Il Servizio Sanitario Regionale riesce a garantire la salute delle cittadine e dei cittadini?
8 Maggio 2025[Mario Fiumene]
Il Servizio Sanitario Regionale riesce a garantire la salute dei cittadini? Come possiamo ampliare lo studio dell’efficacia dell’assistenza, compresi settori trascurati come le cure di base per adulti e bambini e specialistiche ambulatoriali, attualmente in una situazione di notevole crisi?
Quali sono le conseguenze della progressiva privatizzazione dell’assistenza? A proposito di privatizzazione c’è da dire che in Sardegna abbiamo una condizione di Privato convenzionato a macchia di leopardo, come esempio basta per tutti il Mater di Olbia, che riceve fondi cospicui dalle tasse di tutti i sardi, ma si trova a Olbia, così altre realtà importanti sono a Cagliari. Facilmente raggiungibili?
La proposta di un “Nuovo Servizio Sanitario Nazionale” (NSSN) dell’Epidemiologo Cesare Cislaghi richiede una visione politica chiara, una mobilitazione delle competenze epidemiologiche e un impegno collettivo per difendere e rilanciare un sistema che ha garantito per decenni il diritto alla salute. Questo dibattito non solo è urgente, ma rappresenta una delle sfide più rilevanti per il futuro della sanità pubblica italiana. E la Sardegna come si pone davanti a questa proposta?
Al momento in Sardegna è in corso una “rivisitazione” delle Direzioni Generali delle varie Asl e Aziende Universitarie, del Brotzu e dell’AREUS (area emergenza). Non possiamo omettere di dire che sei mesi di commissariamento, non daranno risposte esaustive alla carenza di Medici di medicina generale, è una branca che pochi giovani medici scelgono. Entro il 2026 (lo prevede il PNRR) devono essere definiti sia le Case di comunità, che gli Ospedali di comunità: ad oggi le risorse umane non ci sono, a partire dagli Infermieri di Famiglia Comunità (IFeC), figure di raccordo per le COT (La Centrale Operativa Territoriale garantisce e coordina la presa in carico, da parte dell’Azienda sanitaria locale, dei pazienti “fragili”, intercettando i bisogni di cure e/o di assistenza, assicurando la continuità tra Ospedale e Territorio). Credo che tutti concordiamo sulla certezza che le Case di comunità sono nell’ambito delle cure primarie. Andando a rileggere la Dichiarazione di Alma Ata (1978) il primo livello di contatto degli individui, delle famiglie e della comunità con il sistema sanitario del paese, sono le cure primarie.
Attraverso le cure primarie si porta l’assistenza sanitaria quanto più vicino è possibile a dove la popolazione vive e lavora (dicasi prossimità) e costituendo il primo elemento di un processo continuo di assistenza. E’ questo il livello dove emergono e si manifestano i bisogni di salute della popolazione (applicazione del welfare della comunità). Su un piano più operativo, si tratta di dare gambe a questo sistema di sanità: tradurli in modelli efficaci di intervento. I servizi di prossimità dovrebbero essere forniti principalmente (non esclusivamente) da medici infermieri di famiglia (la definizione “di famiglia” vale appunto sia per i medici per gli infermieri).
I determinanti sociali della salute e l’attenzione alle disuguaglianze, riflette una comprensione più completa e integrata delle necessità assistenziali. La decisione di includere il benessere mentale tra le priorità assistenziali, è particolarmente significativa. Ma dal dire al fare restano tante le famiglie costrette a farsi carico dell’assistenza alle persone con malattie mentali e neurologiche. Come poter pensare positivo riguardo i cinque progetti finanziati dal CCM (Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie) del Ministero della Salute. Questi studi, che affrontano temi di grande attualità e rilevanza, spaziano dagli effetti a lungo termine del COVID-19 alle linee guida per lo screening neonatale uditivo e visivo, fino a nuove strategie per affrontare le infezioni sessualmente trasmesse e il monitoraggio delle colonizzazioni da batteri resistenti ai carbapenemi (sono antibiotici).
Siamo alle prese con problematiche ambientali: la complessità delle attività inquinanti presenti in tutta l’Isola, tra Siti di interesse nazionale per le bonifiche (SIN) e Siti d’interesse regionale (SIR), si citano come “peccato originale” le fonti di inquinamento militare e il Petrolchimico non hanno una bonifica programmata adeguata alle necessità dei territori interessati, come peraltro gli impianti industriali Fluorsid s.p.a. a questo si aggiunge la più recente contaminazione da PFAS nell’area del Sulcis. Parlando di screening, ci viene ricordato che è un obiettivo del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) il prendersi cura delle persone lungo tutto il percorso, garantendo test, diagnosi, trattamenti e follow-up completamente gratuiti.
Ma nella realtà gli screening hanno subito un lungo blocco e solo in alcune zone della Sardegna si è ripreso ad effettuarli. Ed è altrettanto necessario mettere in luce che oggi immigrati, migranti, persone transgender, popolazione carceraria, individui con disabilità, malattie mentali, residenti in zone isolate non ricevono lo stesso trattamento del resto della popolazione dei centri urbani. È evidente la necessità di un contesto sanitario più inclusivo e non discriminante, che si occupi attivamente dei gruppi più vulnerabili e difficili da coinvolgere. Nel nostro mondo, ovvero di quelli che si preoccupano della situazione ambientale e climatica e si impegnano per il cambiamento, troviamo poca visibilità sulla stampa cartacea della Sardegna (leggasi Unione Sarda e Nuova Sardegna).
Altrettanta difficoltà, ad essere supportati, incontriamo tra i colleghi del settore sanitario. Concludo con una annotazione: da laico sento di poter dire che la scomparsa del Papa Franziscus, diminuisce la possibilità di divulgare una narrativa nuova e molto potente per costruire un futuro sostenibile che non ripeta gli errori di oggi e del passato – fondati secondo Francesco sulla cultura dello scarto e sul paradigma tecnocratico dominante – proponeva un profondo cambiamento degli attuali modelli di sviluppo. Le parole di Bergoglio sono risuonate forti in un momento storico scosso da tremendi rigurgiti di odio e di disprezzo dei diritti fondamentali delle persone. Sono parole che vanno rilette: dico che non devono mai essere dimenticate, anche e a maggior ragione in momenti difficili come quelli di oggi in cui proprio il multilateralismo è messo in discussione dalle forze più reazionarie.