Importanti le alleanze e i programmi

16 Settembre 2012
Nicola Imbimbo*
Nell’ultimo numero del Manifesto Sardo la redazione,- riproponendo un editoriale di Marco Ligas sulla situazione in regione (quella del Palazzo), editoriale che  poneva una domanda molto seria a SEL su una sua possibile alleanza “sovranista” in Sardegna con il PSDAZ  di Sanna e l’UDC di Oppi – invitava ad aprire un dibattito sulle prospettive e le iniziative della sinistra in Sardegna contro le scelte di Monti e di Cappellacci e meno esplicitamente ma chiaramente sulle alleanze per le prossime scadenze elettorali nazionali e regionali.
La risposta del coordinatore regionale di SEL, affidata ad un commento dell’editoriale di Marco Ligas però ha un vago sapore kafkiano: non si sa se prenderla seriamente e quindi dare un senso a quello che viene confusamente e a volte pomposamente detto o considerarla una burla e prenderla come tale: in entrambi i casi difficile “dibattere”.
Per cominciare: sorprende il tono garbato (che non guasta mai!) che Piras usa nei confronti di Marco Ligas che avrebbe rivolto a SEL un “appello affettuoso” che egli non farebbe  fatica ad accogliere.
“L’uso di neologismi talvolta serve da schermo nell’assunzione di posizioni diverse da quelle espresse precedentemente” è l’attacco “affettuoso” di Marco, che più avanti dice : SEL “forse ipotizza un’alleanza che non esito a definire innaturale “ e affettuosamente conclude che Sinistra e libertà in Sardegna farebbe bene “a rivalutare le ragioni della sua nascita e privilegiare le relazioni con i lavoratori”. E’ facile capire che se deve  rivalutare quelle ragioni vuol dire che le sta o le ha quanto meno sottovalutate.
Il problema  al di là dei modi, è che il coordinatore regionale non dà a Marco le risposte che si aspettava. Anzi conferma  di fatto l’ipotesi di quella “innaturale alleanza”  quando chiedendosi “Con chi?” candidamente risponde : “Con ogni persona di buona volontà, democratica e progressista, che creda che un futuro sia possibile per questa Isola così bella, che creda che chi la popola – siano essi sardi, senegalesi, marocchini, rom, slavi, campani, genovesi, svizzeri o tedeschi – ne abbia il diritto.” Amen!
Ho volutamente evitato di riproporre il tono garbato perché su questioni come quelle dei dirittti, (dall’istruzione,al lavoro, alla salute,alla dignità) dell’economia, della democrazia, dell’ambiente si giocherà,come dice Piras, nelle prossime legislature,(regionale e nazionale) la partita “decisiva” e quindi occorre chiarezza e senso di responsabilità da assumere verso i militanti e verso elettrici ed elettori.
Forse con qualche forzatura un spunto positivo si può prendere dal commento di Piras :  non parliamo delle alleanze ma dei problemi, delle possibili scelte da compiere. E’ ciò che fa Marco Ligas ponendo domande e prospettando risposte come quella del risanamento ambientale delle zone industriali sia di quelle dismesse che di quelle che devono rimanere con nuove infrastrutture e industrie meno inquinanti, partendo anche dal “che fine ha fatto” il progetto Galsi e cosa si nasconde dietro il suo apparente accantonamento.
Le lotte dei lavoraori di Portotorres, di quelli di Ottana e quella più rumorosa di quelli del Sulcis sono sotto gli occhi di tutti. E’ riemerso con forza il problema del costo dell’energia. E’ un problema che va affrontato da governo nazionale e regionale. Ma in Sardegna dobbiamo fare la nostra parte. E a proposito di sovranità – su cui sia Oggiano che Deliperi dicono cose molto chiare  – nei decenni trascorsi che ruolo è stato svolto sulle questioni dell’energia? Con il solare e in particolare con l’eolico l’isola è diventata terra di conquista: di imprenditori come i Moratti  e di veri e propri avventurieri spesso di origine mafiosa e camorristica. Sia gli uni che gli altri avevano e hanno un solo scopo:  fare man bassa dei generosi contributi pubblici legati alla produzione di energia pulita. La Regione – e non solo la maggioranza che la governa – non è stata in grado di svolgere né un minimo di governo su dislocazione e finalizzazione degli impianti e della produzione, né di proporre una correzione alla appetitosa politica di incentivi. I sardi hanno visto spuntare come funghi questi enormi pilastri e  grandi pale senza sapere se e quali benefici avrebbero portato all’economia della regione.
