Un po’ di sano buon senso per i Daini del Parco naturale regionale di Porto Conte

16 Febbraio 2018
[Stefano Deliperi]

Prova e riprova, il Parco naturale regionale “Porto Conte” era riuscito a segnare un nuovo punto nel raggiungimento del suo intento: far sparare ai Daini (Dama dama). Il 7 febbraio 2018 ha avuto il necessario parere favorevole del Comitato regionale faunistico, presentato come un gran successo.

Ci sta provando da anni: i suoi vertici avevano addirittura pensato (2014) alla realizzazione di un piccolo impianto di macellazione degli altri animali catturati nel corso delle operazioni dei piani di contenimento della fauna selvatica ritenuta in eccesso. Un parco che apre una macelleria ecologicamente sostenibile è un’ideona che gli farebbe una splendida pubblicità, per non dire altro.

In buona sostanza, il Parco, gestito dall’omonima Azienda speciale del Comune di Alghero (SS), ritiene che i Daini siano troppi rispetto alla capacità di sostentamento della Foresta demaniale di Porto Conte, nucleo centrale dell’area naturale protetta (qui il censimento 2010, il censimento 2012, il censimento 2014). La valutazione è anche condivisibile, ma le doppiette non sono l’unica soluzione, anzi: infatti, gli eventuali esemplari in eccesso possono benissimo essere catturati e trasferiti in altre Foreste demaniali della Sardegna.

Infatti, il Daino è attualmente presente in Sardegna soltanto nel parco naturale regionale “Porto Conte” e in poche altre Foreste demaniali della Regione autonoma della Sardegna (Pixina Manna, Neoneli, Limbara) con un numero estremamente contenuto di esemplari (circa 700)1. Nel Parco naturale regionale “Porto Conte”, dov’è presente la massima densità in Sardegna, nel corso dell’ultimo censimento i cui dati sono disponibili, ne sono stati contati 243 (vds. censimento 2014).

La cattura e il trasferimento dei Daini in eccesso in altre Foreste demaniali sarde dovrebbe essere la scelta prioritaria da parte della Regione autonoma della Sardegna, ma ancora una volta compaiono le doppiette e latita il semplice buon senso. La stessa Carta delle vocazioni faunistiche della Sardegna (pagg. 256-259, 2005) indica varie aree naturali (Goceano, Marghine, Limbara, Barbagia, Monte Arci, ecc.) per la potenziale reintroduzione e un numero di 17.360 esemplari quale sopportabile dal territorio isolano. Tale politica è stata la base virtuosa per la salvezza e il ripopolamento del Cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus) condotta dall’allora Azienda Sarda Foreste Demaniali (poi Ente foreste della Sardegna, oggi Agenzia Forestas). Altri tempi, altre persone, altri obiettivi.

Ottusità e doppiette è la risposta data a un problema che merita evidenti soluzioni alternative migliori, in degna continuità con la proposta di legge regionale n. 227Norme in materia di danni all’agricoltura da fauna selvatica. Modifiche alla legge regionale n. 1 del 1977 e alla legge regionale n. 23 del 1998 e interventi per la lotta alla peste suina”, depositata il 16 giugno 2015 e in seguito posta in discussione presso la V Commissione permanente del Consiglio regionale della Sardegna, comprendente la caccia al Daino con la scusa che potrebbe causare danni all’agricoltura.2

Ma il buon senso e la sensibilità ambientale, per fortuna, sono comunque diffusi: il sindaco di Morgongiori e presidente del Consorzio per l’istituzione del parco naturale del Monte Arci Renzo Ibba ha dato la disponibilità ad accogliere i Daini in esubero e così ha fatto anche l’Amministrazione comunale di Iglesias per la Foresta demaniale del Marganai.

Sono stati fatti passi formali in proposito nei confronti della Regione autonoma della Sardegna e del Parco naturale regionale “Porto Conte”: ci si affida ora al dinamismo dell’Assessore regionale della difesa dell’ambiente Donatella Emma Ignazia Spano e al cambiamento di opinione del Direttore del parco Mariano Mariani, prima contrario a qualsiasi delocalizzazione del Daino e ora possibilistaBene, solo i paracarri non cambiano mai posizione.

1 Si ricorda che il Daino in Sardegna, introdotto in epoca fenicia e romana, si estinse proprio a causa della caccia (nel 1968 venne uccisa l’ultima esemplare a S’Arcu e su Cabriolu, sul Massiccio dei Sette Fratelli).  Venne in seguito reintrodotto con esemplari provenienti in buona parte della Tenuta presidenziale di San Rossore.

2 In merito ai danni all’agricoltura è fondamentale evidenziare che gli squilibri ambientali concernenti la fauna selvatica sono stati causati in grandissima parte dall’intervento antropico, a iniziare dalle immissioni di Cinghiali (Sus scrofa) a fini venatori in varie parti del territorio regionale (La Maddalena, S. Antioco, Carloforte, ecc.). Nel maggio 2015 è stato validato dall’Assessorato regionale della Difesa dell’Ambiente il Report sui danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica in Sardegna (2008-2013): i maggiori danni alle produzioni agricole risultano esser stati arrecati dal Cinghiale (Sus scrofa meridionalis) o, molto spesso, da ibridi CinghialexMaiale, seppure a macchie di leopardo.

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