Spesa e lavoro. Così si distingue l’Arcobaleno

LAVORI TEMPORANEI
Antonio Mura

Nell’attuale fase in cui si discute sulla composizione delle liste elettorali mi sembra possa essere di qualche utilità una riflessione su quanto si è sin qui sentito a tutti i livelli a partire da quello nazionale. Sono ormai definiti gli schieramenti politici, le coalizioni, gli apparentamenti e i concorrenti solitari. Si fa un gran parlare di rinnovamento generazionale e di candidature eccellenti. Sul rinnovamento sono sicuramente d’accordo le forze sane della sinistra, includendo fra queste, seppur con cautela, la parte Ds che si è spostata a destra. Il rinnovamento però non si può identificare con l’età anagrafica delle persone o con la durata della militanza politica. Un governo si valuta in base a ciò che fa, se riesce a mantenere e ad accrescere il consenso attorno a sé, se ha dato la dovuta importanza ai contenuti del programma che ha presentato durante la campagna elettorale. Io sono per la Sinistra Arcobaleno e di conseguenza mi pongo il problema di cosa mi differenzi dal Partito Democratico, cosa rappresenti la scelta del nuovo, l’entrata in campo dei giovani, come e cosa si cambia rispetto al passato. La risposta è: benissimo il rinnovamento, benissimo la sinistra ma su quali basi dare la fiducia? Credo che la linea di demarcazione sia rappresentata dalla risposta ai problemi politici che attanagliano la società. Va detto con estrema chiarezza che non si può solo parlare del superamento della precarietà senza un impegno reale e concreto per la cancellazione della legge delega numero 30 e del suo decreto legislativo 276. Vanno riscritte le norme sul lavoro, riducendole a pochi ma chiari contratti di lavoro che siano di garanzia, tutela e prospettiva di vita per i lavoratori. Quando si assicura la riduzione della spesa pubblica va specificato con chiarezza da che parte si taglia. Credo sia legittimo chiedersi se i tagli ricadranno sul versante sanità e assistenza come pure su pensioni, visto che lo scalone Maroni è stato modificato ma che nel tempo si innalza l’età pensionabile. Sulla riduzione della spesa pubblica sono d’accordo i rappresentanti dei due maggiori partiti sicuramente con obiettivi diversi. Certamente diversa da questi ultimi deve essere la proposta della sinistra; su questo aspetto è importante confrontarsi con chiarezza di proposte. Si equivoca sull’obiettivo di migliorare le condizioni di vita ed il potere d’acquisto di salari e pensioni ricorrendo a sistemi di decontribuzione e defiscalizzazione. Dati recenti della Banca d’Italia rilevano che il reddito da lavoro dipendente è passato dal 43,7 per cento del pil nel 1993 al 40,7 per cento nel 2006. L’intervento con la leva fiscale potrebbe sanare di un solo punto la perdita secca dei 3 persi. Il potere d’acquisto va salvaguardato con strumenti seri che ridiano quanto in questi anni è stato tolto. La contrattazione nazionale e leva fiscale nazionale devono essere impostate in modo tale che impediscano lo sfruttamento e la speculazione nella contrattazione territoriale, cosiddetta di secondo livello. Non credo sia inutile chiedersi come si possa ridurre la spesa pubblica a fronte di un minor gettito fiscale e/o contributivo senza intaccare, migliorare, incrementare servizi essenziali. Il bilancio del ministero della Difesa costituisce spesa pubblica eppure nessuna riduzione ma totale rifinanziamento delle cosiddette missioni di pace. Resta sempre e comunque di primaria importanza la vera lotta all’evasione fiscale e contributiva. Credo si debba rispondere con decisione all’intromissione della Chiesa nella politica italiana. Va difesa strenuamente la legge 194 e modificata integralmente la legge sulla procreazione assistita. È necessario il massimo impegno per contrastare le interferenze e gli stretti rapporti con la Chiesa e forze politiche che si ispirano ai valori cattolici. Lo Stato è laico e tale deve restare al di fuori della fede religiosa. Il rispetto delle individualità e delle scelte personali e naturali deve rappresentare un punto cardine nella vita democratica. Mi riferisco ai rapporti che poi sono stati chiamati Di.Co. e di cui niente si è fatto, anzi gran parte del Partito Democratico ha ritenuto di lavarsene le mani. Non dimentico il comportamento del Governo che in occasione dell’approvazione del protocollo d’intesa del luglio scorso ha rifiutato i miglioramenti apportati in Commissione. Ogni commento sarebbe particolarmente negativo in quanto quella decisione è stata assunta in danno a lavoratori, pensionati, cittadini. Ho citato solo pochi argomenti, e tutti con pari rilevanza ed importanza, per esprimere la necessità che la formazione delle liste elettorali risponda alla presenza di candidati che si esprimano con chiarezza sugli obiettivi e il programma che si vuole realizzare. Nomi e candidature senza uno stretto legame ai problemi reali del paese non hanno senso anche se rinnovano il quadro politico. Ritengo che quelli elencati siano tutti obiettivi primari di importanza nazionale che ovviamente si realizzano anche in campo regionale. Certamente sono rilevanti le tematiche regionali che devono essere di integrazione al programma nazionale. Programmi esclusivamente regionali ed autonomistici, a mio parere, sono parziali se non si integrano strettamente con quelli nazionali. Concludo affermando che è ora importante, dati i tempi particolarmente stretti, confrontarsi da subito su programmi ed obiettivi chiari e condivisi perché la campagna elettorale parli a tutti i cittadini con proposte serie e convincenti. In poche parole bisogna recuperare il consenso perso con argomenti credibili che toccano la generalità dei cittadini italiani. Forte impegno per la loro realizzazione.