RWM, la quadratura del cerchio tra riconversione e occupazione

1 Novembre 2025

[Valter Canavese]

Si è svolto il 17 ottobre, presso la sede della Regione Sardegna, un presidio delle varie associazioni antimilitariste e ambientaliste –tra le altre Legambiente, Sardegna pulita, Confederazione sindacale sarda, Sardegna chiama Sardegna- che si battono per la riconversione della RWM di Domusnovas presente nel Sulcis dal 2010.

Il presidio fa seguito ad una lettera alla Presidente Alessandra Todde affinché la Regione Sardegna non conceda l’ampliamento dello stabilimento per potenziare nuove linee produttive, quali quelle di droni leggeri, prodotti con la società Israeliana Uvision Air. La RWM sembra tenere molto alla fabbrica di Domusnovas con l’intenzione di farne il fulcro della nuova stagione dei droni armati con l’avvio della produzione delle munizioni circuitanti Loitering. Il gruppo tedesco Rheinmetall, senza una presenza diretta nell’organo amministrativo, per il tramite del ceo Alessandro Ercolani, punta a velocizzare la produzione e a ridurre dipendenze esterne in un settore in forte espansione.

È la stessa azienda tedesca che ha annunciato di aver completato una nuova linea industriale che consente di produrre diverse centinaia di unità al mese. A Musei vengono assemblati e testati i componenti elettronici e inerti, mentre a Domusnovas si realizzano e si integrano le testate. In portafoglio ci sono tre varianti pensate per ruoli differenti, dalla Hero 30 impiegabile dalle squadre di fanteria, alla Hero 120 per colpire veicoli blindati e infrastrutture fisse, fino alla Hero 400 con raggio maggiore per bersagli fortificati. Il portafoglio ordini supera i 200 milioni di euro per otto Paesi europei tra membri e non membri della Nato.

Tutto questo fervore nel comparto armamenti, con percentuali di spesa che erodono il Pil, sembra avere la benedizione del Ministro dell’Impresa D’Urso, favorevole alla riconversione del mondo automobilistico in quello dell’industria bellica. Questo comporta un palese conflitto tra” il valore del lavoro all’interno e all’esterno di uno stabilimento industriale in un settore peculiare e complesso –quale quello della produzione di armi con il triplice ruolo dello Stato (regolatore, committente, produttore), per cui l’azione pubblica appare al tempo stesso imprescindibile, decisiva e ambivalente” (Pruna-Perra).

In questo scenario è da evidenziare la recente posizione del segretario della CGIL Sardegna – Fausto Durante- che ha invitato il ministro a rinunciare all’incremento di produzioni industriali di armi di Domusnovas “I lavoratori meritano rispetto, ma serve un piano di riconversione civile”.

Una rivoluzione copernicana rispetto a quella che è stata una posizione della Cgil, della Cisl e della RSU, evidenziata in una serie di ricerche sulla RWM dalle professoresse Maria Grazia Letizia Pruna e Margherita Sabrina Perra: “I sindacati territoriali e i lavoratori di RWM rifiutano qualsiasi confronto con il Comitato, difendono il lavoro nell’azienda senza apparenti divisioni interne, negano l’esistenza di una questione etica e ribadiscono in ogni occasione la piena legalità e legittimità della produzione.”

Gli avvenimenti continuano a incalzare l’Europa e la Sardegna con un nuovo piano, presentato dalla Commissione e dall’Alta Rappresentante Kaja Kallas, che ha come obiettivo quello di rafforzare, entro il 2030, le capacità militari dei 27 Stati membri con droni, sistemi antimissili e scudo spaziale, il tutto foraggiato dall’innalzamento delle percentuali del pil per le spese militari.

Il tempo stringe anche per le decisioni che la Regione Sardegna, entro il 17 dicembre, dovrà adottare per il provvedimento conclusivo della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) sull’ampliamento della RWM Italia di Domusnovas. In caso contrario, sarà nominato un commissario adacta. secondo quanto disposto dalla sentenza 910/2025 del Tar Sardegna.

In questo nodo scorsoio, fatto con una corda umida che lascia segni violacei sul territorio sardo, si registrano gli addestramenti al volo di piloti americani nella base di Decimomannu con “l’amorevole” sostegno della Leonardo ed i suoi i T-346° tirati a lucido. Leonardo comunque presente nelle trame di ricerca dell’Università di Cagliari.

A fronte di questo avviato percorso sulla non nuova eccellenza economica per la Sardegna nel settore delle armi, fanno fatica a farsi strada proposte e progetti del Comitato Riconversione RWM formato da più di 20 associazioni. Iniziative sempre restituite al mittente ma ostinatamente ripresentate in forza di esempi che provengono fin dagli anni 70 come le lotte contro l’installazione dei missili a Comiso.

Non esiste un grande riscontro in termini pratici ma passaggi importanti quale il caso della fabbrica Lucas Aerospace che rimane come unico tentativo esemplare di riconversione attuato dal sindacato a livello di base. Bisogna ricordare poi l’esistenza negli anni 90 dell’Agenzia per la riconversione dell’industria bellica, nata nel 1994 grazie alle lotte dei cassaintegrati Aermacchi. La proposta di legge del 2006 “Disposizioni in materia di riconversione dell’industria bellica e per la promozione dei processi di disarmo non vedrà mai la luce e né la legge 185 del 1990 riserva una parte alla possibile riconversione dell’industria bellica in quella civile.

Anche l’economia ha affrontato il tema. Valga per tutti il testo dell’economista Seymour Melman, docente di ingegneria industriale della Columbia University di New York (Fabbriche di morte: è possibile convertirle? Editore: Pironti), che non può fare a meno di notare che “Il potere e l’impatto dell’industria bellica sulla società sarebbe determinato non tanto dalla dimensione di questa attività, quanto dal suo grado di concentrazione e dalla sua capacità di drenare le migliori risorse umane e scientifiche presenti nel paese, anche in relazione alla concentrazione delle aziende in determinate aree geografiche, che amplifica la loro capacità di ricatto occupazionale”.

La Sardegna potrebbe seguire le tracce della Lombardia con la Agenzia per la riconversione dell’industria bellica, costituita verso la fine degli anni 80, o con la legge Regionale n.6 del 1994, con la quale si finanziavano progetti alternativi presentati dalle aziende, o fare proprio il contenuto del rapporto della  Rete pace per il disarmo teso a: «promuovere politiche concrete di riconversione dell’industria militare verso la produzione civile, con rafforzamento di fondi per lo sviluppo locale sostenibile, in particolare istituendo una agenzia nazionale per la riconversione,dotandola di fondi necessari per ricerche e studi».

C’è la necessità di proposte sostanziali che pongano sullo stesso piano la scelta per la Regione Sardegna di porre fine alla produzione degli armamenti e dare prospettive di occupazione reali agli operai della RWM e a tutto il Sulcis. Difficile? Sì, ma con la consapevolezza che se non lo faranno le forze progressiste non ce lo potremo aspettare da altri.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI