L’accordo tra Israele e Hamas ha molti punti critici

10 Ottobre 2025
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Nella notte tra l’8 e il 9 ottobre Israele e Hamas hanno accettato la prima fase dell’accordo che prevede: cinque punti d’ingresso per gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, il ritorno a casa di tutti gli ostaggi in vita in cambio della liberazione di prigionieri palestinesi, il parziale ritiro delle forze armate israeliane dalla Striscia. Pubblichiamo una dichiarazione di Amnesty International.

Ma in questo accordo sul cessate il fuoco ci sono davvero tante criticità e non potrà cancellare le sofferenze di questi ultimi due anni. Speriamo davvero che l’accordo tra Israele e Hamas non sia solo un breve momento di sollievo. Nel frattempo, plaudiamo a coloro che in questi due anni, all’interno della società israeliana, hanno sempre più spesso rifiutato di fare il servizio militare obbligatorio.

La notte tra l’8 e il 9 ottobre 2025 Israele e Hamas hanno accettato la prima fase dell’accordo sul cessate il fuoco che, secondo quanto riferito da fonti d’informazione, riguarda l’immediata apertura di cinque punti d’ingresso degli aiuti umanitari verso la Striscia di Gaza, il rapido ritorno a casa di tutti gli ostaggi in vita, israeliani e di altre nazionalità, in cambio di prigionieri palestinesi e il parziale ritiro delle forze armate israeliane dalla Striscia di Gaza.

“Per oltre due milioni di persone palestinesi della Striscia di Gaza occupata, che da due anni subiscono un’agonizzante sofferenza, incessanti bombardamenti e una sistematica carestia nel contesto dell’attuale genocidio israeliano, per le persone tenute in ostaggio dai gruppi armati palestinesi e per quelle detenute arbitrariamente in Israele, un accordo che potrebbe porre fine agli orrori degli ultimi due anni arriva crudelmente in ritardo e non cancellerà ciò che hanno subito. In molti ora controlleranno da vicino che non si tratterà solo di un altro breve momento di sollievo”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

“Mettere in pausa o ridurre temporaneamente gli attacchi e permettere a una goccia di aiuti umanitari di entrare nella Striscia di Gaza non è abbastanza. Devono esserci una totale cessazione delle ostilità e la completa rimozione del blocco israeliano. Israele deve consentire il flusso, senza ostacoli, di forniture basilari quali cibo, medicine, carburante e materiali per la ricostruzione in tutte le zone della Striscia di Gaza così come il ripristino dei servizi essenziali in modo da assicurare la sopravvivenza di una popolazione che sta annaspando a causa della fame, delle ripetute ondate di sfollamenti di massa e di una campagna di annichilimento. A ciò devono aggiungersi il ritiro delle forze armate israeliane dalla Striscia di Gaza e interventi urgenti per ricostruire e riparare infrastrutture fondamentali in tutto il territorio”, ha aggiunto Callamard.

“Tutte le persone palestinesi che sono state costrette a sfollare all’interno della Striscia di Gaza, la maggior parte di loro più volte, devono poter tornare nelle loro terre senza che Israele stabilisca chi può e chi non può farvi rientro”, ha sottolineato Callamard.

“Hamas e gli altri gruppi armati palestinesi devono rimettere in libertà le persone in ostaggio, ponendo finalmente termine a un incubo durato due anni. Israele deve scarcerare tutte le persone palestinesi sottoposte a detenzione arbitraria, comprese quelle detenute senza accusa né processo o in quanto combattenti illegali, in particolare gli operatori sanitari ingiustamente arrestati solo per aver prestato cure mediche”, ha proseguito Callamard.

“Perché un accordo sul cessate il fuoco sia duraturo, occorre che sia solidamente basato sul rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale e includa l’immediata fine del genocidio di Israele contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza e misure concrete per porre termine all’occupazione illegale di tutto il Territorio palestinese occupato e per smantellare il sistema di apartheid”, ha commentato Callamard.

“È triste constatare che tutto questo è assente nel cosiddetto ‘piano di pace Trump’, che non chiede giustizia e riparazione per le vittime dei crimini di atrocità né chiama a risponderne i responsabili. Fermare il ciclo della sofferenza e delle atrocità richiede la fine di un’impunità radicata nel tempo, che è al centro delle ricorrenti violazioni dei diritti umani tanto in Israele quanto nel Territorio palestinese occupato. Gli stati devono tener fede ai loro obblighi di diritto internazionale e portare di fronte alla giustizia i responsabili di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio”, ha rimarcato Callamard.

