrorismo, al fine di preservare nell’ambito del rilancio del Processo di Pace la prospettiva dei “due popoli, due Stati”;
2) promuovere – forte dell’impegno assunto nel 2014 dal Parlamento europeo – il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell’Unione europea, nel rispetto del diritto alla sicurezza dello Stato di Israele;
3) sostenere, in tutte le sedi internazionali e multilaterali, ogni iniziativa volta a esigere il rispetto immediato del cessate il fuoco, la liberazione incondizionata degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, la protezione della popolazione civile di Gaza e la fine delle violenze nei territori palestinesi occupati, la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi, sicuri e senza restrizioni all’interno della Striscia, il rispetto della tregua in Libano scongiurando il rischio di futuri attacchi da parte di Hezbollah; il pieno rispetto del diritto internazionale umanitario;
4) sostenere il cosiddetto “Piano arabo” per la ricostruzione e la futura amministrazione di Gaza anche alla luce del favore di larga parte della comunità internazionale, assicurando il pieno coinvolgimento delle forze democratiche e della società civile palestinese, respingendo e condannando qualsiasi piano di espulsione dei palestinesi da Gaza e Cisgiordania;
5) sospendere urgentemente, ove in essere, le autorizzazioni di vendita di armi allo Stato di Israele concesse anteriormente alla dichiarazione dello stato di guerra dell’8 ottobre 2023, al fine di scongiurare che tali armamenti possano essere utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, nonché a sostenere e farsi promotore, a livello europeo con gli altri Stati membri, di opportune iniziative volte alla totale sospensione della vendita, della cessione e del trasferimento di armamenti allo Stato di Israele, nel rispetto della posizione comune (2008/944/PESC) sulle esportazioni di armi e del Trattato sul commercio di armi (Att) dell’Onu, come richiesto dalla risoluzione approvata il 5 aprile 2024, dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite;
6) provvedere all’immediata sospensione dell’importazione degli armamenti dallo Stato di Israele, anche in considerazione dei dati emersi dalla Relazione dell’anno 2025, trasmessa alle Camere (di cui all’art. 5, comma 1, della legge 9 luglio 1990, n. 185);
7) sostenere in sede europea l’adozione di sanzioni nei confronti del Governo israeliano per la sistematica violazione del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario e nei confronti dei coloni responsabili delle violenze in Cisgiordania;
8) esigere la tutela dell’incolumità della popolazione civile della Cisgiordania, richiedendo che lo Stato di Israele cessi ogni operazione militare, l’occupazione militare illegale di tali territori e l’illegale creazione e sostegno di insediamenti israeliani;
9) proporre azioni efficaci contro le violazioni del diritto internazionale e umanitario da parte del Governo di Israele, inclusa la sospensione dell’accordo di associazione EU-Israele, per le ripetute violazioni dell’art. 2 del suddetto accordo da parte del Governo israeliano e la violazione delle fondamentali regole dello stato di diritto in atto, come denunciato dalle forze di opposizione israeliane;
10) dare piena attuazione ai mandati di arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale, in linea con la normativa italiana di adeguamento allo Statuto di Roma e in virtù del previsto obbligo di cooperazione da parte degli Stati membri, senza improprie considerazioni politiche che minerebbero il principio fondante per cui la legge, anche internazionale, è uguale per tutti;
11) sostenere, in tutti i consessi europei ed internazionali, la legittimità della Corte Penale Internazionale, mettere in atto ogni iniziativa politica e diplomatica per scongiurare attacchi alla sua operatività e ribadire la necessità della Corte come strumento cardine della giustizia internazionale.
Inoltre con separata votazione unanime e palese
D E L I B E R A
Di dichiarare la presente delibera immediatamente eseguibile ai sensi dell’art.134 co.4 del T.U.E.L. 18 Agosto 2000 n.267.