Referendum e dintorni

16 Settembre 2020

[Graziano Pintori]

Già da qualche anno i Referendum che si stanno promuovendo hanno un unico scopo, “demolire” la Costituzione Repubblicana: prima con Berlusconi, poi la ricetta Renzi/Boschi, oggi quella Di Maio/Zingaretti, in compagnia dell’accoppiata Fratelli d’Italia e Lega, con tutto l’armamentario sovranista, populista, neofascista.

E’ visione diffusa che questa anomala corazzata dia l’impressione di considerare il Parlamento, espressione della Costituzione nata dalla Resistenza, come un’assemblea di condominio, visto il quesito referendario apparentemente innocuo ed elementare che sa di mercato promozionale, tipo “paghi uno e prendi due”. Ossia, con il semplice gesto di tracciare una crocetta sul “Si” ti bevi un caffè gratis all’anno e, in contemporanea, liberi il Parlamento da tanti intrusi, a prescindere che siano stati eletti dal popolo. Il Referendum del 20 settembre è anche un palese attacco alla rappresentanza del popolo, il cui peso decisionale non può essere messo in discussione dall’antiparlamentarismo che caratterizza la faciloneria politica dei pentastellati, e non solo.

Ciò che non si dice è: che la vittoria del Si faciliterebbe il percorso verso la Repubblica Presidenziale, tanto agognata dalla destra autoritaria; che amplierebbe i bacini elettorali perché i più estesi assorbirebbero quelli minori per numero di abitanti, sconvolgendo il dettato costituzionale che definì il numero dei parlamentari sulla base degli abitanti presenti. Ovverosia un senatore poteva essere eletto dalla volontà di duecento mila abitanti o frazione superiore a centomila; mentre un deputato ogni ottanta mila abitanti o frazione superiore a quaranta mila.

Il Parlamento, con l’eventuale riduzione degli eletti, dovrebbe continuare a barcamenarsi tra le tante competenze come se, in termini numerici, nulla fosse mutato: vedi le regole che vigono sulle funzioni delle due camere, vedi le attività delle commissioni, mutilate delle voci di tanti territori privi di rappresentanza. Si è consapevoli che la qualità del Parlamento non dipende tanto dal numero dei deputati e senatori, perché è risaputo che efficienza e produttività sono garantite dalle qualità politiche, intellettuali, civili e culturali di ciascun eletto.

La “caciara”, che molte volte caratterizza il dibattito parlamentare, da cui le tante speculazioni per favorire il Si, non è causata dal numero dei parlamentari, ma dall’incapacità di molti di essi a sostenere il confronto e il dibattito con i propri avversari, pur essendo tra le funzioni principali che l’elettore ha delegato loro. Inoltre, ridurre il numero dei parlamentari significa aumentare il potere selettivo dei segretari, o capi o boss, delle organizzazioni politiche, i quali favoriscono l’elezione della cosiddetta casta parlamentare a scapito delle qualità, di cui si accennava prima.

Non possiamo dimenticare, fra le altre cose, che la riduzione dei parlamentari favorisce campagne elettorali più dispendiose di quelle che già conosciamo, un modo per favorire, ancora una volta, i possessori di ricchezze il cui scopo, frequentemente, è quello di utilizzare il Parlamento come tribuna da cui difendere i propri interessi. I big dei Cinque Stelle e del PD hanno assunto l’impegno, in caso di vittoria del Si, di promulgare una nuova legge elettorale di tipo proporzionale, con lo sbarramento del 5% e con eventuali liste bloccate, ben sapendo che tale proposta escluderebbe dalla rappresentanza parlamentare tante organizzazioni politiche minori e altre espressioni politiche locali.

Un modo per perpetuare la gestione del potere da parte dei grandi partiti servendosi del Parlamento, divenuto ormai organo di ratifica, essendo sottoposto all’accentramento governativo tramite i voti di fiducia, i Decreti Legge, i DPCM e via discorrendo.

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