Il servizio sanitario nazionale potrebbe disintegrarsi molto presto
18 Ottobre 2025[Mario Fiumene]
L’età media della popolazione italiana è una delle più alte al mondo. Gli over 65 oggi ammontano al 24,3% della popolazione totale e si stima che nel 2050 tale percentuale raggiungerà il 34,6%.
Gli over 85 potrebbero passare dal 3,9% di oggi al 7,2%. Questo determinerà, certamente, una maggiore incidenza delle patologie cronico-degenerative, con evidenti ricadute negative sullo stato di salute della popolazione e sui costi del Servizio sanitario nazionale (SSN).
In tale contesto affrontare i bisogni sanitari della popolazione assicurando i livelli qualitativi di assistenza definiti dal legislatore non potrà prescindere dalla disponibilità di un congruo numero di medici e infermieri più di altri professionisti sanitari.
Il Servizio sanitario nazionale rischia di trovarsi a breve senza un’adeguata rete di assistenza primaria e abbiamo visto come già questo sia un problema con numerosi accessi impropri ai Pronto Soccorso. I dati Agenas sul personale del SSN evidenziano un calo costante di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta: dai 45.203 MMG del 2013 si è scesi a 37.983 nel 2023, mentre i pediatri sono passati da 7.705 a 6.706 nello stesso periodo. Una contrazione che pesa sulla capacità del sistema di garantire prossimità e continuità delle cure, proprio mentre aumenta l’età media dei professionisti e si avvicina l’ondata dei pensionamenti. Il confronto europeo è eloquente: l’Italia conta 68,1 MMG ogni 100mila abitanti, contro i 72,8 della Germania e i 96,6 della Francia. In parallelo cresce il numero di assistibili per ciascun medico: nel Lazio si passa da 0,92 MMG per mille abitanti del 2019 a 0,83 nel 2023; in Lombardia da 0,72 a 0,62; in Campania addirittura da 0,86 a 0,73. Anche per i pediatri la riduzione è diffusa, con un peggioramento del rapporto bambini/pediatra in quasi tutte le regioni.


Secondo le stime Agenas, al 31 dicembre 2023 erano attivi 57.176 medici nel ruolo unico di assistenza primaria. Considerando che il 39,5% ha più di 55 anni, entro il 2035 lasceranno il servizio circa 20.500 professionisti, pari a oltre 1.700 all’anno. Uno scenario che rischia di aggravare la già critica disponibilità di medici di famiglia e pediatri.

Fonte: Elaborazione Agenas su data explorer OECD 2023 (database consultato nel mese di settembre 2025) – Media sui Paesi presenti nel grafico.
Anche il numero di infermieri è aumentato nella maggior parte dei Paesi dell’UE: nel 2023 in media operavano 8,26 infermieri ogni 1.000 abitanti, rispetto ai 7,3 del 2012. Nel 2023, Irlanda, Finlandia, Germania e Paesi Bassi, hanno registrato il numero più alto di infermieri per 1.000 abitanti. Nel caso della Grecia, che ha registrato il numero più basso di infermieri tra i Paesi dell’UE, bisogna tener presente che i dati disponibili includono solo gli infermieri che lavorano negli ospedali.

Fonte: Elaborazione Agenas su data explorer OCSE 2023 (database consultato nel mese di settembre 2025) – Media sui Paesi presenti nel grafico

Il nuovo rapporto Agenas fotografa esattamente ciò che si ripete da anni da parte della Professione infermieristica: l’Italia continua a essere fanalino di coda in Europa per il numero di infermieri. I dati confermano che oggi abbiamo 6,86 professionisti ogni mille abitanti, contro una media europea di 8,26. Un divario che non si riduce affatto, ma che rischia di aggravarsi con i circa 66 mila pensionamenti attesi (leggi nostro recente report) entro il 2030, e 78 mila entro il 2035 (secondo quanto riporta Agenas), quindi in piena sintonia con il nostro report più recente). Sono numeri che coincidono, e che certificano la gravità della situazione.
Possiamo trarre delle conclusioni che intimoriscono: La crisi del personale sanitario si inserisce in uno scenario nazionale che risulta complesso sotto più profili. Il primo fattore è rappresentato dall’andamento demografico che non appare favorevole, poiché la percentuale di popolazione
di età 0 – 14 risulta fra i più bassi (12,9%) e, pertanto, la popolazione in età lavorativa, al netto della migrazione, si ridurrà ulteriormente fino a raggiungere, nel 2030, l’indice di dipendenza degli anziani più elevato fra i paesi europei.
Dal confronto con le medie EU emerge che attualmente il personale sanitario italiano rapportato alla popolazione è caratterizzato da un numero complessivo di medici superiore alla media europea e da un numero di infermieri insufficiente. Se sul fronte medico la questione è l’età avanzata, sugli infermieri il problema resta la carenza strutturale. Nel 2023 erano 277.138, circa 8.800 in più rispetto al 2019. Ma il tasso di copertura è ancora insufficiente: 6,86 per mille abitanti contro una media europea di 8,26. Il rapporto infermieri/medici è di 1,3 contro 2,1 della media OCSE, segnalando uno squilibrio che penalizza il sistema.
Il Piano del Governo italiano appare come il formaggio Groviera tipico Svizzero: un piano che avrà una durata triennale e prevede tra il 2026 e il 2028 l’assunzione di 2.000 medici e 25 mila infermieri per fermare la carenza di personale che attanaglia il Ssn. Il costo stimato è di 400 mln per il 2026, 840 mln per 2027 e circa 1,5 miliardi a regime dal 2028. Come il formaggio Svizzero ci sono dei numerosi buchi: quelli della formazione e della attrattività per i giovani italiani.
Ecco l’elenco dei buchi: per i medici restano scoperte, soprattutto in discipline cruciali come medicina d’emergenza-urgenza, anestesia e rianimazione, radioterapia e microbiologia. Un paradosso che riflette la difficoltà di attrarre giovani medici verso settori ad alta complessità ma scarsamente valorizzati. Per gli infermieri c’è il calo di attrattività dei corsi di laurea: nel 2024 le domande di iscrizione si sono equilibrare con i posti disponibili, segnalando un disinteresse crescente tra i giovani. Siamo di fronte ad un allarmante calo delle domande ai corsi di laurea in Infermieristica: -11,3% nel 2025 rispetto al 2024, con 18.790 domande a fronte di 20.409 posti disponibili.
Per la prima volta il rapporto domande/posti scende sotto l’unità (0,9). Le proiezioni al 2029 indicano circa 73-86mila nuovi laureati, insufficienti a compensare le uscite. Occorre leggere la realtà sanitaria italiana senza distorsioni, con uno sguardo lucido e completo: in Italia la vera emergenza è quella degli infermieri. Dove si pensa di trovare 25000 Infermieri in tre anni?
Si studiano tante strategie per rendere attrattiva la Professione di Infermiere, ma si trascura o meglio qualcuno ignora che è una Professione intellettuale, una di quelle attività professionali in cui la prestazione ha un carattere intellettuale superiore rispetto a quello materiale. Tipicamente queste professioni sono caratterizzate da un’attività economica volta alla prestazione di servizi o opere per terzi, esercitata prevalentemente mediante lavoro intellettuale. Inoltre, è una delle Professioni intellettuali che richiedono il conseguimento dei una laurea specifica e il superamento di un esame di Stato.
Basterebbe questo per far capire a chi governa per riconoscere in modo adeguato la parte normativa ed economica in occasione della discussione dei contratti di lavoro oltre a dare definitivamente gambe alla libera Professione infermieristica in Italia.
Nella foto, un test di medicina