Governare il territorio, coinvolgere i cittadini in tutte le scelte che riguardano i beni comuni, passare da una democrazia rappresentativa ad una che sia anche partecipata può essere un modo di riappropriarsi della “sovranità”. La rappresentatività  è quasi morta con la degenerazione di molti partiiti e con la incapacità di tutti gli altri a rinnovarsi decretandone la caduta di credibilità e la  inevitabile fine rispetto a come li abbiamo cosnosciuti nel ‘900.
C’è stata e c’è in Italia e  in Sardegna una parte vasta di persone che può riaprire una partecipazione della gente alla politica. Un’area non minoritaria che tra il 2010 e il 2011 ha mosso grandi masse  – dagli studenti alle donne – dai viola ai lavoratori per la difesa del posto di lavoro- dai dibattiti in rete al ruolo della FIOM- dai NO TAV ai no GALSI- che ha prodotto la vera rottura culturale col berlusconismo.
Con queste realtà è possibile creare alleanze di elaborazione, di lotte e anche di liste elettorali. E’ una realtà che cerca spazio di partecipazione e autorappresentanza e che già si è espressa in tante città: Milano, Genova , Napoli, Padova ma anche Cagliari, ma anche Villaputzu.
I lavoratori del Sulcis, del nuorese, di Portotorres, ma anche quelli della campagna – agricoltori e pastori- quelli supersfruttati del settore turistico o del commercio,i pensionati devono sapere che c’è una opposizione a Monti e a Cappellacci che vuole ripartire dal lavoro, dalla difesa dei suoi diritti e della sua dignità. Dal lavoro inteso come relazione politica complessiva, appartenenza a una comunità
Si tratta di costruire non tanto e solo un’alternativa “di sinistra”, ma  qualche cosa che può parlare a un mondo molto più vasto che non sa nemmeno o non sa più che cos’è, nella perdita di senso della sinistra di questi anni.
Si dovrebbe tentare di  mettere insieme una parte molto significativa di chi ha votato centro-sinistra,non di un centrosinistra che si rinnova –come dice Piras- non è più tempo! ma tutto il mondo che ha combattuto per la Costituzione, il sindacalismo che ha difeso diritti e democrazia del lavoro, l’altra economia, il volontariato,( è presente a tutti  l’eco che ha avuto la vicenda di Rossella Urru )le donne che hanno riempito le piazze del febbraio-marzo 2011.
Occorre agire per tempo, sollecitare quelle realtà sociali e politiche che si muovono con continuità e convinzione anche senza grande eco ma che spesso raggiungono risultati di grande valore. C’è nel panorama molto critico della nela nostra regione la vicenda del poligono militare di Quirra del suo possibile smantellamento,del riconoscimento dei danni che ha provocato quel poligono alla salute e all’ambiente.Un raggio di luce un risultato insperato raggiunto per la costanza di piccole ma determinate, perché convinte di essere nel giusto, realtà associative.
Cambiare si può. Non bisogna dare tempo ai partiti in Consiglio di apprestarsi ad un nuovo banchetto di posti di potere e sottogoverno. Sono giochi che potrebbero irretire anche forze come SEL. La politica per la partita decisiva non deve essere più una corsa alla poltrona, ai privilegi o  alla sistemazione.  Se non si rompe quel meccanismo l’esito sarà non moderato – il moderatismo è imperante sino quasi alla reazione  – ma molto più cupo e con poco futuro per la democrazia e i diritti conquistati con decenni di lotte della sinistra, dei sindacati delle lavoratrici e dei lavoratori, dei giovani per il diritto al sapere.
*Referente a Cagliari di ALBA (Alleanza per il Lavoro,Benicomuni, Ambiente)

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