NO al Referendum, per non consegnare lo Stato alle Oligarchie

1 Giugno 2016
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Ottavio Olita

Neppure nel 1974, all’epoca del referendum abrogativo della legge sul divorzio, si registrò un appiattimento dell’informazione paragonabile a quel che sta avvenendo oggi a sostegno della demagogica campagna di Renzi sulla riforma Costituzionale voluta da lui e dalla Boschi, con l’imprimatur di Napolitano, e approvata da un Parlamento illegittimo perché eletto sulla base di una legge giudicata incostituzionale.

I servizi che riguardano il ‘Sì’ e le comiziate del presidente del Consiglio  occupano ampli spazi autonomi. Le iniziative o le dichiarazioni per il ‘NO’ vengono nascoste in ‘pastoni’ nei quali si parla d’altro: dalle amministrative, alle liti interne al PD o ai Cinque Stelle.

Solo in qualche caso vengono proposte riflessioni approfondite. Come il 26 maggio scorso quando Gustavo Zagrebelsky, su ‘la Repubblica’, ha illustrato, in un’intervista concessa ad Ezio Mauro, le conseguenze che lo sciagurato progetto di riforma, se passasse, avrebbe sulla democrazia italiana. In precedenza, il 6 marzo, intervistato da ‘il Fatto Quotidiano’, lo stesso ex presidente della Corte Costituzionale aveva elencato quindici ragioni per votare ‘No’.

 

Il rischio maggiore è rappresentato dalla svuotamento sostanziale della Democrazia, per lasciare, in un involucro formalmente corretto, tutto il potere a ristrette Oligarchie. Queste verrebbero a formarsi grazie al combinato disposto tra la trasformazione del Senato in una camera di rappresentanti scelti con altre finalità e la nuova legge elettorale, il famigerato ‘Italicum’. Sarebbe questa la ‘Governabilità’? O non sarebbe piuttosto la costruzione di un nuovo autoritarismo centralizzato, quella che con un neologismo orribile è stata definita democratura?

Il nuovo Senato interverrebbe, ad esempio, nella scelta di una parte dei giudici del Csm, del Presidente della Repubblica, di alcuni componenti della Consulta. Con l’altra camera costruita sulla base del premio assegnato al vincitore delle elezioni ci sarebbe davvero una forma mai sperimentata prima di dittatura della maggioranza.

Quali sarebbero le ricadute, in una situazione come quella italiana, nella quale non c’è lavoro per i giovani, il welfare viene continuamente sminuito, le competenze vengono misurate solo in relazione alla vicinanza che si ha con il potere e, anzi, come è già avvenuto in molti casi, conviene dequalificarsi per  poter trovare un’occupazione? Forse non sarebbe richiesta la tessera come durante il Fascismo, ma verrebbe vista di buon occhio la vicinanza a chi comanda. Si tace su questi rischi mentre si sbandiera un efficientismo che non si sa su che base si reggerebbe, in assenza delle competenze necessarie.

La riduzione degli spazi di democrazia avrebbe effetti nefasti perché i più deboli diventerebbero inesistenti se non per le associazioni caritatevoli e di volontariato, come in parte avviene già oggi. E poi, come si fa, di fronte a queste gravi prospettive, trasformare l’appuntamento con il Referendum in una sorta di plebiscito per Renzi e il suo governo? La destrutturazione di una parte fondamentale della Carta Costituzionale va ben aldilà della carriera politica personale di Renzi o di alcuni dei suoi uomini e donne più fidati.

Perché non si pensa a cosa potrebbe accadere il giorno in cui, con la nuova Costituzione operativa, vincesse le elezioni e governasse un leader che si opponesse alle Unioni Civili, all’accoglienza dei profughi, alla permanenza in Europa, tanto per citare alcune scelte meritorie di questo Governo? Chi e cosa potrebbe controbilanciare lo strapotere che gli deriverebbe dall’approvazione popolare di una riforma capace di assegnargli un potere praticamente incontrollato, non solo sul Parlamento ma su quasi tutti i presidi di controllo voluti dai Padri Costituenti, proprio per evitare il rischio di nuove avventure autoritarie?

La corruzione, il disamore per la politica, lo scetticismo, l’astensionismo di cosa sono figli se non proprio del tradimento del dettato principale della Carta Costituzionale che è stato quello di immaginare una nuova partecipazione degli italiani alla vita della Repubblica come cittadini pienamente coscienti e non più come sudditi? E’ sbagliato e pericoloso ritenere che tutto questo sia ‘vecchio’ e che il ‘nuovo’ debba servire solo al decisionismo e all’efficientismo, riducendo alcune facoltà di scelta.

Altro che ‘non ci sono alternative’! Se quella indicata da Renzi e dalla Boschi è la strada da percorrere, sarà davvero ancora il popolo italiano a scegliere o non ci sarà la dipendenza totale dalle grandi organizzazioni finanziarie e tecnocratiche mondiali, come purtroppo è avvenuto subdolamente nell’ultimo decennio?

L’unico modo per contrastare questa deprivazione di potere è rafforzare la democrazia, non svuotarla. Per questo bisognerà impegnarsi perché il ‘NO’ vinca il Referendum di ottobre.

1 Commento a “NO al Referendum, per non consegnare lo Stato alle Oligarchie”

  1. Massenzio Ballerini scrive:

    Sono molto in sintonia con l’opinione di Olita e sulle sue preoccupazioni ma su un punto sono in disaccordo : il progetto autoritario che si paventa, sarà usato, non da un futuro neo-Berlusconi, ma direttamente dal sig. Renzi , perchè se un “rottamatore”è arrivato a questo punto, in particolare sul ruolo del Sindacato e l’esaltazione di un industriale “illuminato” come Marchionne, si può certo ipotizzare che userà direttamente la riforma che ha voluto . Il progetto supera abbondantemente la “legge truffa”degli anni ’60, perchè porta direttamente al Cancellierato; e deriva da una mutazione genetica del partito che ha fatto le prove generali con Bersani al momento dell’elezione del Presidente della Repubblica. Quel subdolo NO a Prodi nel segreto dell’urna parlamentare,voleva dire : basta con progetti politici pluralistici e assembleari ; adesso comandiamo NOI e ve la facciamo vedere … ; che cosa non si capisce subito, ma non sembra siano ben intenzionati . Questo mio discorso così poco ragionato, sembra un oscuro politichese, forse un pò inutile e troppo istintivo. Infatti quello che più mi preoccupa è l’atteggiamento della media maggioranza delle persone che sembra non capiscano che la democrazia non è per sempre e che “l’Argentina è dentro di noi “, anche senza militari nelle strade e desaparecidos . Non voglio dire che l’ispirazione della Riforma sia golpista ma sento che un “uomo solo al comando” ci porterà facilmente alla nostra Argentina .Voterò NO al mio Renzi interno.

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