“Il progetto israeliano di imporre un ‘perimetro di sicurezza’, ossia una zona cuscinetto nella parte della Striscia di Gaza dove si trovano i terreni più fertili, rafforzerà ulteriormente il sistema di apartheid, l’occupazione e l’ingiustizia. Qualunque ipotesi di affidare a terzi l’occupazione della Striscia di Gaza senza assicurare la libertà di movimento col resto del Territorio occupato non farà altro che aggravare la frammentazione territoriale che è alla base del sistema israeliano di apartheid. Allo stesso modo, ogni misura destinata ad alterare la composizione demografica e la geografia di altre zone del Territorio occupato, ossia la Cisgiordania e Gerusalemme Est, dev’essere immediatamente annullata”, ha evidenziato Callamard.

“L’attuale piano non assicura una partecipazione attiva e degna di questo nome delle persone palestinesi alle decisioni sul futuro del Territorio palestinese occupato, sul modo in cui esse saranno governate e su come potranno esercitare i loro diritti umani. Un piano che ripeta gli errori e i fallimenti del passato, ignorando i diritti umani e le cause di fondo dell’ingiustizia, non garantirà un futuro giusto e sostenibile a tutte le persone che vivono in Israele e nel Territorio palestinese occupato. Dopo due anni di vergognosi doppi standard e di veti che hanno paralizzato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite mentre avveniva un genocidio in diretta mondiale, è giunto il momento di cogliere l’opportunità di porre fine a questo orrore, rimediare agli sbagli fatti e salvare ciò che è rimasto della nostra comune umanità”, ha concluso Callamard.

“Mentre assisto ai crimini commessi dall’esercito israeliano contro il popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania, (…) arruolarmi è incompatibile con i principi fondamentali della vita e dell’uguaglianza per tutti gli esseri umani: significherebbe piuttosto aderire a un sistema la cui essenza è oppressione, occupazione e distruzione”.

Sono le parole del diciottenne Yuval Peleg che sta scontando una pena a 30 giorni di carcere proprio per questo motivo e che potrebbe essere condannato ancora per lo stesso “reato”. Difendiamo la libertà di religione, coscienza e credo. Yuval Peleg ha solo 18 anni e sta scontando una pena di 30 giorni nella prigione militare di Neve Tzedek, in Israele, per aver rifiutato di arruolarsi nell’esercito in quanto è contrario al genocidio a Gaza e all’occupazione illegale del Territorio palestinese.

Nella sua dichiarazione di rifiuto ha detto: “Mentre assisto ai crimini commessi dall’esercito israeliano contro il popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania, (…) arruolarmi è incompatibile con i principi fondamentali della vita e dell’uguaglianza per tutti gli esseri umani: significherebbe piuttosto aderire a un sistema la cui essenza è oppressione, occupazione e distruzione”.

In Israele l’arruolamento è obbligatorio a partire dai 18 anni e dura tra i 24 e i 32 mesi. La maggior parte dei cittadini palestinesi con cittadinanza israeliana – circa il 21 per cento della popolazione – è esentata dal servizio. Per decenni, il Comitato di coscienza dell’esercito ha avuto la facoltà di concedere esenzioni, ma queste di solito sono state riconosciute solo a chi la richiedeva per motivi religiosi, come gli ebrei ultraortodossi, e non a persone pacifiste.

Il 25 giugno 2024, tuttavia, la Corte suprema israeliana ha stabilito che anche gli studenti seminaristi ultraortodossi devono essere arruolati.

Gli obiettori possono essere condannati e incarcerati ripetutamente per lo stesso “reato”. Questa prassi viola i diritti delle persone obiettrici secondo gli standard internazionali, che vietano la cosiddetta “doppia incriminazione”.

La libertà di religione, coscienza e credo è sancita dalla Dichiarazione universale dei diritti umani ed è tutelata dal Patto internazionale sui diritti civili e politici.

Le autorità israeliane devono scarcerare immediatamente e incondizionatamente Yuval Peleg e tutte le persone che si rifiutano di svolgere il servizio militare obbligatorio.

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