Continuità e subalternità

19 Aprile 2017

Francesco Pigliaru ANSA / GIUSEPPE UNGARI

Massimo Dadea

Cosa hanno in comune, in Sardegna, il territorio, l’ambiente, la salute e il lavoro? Sono il prodotto dello stesso modello di sviluppo: quello che ci è stato imposto, a cavallo degli anni ’50, ’60 e ’70, dal primo Piano di Rinascita. Un modello incentrato sul consumo e la rapina del territorio, sulla industria petrolchimica, sulla licenza di inquinare, su una produzione energetica basata sui combustibili fossili (petrolio e carbone), su un odioso ricatto che ha contrapposto due diritti costituzionalmente garantiti, la salute e il lavoro: lavorare per sopravvivere, morire per lavorare. La Sardegna di oggi è il prodotto di quelle scelte. Una regione con un alto tasso di invecchiamento, una bassa natalità, dove un giovane su due è senza lavoro, un basso numero di laureati ed un alto indice di abbandono scolastico: un’isola di vecchi, di disoccupati, con un basso livello di istruzione e di conoscenza. Un territorio interessato da un processo di spopolamento che sta trasformando la “Sardegna di dentro”  in una landa desolata, dove si sta consumando, nel silenzio di molti, un genocidio culturale, sociale e antropologico. Un processo di sviluppo che lascia dietro di sé solo ferri vecchi ed arrugginiti che presto diventeranno parte di un desolante parco di archeologia industriale: monumenti a futura memoria della stupidità umana. Una industrializzazione per poli che ha finito per inquinare pesantemente il terreno, l’aria e l’acqua e per determinare gravi conseguenze per la salute dei cittadini: un sardo su tre vive a contatto con un sito industriale contaminato; gli uomini e le donne in Sardegna muoiono di più a causa di un’alta incidenza della patologia tumorale(neoplasie polmonari e pleuriche, leucemie e linfomi), di un’alta prevalenza di malattie autoimmuni quali il Diabete e la Sclerosi multipla e i bambini nati nelle zone contaminate presentano delle preoccupanti modificazioni del DNA. Di fronte a tutto questo la giunta regionale di centro sinistra, sovranista e, pare, anche indipendentista, è riuscita a far rimpiangere le peggiori giunte di centro destra, perfino l’ultima di Cappellacci. La giunta Pigliaru appare un impasto di subalternità e di continuità. Subalternità rispetto ai diktat del governo di Roma e agli appetiti degli interessi forti, continuità con quel modello di sviluppo che tanti guasti ha procurato alla nostra isola. Due esempi su tutti. In continuità con il passato si insiste con una politica ambientale ed energetica vecchia, costosa e dannosa. Un atteggiamento schizofrenico che porta il Presidente della regione a partecipare alla Conferenza sul clima, prima a Parigi e poi in Marocco, dove vengono condannate le politiche energetiche basate sui combustibili fossili e poi, al rientro in Sardegna, la giunta  da lui presieduta da il via libera ad una nuova centrale a carbone a Portovesme, finanzia gli inceneritori di Macchiareddu e Tossilo, progetta gassificatori e nuove dorsali a metano. Ma l’arretramento più sconcertante si registra in materia urbanistica e paesaggistica. Ancora una volta il volano dello sviluppo viene individuato nel consumo e nella rapina del territorio, attraverso consistenti iniezioni di cemento. Non appare superfluo ricordare che una delle parole d’ordine della campagna elettorale di Pigliaru era stata la discontinuità con la Giunta Cappellacci. Oggi questa giunta si accinge a fare quello che alla destra non era riuscito: smantellare parti importanti del PPR(Piano Paesaggistico Regionale). Si è iniziato con il “commissariamento” della Conservatoria delle Coste, si è  continuato con la sostanziale accettazione del “Piano casa” voluto da Cappellacci ed ora si completa l’opera  con il DDL sul “Governo del territorio”. Ancora una volta, come nel passato, il consumo del territorio sembra essere la filosofia dominante. Tra le tante ambiguità contenute nell’articolato, una appare alquanto bislacca: quella secondo cui per allargare la stagione turistica sia sufficiente “allargare” gli alberghi, consentendo di aggiungere nuove volumetrie nella fascia costiera dei trecento metri dal mare. Nel frattempo, con una apposita delibera, si è provveduto a sterilizzare le fastidiose interferenze di qualche coraggiosa Sovrintendenza e ad eliminare gli altrettanto fastidiosi lacci e lacciuoli che potrebbero intralciare i progetti “gasieri”, escludendo dall’operatività del vincolo paesaggistico le grandi aree industriali ricadenti nella fascia costiera. L’iniziativa della giunta ha suscitato il plauso dei cementificatori di professione, della Confindustria, degli ordini professionali e di quanti non perdono occasione per plaudire a quei volenterosi che si impegnano a smantellare quel che rimane della politica ambientale, paesaggistica e urbanistica della giunta Soru. E’ difficile, altresì, fugare il sospetto che nell’azione della giunta Pigliaru una parte rilevante finiscono per averla gli interessi dell’emiro del Qatar in Sardegna: il turismo per ricchi (grandi alberghi nella fascia dei trecento metri dal mare), la sanità privata (Mater Olbia), il metano. Una giunta regionale sempre più protagonista di quel processo di “normalizzazione” che si identifica nel motto: continuità nella subalternità.

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