La fame
31 Maggio 2025[Graziano Pintori]
A Gaza con calcolata crudeltà il potere israeliano affida la gestione e distribuzione degli aiuti alimentari a militari e affaristi.
Si tratta di persone che fanno parte di organizzazioni non profit fondate da veterani delle guerre americane in Medioriente, con esperienze antiterroristiche, di protezione, difesa e affari in luoghi di guerra come l’Iraq, l’Afghanistan ecc. Sono i cosiddetti contractor, volgarmente mercenari, o ex militari supportati nelle loro missioni dai finanziamenti della Goldman Sachs, JPMorgan Chase e altre holding che operano su scala globale.
Questi “operatori umanitari” supportano il governo israeliano nella organizzazione, gestione e distribuzione degli aiuti internazionali tramite quattro varchi – due al centro e due al sud di Gaza. Ciascun varco dovrebbe soddisfare le attese di 300.000 persone affamate, assetate e malate, mentre le organizzazioni umanitarie che facevano capo all’ONU distribuivano cibo, acqua e medicinali da almeno 400 punti diversi, non da quattro come preteso dal governo di Netanyahu.
Il cui scopo è di accelerare lo spostamento forzato della popolazione palestinese dal nord verso il sud di Gaza, per confinarla chissà in quale deserto. Infatti, la militarizzazione della distribuzione alimentare ha lo scopo di rendere più facile lo sradicamento dei palestinesi dalla loro terra. Risalta, inoltre, che l’umiliazione di questo popolo è accentuato dall’obbligo di percorrere un lungo tratto a piedi per essere sottoposto al riconoscimento facciale, poi ripercorrere il ritorno con il carico degli aiuti ricevuti pur essendo persone oltremodo esauste.
Quanto finora descritto, non è altro che la parte finale di un piano spregevole e disumano, che si alimenta con l’odio viscerale nei confronti di un popolo inerte. Difatti, quanto sta accadendo a Gaza, nel suo insieme, sottende alla disgregazione della società palestinese per renderla incapace di riorganizzarsi se non alle condizioni imposte da Israele.
Oltre all’eliminazione fisica con le armi e le bombe, che indiscriminatamente colpiscono tutto e tutti, la fame e l’umiliazione sono le altre armi che l’oppressore israeliano utilizza per cancellare la capacità collettiva dei palestinesi di trasmettere il senso della sicurezza, dell’autonomia e della solidarietà. La fame morde le viscere in ogni momento, è il nemico che opera dentro il corpo di ciascun palestinese con il compito di fare crollare il patto sociale che unisce la comunità; fare in modo che la comunità stessa sia vissuta dagli affamati come un insieme di concorrenti in lotta per la sopravvivenza.
Questo sarà il punto di rottura dell’identità del popolo di Gaza, crollerà la solidarietà, la dignità e ciascuno inizierà a pensare a se stesso, a pensare solo ed esclusivamente alla sua fame contro la fame del compagno di sventura. Per questo motivo si dice che la fame non è soltanto uno strumento di sottomissione, ma un processo di lacerazione interiore che distrugge la coesione dell’identità individuale e, conseguentemente, della società nel suo complesso.
L’effetto devastante della fame, nel caso palestinese, secondo le attese degli israeliani, sarà quello dello strappo del paradigma delle priorità, cioè che il pensiero rivolto alla sopravvivenza individuale a qualunque costo, dovrà imporsi al pensiero rivolto alla liberazione collettiva. Ci troviamo, quindi, davanti a un colonialismo che s’impone non solo attraverso la sanguinaria forza militare, ma anche con l’assoggettamento psicologico e sociale delle persone, che avviene mediante il controllo e la gestione dell’alimentazione.
Insomma, si vorrebbe ridurre con la fame il popolo palestinese a un corpo senza anima, disposto a vivere senza prospettive politiche e senza diritti, pur di sopravvivere alla fame che l’attanaglia costantemente. Questo scenario di paura e malvagia sottomissione alimenta il vigore del nuovo fascismo, che il governo di Netanyahu incarna in tutti i suoi aspetti.
Concludo ricordando le parole impresse nella nostra Costituzione: Democrazia, Libertà, Giustizia, Uguaglianza, Antifascismo, Pace, Lavoro, le quali vogliono significare, in questo frangente storico, che la questione palestinese non riguarda solo la Palestina ma anche tutti noi. tutti i popoli liberi e dignitosi: l’intera umanità.
Perciò dobbiamo sentire l’obbligo di continuare a lottare e gridare che siamo contro il genocidio del popolo palestinese, contro le dittature, contro le armi, contro le angherie e il bullismo globale. Vogliamo la pace, perché siamo e vogliamo restare umani.