Perché è giusto praticare l’alfabetizzazione sanitaria pubblica

3 Agosto 2025

[Mario Fiumene]

In un Paese dove oltre un terzo degli adulti è analfabeta funzionale, la alfabetizzazione sanitaria pubblica rappresenta una sfida cruciale.

Perché significa non solo sviluppare consapevolezza, competenze e partecipazione attiva dei cittadini per rafforzare il Servizio Sanitario Nazionale, ma anche contrastare le disuguaglianze. È infatti la condizione attraverso la quale persone e gruppi possono ottenere, comprendere, valutare e mettere in pratica le informazioni necessarie per rendere le decisioni di sanità pubblica utili per la comunità.

L’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) a fine 2024 ha riportato che il 35% degli adulti italiani, tra i 16 e 65 anni di età, può essere definito come analfabeta funzionale, mentre la media Ocse è del 26%. Quindi oltre un terzo degli italiani sa leggere, ed esprimersi in modo sostanzialmente corretto, ma non è in grado di raggiungere un adeguato livello di comprensione e analisi di un discorso complesso, di articoli di giornale, regolamenti o bollette. Si trova in difficoltà nell’esecuzione di calcoli matematici semplici, come gli sconti in un negozio, la tenuta della contabilità casalinga, o nell’utilizzo degli strumenti informatici.

Sconta una conoscenza superficiale degli eventi storici, politici, scientifici, sociali ed economici. Il fenomeno è trasversale e interessa l’intera popolazione italiana (e non solo) seppur con distribuzione diversa per età, profilo socio-economico, regione di residenza. Situazione preoccupante pensando alla creazione, la circolazione e la disponibilità a credere a notizie false in un’epoca di potere dei social network, in particolare, alla disinformazione legata ai temi medico sanitari in una popolazione già analfabeta in tema di salute. 

Negli anni ‘70, relativamente alla capacità delle persone di leggere e comprendere materiale scritto di tipo sanitario, è emerso il concetto di alfabetizzazione sanitaria. E’ in estrema sintesi un aggiornamento della vecchia educazione sanitaria ed è finalizzata ad aiutare le persone a fare le migliori scelte personali, sia in tema di prevenzione e promozione della salute che di coinvolgimento quando pazienti nella gestione del percorso di cura. La comunità deve essere consapevole che ci sono determinanti sociali che influenzano il benessere e lo stato di salute e deve agire di conseguenza.

Il sistema sanitario per essere adeguato dovrebbe essere in grado di ridurre le disuguaglianze sociali e le relative cause anche in tema di salute. Serve, quindi una comunità alfabetizzata in grado di monitorare e tutelare il proprio stato di salute. La salute, in quanto bene comune, è indivisibile: la salute degli uni dipende da quella di tutti gli altri (e il concetto di One Health/Una Salute, parola d’ordine oggi di moda, ma non per questo meno vera, lo estende all’intero pianeta e a tutte le relazioni tra ogni forma di vivente).

La casa della comunità, la casa del bene comune, che potrebbe essere la sede ideale e privilegiata della scuola sul campo di sanità pubblica (di tutti gli ordini da quella d’infanzia a quella degli studi superiori in sanità pubblica) trova difficoltà a operare. Eppure, già dal 23 maggio 2022 un decreto ministeriale prevede che ogni 40-50 mila abitanti sia costituita una Casa della comunità, cioè un «luogo fisico di facile individuazione al quale i cittadini possono accedere per bisogni di assistenza sanitaria e socio-sanitaria».

E nel Pnrr sono previste risorse per edificarle laddove non esistano (un po’ meno per dotarle del personale). Per far funzionare le Case della Comunità serve, però, una politica matura, una cultura di sanità pubblica libera e indipendente da vincoli politici o di categoria (quindi anche da università, ordini professionali, rappresentanze ristrette) e che sia condivisa coi cittadini e le cittadine. Una cultura che dovrebbe mirare sia a riequilibrare i livelli di salute tra i vari gruppi sociali sia a riequilibrare il peso tra servizi territoriali (Distretti e Dipartimenti di prevenzione) e servizi ospedalieri.

In Sardegna queste condizioni non esistono, vanno create progressivamente, attraverso provvedimenti che rappresentino un cambio di paradigma e vanno contestualizzati e applicati con il sostegno di iniziative che aumentino la alfabetizzazione sanitaria pubblica e quindi la competenza sui temi della sanità pubblica a tutti i livelli, in tutti gli ambienti (politica e media compresi). Rendere i cittadini protagonisti in ambito sanitario necessita di un grande investimento di portata strategica, e prevalentemente culturale, per aumentare le loro conoscenze scientifiche e la consapevolezza di come tutelare la loro salute.

Questo potrebbe consentire ai cittadini di comprendere come le politiche ambientali, urbane, industriali, del territorio, sono determinanti fondamentali nella tutela e nella promozione della loro salute.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI