Profeti di sventure

16 Ottobre 2009

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Stefano Deliperi

Prosegue l’esame in Consiglio regionale della farneticante legge sul c.d. piano per l’edilizia. Sul Manifesto Sardo potete leggere le precedenti puntate di questa squallida telenovela in “Via libera al cemento” (n. 57 dell’1 settembre 2009) ed inHanno la calce alla bocca” (n. 59 dell’1 ottobre 2009). Giorno dopo giorno, articolo dopo articolo, emendamento dopo emendamento, si sta delineando sempre più un quadro della situazione sempre più nitido: sono gli interessi beceri mattonari che trasudano norme e cemento da un’Aula assembleare sempre più irresponsabile. A titolo di esempio, in una surreale seduta pomeridiana del 2 ottobre 2009 una minoranza-maggioranza di soli 31 consiglieri regionali (su 80), dopo varie interruzioni per mancanza del numero legale, ha fatto ritornare il cemento nella fascia di conservazione integrale dei 300 metri dalla battigia marina grazie all’emendamento n. 355 (incrementi anche in favore delle residenze private sino al 10 per cento del volume esistente nei 300 metri dalla linea di battigia).   La presenza compatta dell’opposizione di centro-sinistra e dei consiglieri del P.S.d’Az., che in un sussulto di decenza aveva annunciato il voto contrario, avrebbe portato alla bocciatura dell’emendamento. Invece, le numerose assenze fra le fila del centro-sinistra (Renato Soru compreso, a quanto segnalato) e di Paolo Maninchedda del P.S.d’Az. hanno portato ad un vera e propria nuova calamità innaturale annunciata. Non c’è molta differenza con la calamità innaturale annunciata di Messina. Dove il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, smessi una volta tanto i panni ottimistici dei grandi successi vantati del suo governo, s’è vestito da iettatore e ha pronosticato in 50 il numero definitivo dei morti, in gran parte figli proprio dei suoi condoni edilizi e dell’abusivismo edilizio mai adeguatamente represso.  E questo mentre  il Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo parlava di abusivismo edilizio criminale, dimenticandosi che la sua Regione ha in corso la proposta per la consueta leggina sul c.d. piano casa per moltiplicare a dismisura le volumetrie dappertutto. Per non parlare dell’ignavia nel demolire le strutture abusive. I fiumi riprendono il loro corso, le montagne disboscate franano, l’erosione mangia le spiagge. Normale amministrazione in un territorio cementificato, devastato, stuprato per i soliti beceri interessi mattonari. Quegli stessi interessi beceri mattonari che hanno causato un anno fa la calamità innaturale annunciata di Capoterra. Quegli stessi interessi beceri mattonari che portano sempre troppi consiglieri regionali e la Giunta regionale a voler approvare, con il voto o con l’assenza, disposizioni sempre più allucinanti. Questa legge sul c.d. piano per l’edilizia consente di scaricare circa due milioni di metri cubi di seconde case slargate sulla fascia costiera di conservazione integrale dei 300 metri dalla battigia alla quale si aggiungeranno i milioni di metri cubi in favore delle strutture ricettive che beneficeranno del 35% di aumenti volumetrici. Ed ancora milioni di metri cubi nei centri storici, nelle campagne, nei quartieri delle città, dove gli standard di verde e di servizi pubblici diminuiranno per favorire la speculazione edilizia.Imprenditori immobiliari, progettisti, amministratori pubblici sbavano già calce in attesa di tanto ben di questo dio minore che è il mattone.   E mass media cementati a tali interessi fanno da gran cassa di risonanza con buona pace della professionalità e della decenza del giornalismo. Geometri e sindaci, spesso una persona sola, perseverano anche dove l’acqua ha già travolto tutto.   Non importa.  Tanto alla prossima calamità innaturale annunciata pioveranno nuovamente presidenti, assessori, ministri e quant’altre prefiche istituzionali a piangere dichiarazioni infuocate ed a promettere risarcimenti ed indennizzi. Noi ecologisti abbiamo fatto, facciamo e faremo la nostra parte: con denunce, con il sostegno a quella magistratura che indaga, con la presenza nei processi, con la sensibilizzazione.  Ma c’è bisogno di qualcosa in più: il cittadino comune, quello che non ha interessi particolari ma paga quotidianamente le conseguenze del malgoverno del territorio, apra gli occhi, si informi, partecipi. Ne va del nostro presente e, soprattutto, del nostro futuro.

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