Quando gli uomini odiano le donne

2 Ottobre 2023

[Amedeo Spagnuolo]

Dieci e dodici anni hanno le due ragazzine stuprate, per tutta l’estate, a Caivano, comune a nord dell’area metropolitana di Napoli, da un gruppo di adolescenti.

Dieci anni, praticamente una bambina di quinta elementare che, insieme alla cugina poco più grande, hanno dovuto subire violenze indicibili per tutta l’estate. Non bisogna certo fare l’errore di criminalizzare un’intera comunità, ma ripensando a tutta questa violenza non riesco a non pensare di continuo a come sia stato possibile che, in un comune con lo stesso numero di abitanti di Nuoro, nessuno abbia visto nulla per tanto tempo, nessun segnale che potesse mettere in allarme qualcuno che avrebbe, non dico, potuto intervenire direttamente (purtroppo siamo il paese della mafia e dell’omertà) ma almeno, in forma anonima, avvisare le forze di polizia che qualcosa di orribile stava accadendo in quel quartiere chiamato “Parco Verde” quasi a rendere più grottesca e orribile questa vicenda.

Sappiamo tutti che di vicende agghiaccianti ne accadono in tutta Italia e quindi, lo ripeto, voglio sgombrare il campo immediatamente da qualsiasi tentazione volta a criminalizzare Caivano e la sua popolazione. Il problema piuttosto è più vasto e complesso e riguarda la violenza di genere sempre più diffusa e devastante nel nostro paese. Dunque, la domanda giusta che, secondo me, dobbiamo porci è: perché una violenza così orribile sta prendendo piede con tanta forza in un paese come il nostro che ha insegnato, a partire dall’Impero Romano, i principi del diritto e del rispetto della persona a tutto il mondo?

Dal mio punto di vista, il problema va affrontato tenendo conto di molteplici cause scatenanti anche se, su tutte, mi sembra che emerga in maniera netta un problema di natura culturale che si esplicita nella definizione della donna intesa non come persona ma, detto brutalmente e banalmente, come oggetto di piacere che ha il dovere di soddisfare, senza potersi opporre, gli appetiti sessuali del maschio. Insomma, secondo me, è inutile andare alla ricerca di spiegazioni raffinate ed elaborate, utili, forse, a fornire materiale di discussione a qualche talk show. In sostanza nel nostro paese è necessaria una vera e propria rivoluzione culturale che, col tempo, spazzi via tutto il ciarpame ideologico che ha prodotto, non da ieri, questa visione aberrante della donna.

Da dove dovrebbe partire questa rivoluzione culturale? Dalla scuola, è ovvio, per essere più chiari, dalla scuola primaria dove i bambini e le bambine dovrebbero essere educate al rispetto reciproco a tutti i livelli. Parlo della scuola ma anche le famiglie dovrebbero fare la loro parte, il problema però è che, purtroppo, la mia esperienza e non solo, mi suggerisce che negli ultimi decenni le famiglie, non tutte è ovvio, hanno abdicato al loro compito fondamentale ovvero quello di educare i propri figli, preferiscono riempire le loro stanzette di oggetti costosi e spesso inutili come i costosi smartphone e, in questo modo, farsi sostituire nel fondamentale ruolo educativo, da tutta questa paccottiglia, lasciando nei propri figli un incolmabile vuoto di senso e una disperata solitudine dagli esiti sempre più devastanti.

Quindi se non possiamo cominciare dalle famiglie, o almeno da una parte delle famiglie, cominciamo dalla scuola. Invece di proporre ai nostri studenti decine di progetti e progettini inutili, affrontiamo in maniera impattante il problema della violenza di genere e utilizziamo tutto il tempo possibile affinché, a partire dai bimbi delle elementari, si riesca a creare un clima “benevolo” tra i generi e venga stigmatizzata qualsiasi forma di violenza rivolta a chi si ritiene essere “diverso”. In buona sostanza è necessario un lavoro continuo e pervicace sull’educazione dei nostri alunni volto a mutare completamente la loro visione dell’universo femminile, ma aggiungerei anche degli altri generi che, giustamente, negli ultimi anni, rivendicano con sempre più forza i loro diritti. Purtroppo, per tornare al problema dell’assenza di molti genitori, la visione della donna, in molte famiglie è rimasta immutata e dunque fortemente discriminante, nonostante le apparenze.

A sostegno di quanto affermato finora mi sembra utile citare le parole del filosofo Paolo Ercolani autore dell’interessante saggio: Contro le donne, storia e critica del più antico pregiudizio. Ercolani, in queste sue illuminanti riflessioni che partono dai recenti crimini nei confronti delle donne avvenute a Napoli e dintorni (ma lo ripetiamo ancora, questo triste fenomeno interessa, purtroppo, tutte le aree del nostro paese), afferma con chiarezza la necessità di una profonda rivoluzione culturale: “Il tragico episodio di Napoli è allucinante ma non sorprendente.

Da una parte il pregiudizio antico e radicato che vuole il corpo della donna a disposizione di tutti gli appetiti maschili. Dall’altra un Paese che impoverisce la propria scuola, rendendola incapace di contrastare i pregiudizi e le usanze imposte da quella vera e propria “pedagogia popolare” che in questo caso è rappresentata dalla malavita organizzata e dalla sua antichissima cultura maschilista. In mezzo ci sono le donne, condannate a recitare il ruolo di carne da macello e di corpi utilizzabili dai maschi, un po’ come erano le “comfort women” (donne di conforto) cinesi durante la II guerra mondiale. Che si sia nei paesi arabi infestati dall’Isis e dalla sua “teologia dello stupro”, o nelle nostre metropoli occidentali “civilizzate”, altrettanto infestate dalla cultura della “donna oggetto”, risulta palese la necessità di una rivoluzione culturale che parta dall’educazione affettiva e sessuale dei giovanissimi.

Derogare rispetto a questo imperativo categorico significa essere correi delle violenze sulle donne, quindi ipocriti quando piangiamo per loro.

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