Qual è la realtà su Rwm? Quali sono i fatti?
20 Dicembre 2025
[Arnaldo Scarpa]
L’immagine che i cittadini potrebbero avere della questione Rwm ascoltando le esternazioni di chi rappresenta nella vicenda la regione e lo stato è perlomeno confusa, se non contradditoria.
Dopo oltre due anni di istruttoria, nonostante siano state appurate, dal servizio regionale, una serie di irregolarità rispetto a quanto realizzato e presentato da Rwm, gli uffici hanno espresso parere favorevole.
A questo punto, a seguito delle osservazioni tecniche delle associazioni ambientaliste e pacifiste, abbiamo prima assistito alla scena in cui la Presidente Todde ha annunciato che era costretta a portare in Giunta il parere degli uffici e dunque “aveva le mani legate” e l’ampliamento era da autorizzare, anche obtorto collo. Poi, un primo colpo di scena: la Giunta, causa vibrate proteste di pezzi molto significativi ma minoritari, della maggioranza, non viene neppure investita ufficialmente della questione, e si fanno scadere i termini imposti dal TAR Sardegna.
Il tribunale amministrativo regionale, dal canto suo, ha già messo nero su bianco che cosa debba accadere in questo caso: la palla non passa al governo, ma ad un commissario “ad acta” – nominato solo per questo atto -, un alto dirigente del Ministero dell’Ambiente che dovrà rispondere entro 60 giorni da un’eventuale nuova richiesta di autorizzazione che Rwm potrà produrre direttamente al ministero, non avendo ricevuto risposta dalla Regione entro il termine dettato dal tribunale stesso.
In questo quadro, in cui la strada per l’ampliamento appare già ben spianata, dato che l’orientamento delle massime istituzioni nazionali appare assolutamente favorevole alla produzione di armi (per chi e per cosa non importa!) interviene però la dichiarazione del Ministro Urso (delle Imprese e del Made in Italy) che si affretta a dire ai giornalisti che ha già preso accordi col Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin per approvare l’ampliamento nel più breve tempo possibile, evidenziando in anticipo una condotta presumibilmente pressoria sul funzionario ministeriale che dovrebbe invece esaminare il caso dal punto di vista tecnico-giuridico, senza pressioni politiche di sorta.
Invece, la Presidente della Sardegna sembra tirar fuori un asso dalla manica (ma non tutti i giocatori lo vedono) e, oltre la scadenza, se ne esce, con una dichiarazione in cui afferma che “l’iter non è concluso”, che manca poco e che non poteva portare la decisione in Giunta senza attendere che anche gli ultimi aspetti di questa fabbrica che “non è normale” venissero chiariti dagli appositi uffici. Lasciando pensare che si appresti a convocarla sul tema, nonostante il provvedimento ordinatorio del TAR.
Insomma, tutto è ancora in ballo, ma la Regione e la sua presidente non hanno certo fatto finora una bella figura, tra frasi poco chiare, che a tratti sono anche risultate, per qualcuno, offensive, come quelle rivolte al popolo pacifista riunito a Cagliari alla Conferenza Euromediterranea di Pace convocata dall’ARCI: “non voglio dire che mi stenderò fuori dai poligoni, perché “non io non sono così” perché sono una persona seria”, tra ritardi, tentennamenti, uffici che tralasciano pezzi importanti di analisi prima di rilasciare pareri tecnici, altri pareri che non arrivano, maggioranze che vacillano di fronte a qualcosa che sarebbe ovvio per un governo regionale di sinistra, ma in cui evidentemente hanno un gran peso certe lobby di potere che sappiamo molto ben ammanigliate da una parte col centrosinistra regionale e nazionale e dall’altra con gli affaristi delle armi.
Sul governo nazionale, non rimane molto da dire, dato che l’appoggio agli armieri e all’economia di guerra non lo fa mancare in nessuna occasione, come dimostra inequivocabilmente la presenza del loro sommo sacerdote Crosetto sullo scranno del Ministero della Difesa, e i numerosi decreti e disegni di legge che tendono a trasformare l’Italia in un paese belligerante e militarizzato, pur senza che si profili all’orizzonte un reale nemico. Alla fine, si profila pure il rischio che, con un emendamento, ogni capacità decisionale delle regioni rispetto all’industria della guerra venga sottratta in nome dell’interesse nazionale, così come è ormai fuori controllo regionale la questione della transizione/speculazione ecologica.
La Confindustria, poi, afferma che è inaccettabile l’inadempienza della Regione su un investimento già autorizzato, tralasciando però di dire che quelle autorizzazioni sono state tutte annullate dal massimo organo giudiziario amministrativo dello Stato per una serie di irregolarità amministrative, e che, proprio per questo, c’è bisogno di una Valutazione di Impatto Ambientale ex-post, in pratica un colpo di spugna sugli illeciti, un regalo legale fatto dagli stessi giudici amministrativi e dalla regione sarda a Rwm, mentre viene negato, a norma di legge, a qualsiasi privato cittadino.
Certo che poteva andare altrimenti: la Presidente ha sul suo tavolo tantissime osservazioni tecniche contrarie alla VIA che avrebbe potuto utilizzare per concludere (entro i termini) che, sulla base dei dati in suo possesso, non era possibile autorizzare l’ampliamento. Naturalmente, avrebbe dovuto motivare un parere diverso da quello degli uffici regionali, anche senza metterne in dubbio la correttezza formale, opponendo la ragionevolezza delle osservazioni ricevute dalle associazioni e magari citando il principio di precauzione per una fabbrica che davvero “normale” non è.
Eventuali opposizioni interne alla Giunta le avrebbe potute superare chiamando a sostegno della sua posizione i cittadini e le cittadine della Sardegna che l’hanno votata in gran numero per il suo approccio politico innovativo e non certo perché sostenga lo status quo. Insomma, chi il coraggio non l’ha non se lo può dare, ma la Presidente della Sardegna di coraggio deve averne tanto, se vuole incidere realmente su una realtà politica e sociale altrimenti alla mercè delle lobby.
Ora, mentre aspettiamo tutti di vedere l’eventuale asso nella manica della Presidente, possiamo anche stare ben certi che nessuno dei reali portatori d’interesse se ne starà con le mani in mano, né la Rwm e i suoi sostenitori al governo, né le associazioni pacifiste e ambientaliste che, oltre a continuare ad esercitare il loro ruolo di “grilli parlanti”, hanno già pronto il prossimo ricorso, ma possiamo anche stare certi che se in Sardegna non si avvia una stagione di profonde riforme riguardo alle politiche economiche, all’uso del territorio, alla sovranità agro-alimentare e al sostegno alle attività sostenibili del punto di vista etico ed ambientale – riforme che necessariamente porteranno ad un aspra vertenza con lo stato/padrone – nulla potrà migliorare e ci ritroveremo ad essere sempre più inseriti in una logica di sfruttamento neocoloniale che ci considera una terra buona per ogni cosa faccia comodo dislocare e disporre, sulla pelle dei sardi, dal 41bis, agli ignobili CPR (leggi “prigioni per migranti economici”), da una miriade di pale e pannelli alle enormi estensioni di territorio adibite ad esercitazioni belliche, dal gettito fiscale regionale restituito solo in piccola parte, alle leggi regionali regolarmente impugnate in modo da renderle inutili.
Coraggio Presidente, coraggio Sardegna.







