Ecco il sito per le scorie nucleari

16 Giugno 2014
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Stefano Deliperi

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.) ha pubblicato la Guida tecnica n. 29 “Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività”(qui la relazione illustrativa).

Si tratta di “un insieme di requisiti fondamentali e di elementi di valutazione che devono essere tenuti in conto da parte della S.O.G.I.N. S.p.A., quale soggetto attuatore, nel processo di localizzazione del Deposito nazionale, dalla definizione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sino alla individuazione del sito idoneo”.

In parole povere, si tratta dei criteri per l’individuazione del sito unico nazionale di stoccaggio delle scorie nucleari, circa 90 mila metri cubi di materiale radioattivo.

E dove, allora?

L’I.S.P.R.A. dice “no” ad aree vulcaniche attive o quiescenti, a località che si trovano a 700 metri sul livello del mare o ad una distanza inferiore a 5 chilometri dalla costa. Sono anche escluse le aree a sismicità elevata, con pendenza superiore al 10%, a rischio frane o inondazioni e le ‘fasce fluviali’. Escluse le aree naturali protette, i poligoni militari, quelle che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati, dighe, aeroporti, quelle a distanza inferiore di un chilometro da autostrade e strade extraurbane principali e ferrovie.

Questi criteri conducono, per esclusione, ad aree ‘potenzialmente idonee’.

Incrociando questi criteri vien difficile immaginare un sito potenziale in Sardegna.

Poi si aggiungono altri 13 criteri, per uno screening ancora più puntuale, in base alle rigide raccomandazioni emanate dagli organismi internazionali. In sostanza, individuate in una Carta le aree potenzialmente idonee, ci saranno successive indagini a livello regionale e valutazioni socio economiche.

I dati tecnici contribuiscono a definire la documentazione da allegare all’istanza per il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione del deposito (previsto dalla direttiva europea n. 2011/70/Euratom, recepita recentemente dall’Italia).

Nel febbraio 2014 l’I.S.P.R.A. aveva concluso la consultazione con tutti i ‘centri tecnici’ dello Stato (C.N.R., E.N.E.A., Istituto nazionale di fisica nucleare) e la Sogin s.p.a., la societa’ dello Stato incaricata dello smantellamento delle ex centrali e della gestione dei rifiuti radioattivi, candidata alla costruzione del deposito e alla gestione dei rifiuti.

L’Italia in un certo senso è avvantaggiata, visto che e’ stata fra i primi Paesi ad aver fatto decommissioning nucleare. Un vantaggio competitivo in un mercato che nei prossimi venti anni si stima valga 600 miliardi di euro. Il deposito nazionale viene indicato come una esigenza per il Paese, un’infrastruttura ambientale, in grado di raccogliere per i prossimi 200-300 anni rifiuti nucleari di bassa e media intensita’, un’occasione anche per fare prevenzione ed evitare i pesanti rischi degli attuali “depositi provvisori”.

Nei prossimi mesi vedremo gli sviluppi della procedura per l’individuazione del sito.

*  Guida tecnica n. 29 “Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività”

relazione illustrativa

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