Una fase nuova

25 Maggio 2011

Marco Ligas

Cagliari, una città considerata sonnolenta e anche remissiva, ha dimostrato come sia possibile avviare un processo che veda i suoi cittadini, e non più i soliti gruppi di potere con le reti clientelari ad essi legati, protagonisti di una nuova fase politica.
Il risultato ottenuto da Massimo Zedda al primo turno delle amministrative è un segnale di questa possibilità. C’è da augurarsi che venga confermato; ci sono le premesse, tutte le forze democratiche sono impegnate in questo tentativo.
Chi ha preso parte direttamente alla campagna elettorale ha sottolineato un aspetto importante e per certi versi nuovo rispetto al passato più recente: la maggiore presenza, nei dibattiti e nelle diverse iniziative, di giovani; la loro partecipazione non si è limitata al ruolo di spettatori, esprimeva un’esigenza più profonda, quella di essere coinvolti per poter condividere le scelte che riguardano il futuro della città.
È probabile che la maggiore partecipazione sia stata favorita dalla giovane età del candidato del centro sinistra e che l’aspetto anagrafico abbia avuto un effetto propulsivo sulla presenza giovanile. Non possiamo però considerare esaustiva questa motivazione. Così come non possiamo attribuire le ragioni della sconfitta del centro destra agli errori commessi da Berlusconi nel corso della campagna elettorale o alla conflittualità della coalizione governativa.
Nel ultimi anni in Sardegna c’è stata una mobilitazione continua di migliaia di lavoratori dell’industria, del settore agro-pastorale, del commercio, degli insegnanti e degli studenti. I temi del diritto al lavoro, del diritto allo studio, della lotta al precariato sono stati al centro di questa mobilitazione. La protesta ha mostrato a tutti le dimensioni reali della crisi: la disoccupazione crescente, l’impoverimento, il progressivo ridimensionamento del ruolo sociale delle istituzioni.
Cagliari è stata in buona parte teatro di questa protesta: l’ha subita direttamente come vittima anch’essa della crisi che ha colpito la società sarda e al tempo stesso ha agito da cassa di risonanza, presentandola fuori dall’area urbana, sia in tutta l’isola, sia nelle sedi del potere che opera nella penisola; qui spesso, i lavoratori anziché trovare interlocutori capaci di ascoltare e accogliere le richieste per affrontare la crisi, hanno subito la violenza delle istituzioni.
Ma non è solo sui temi del lavoro che sono cresciuti prima il malessere e poi la protesta del popolo sardo. In questi anni si è estesa la contestazione sul degrado ambientale provocato dalla presenza delle basi militari e dalle attività che si svolgono al loro interno. È da questo malessere che si è concretizzata la decisione di condurre una lotta contro l’installazione delle centrali nucleari nell’isola. L’impegno per il rifiuto del nucleare ha portato al referendum consultivo il cui esito è emblematico. Ed è innegabile che l’insieme delle lotte condotte su questi temi abbiano avuto dei riflessi sul voto delle amministrative a Cagliari.
Allo stesso modo non credo che abbia giovato a Massimo Fantola l’inadeguatezza mostrata dalla Giunta Floris e da tutto lo schieramento che oggi sostiene il candidato del centro destra  nella gestione delle aree di Tuvixeddu e dell’Anfiteatro. Essere amici degli speculatori edilizi non è una condizione che garantisce di per sé la conservazione del potere; a volte nell’amministrazione dei beni comuni capita che prevalga l’interesse pubblico, soprattutto quando i cittadini si impegnano con determinazione per imporne il rispetto. E per Tuvixeddu le cose sono andate proprio così.
In conclusione, i temi della difesa del lavoro e dello sviluppo dell’occupazione, della tutela del paesaggio e dei beni comuni, e l’assunzione di un metodo di lavoro basato sul confronto costante tra Amministrazione e cittadini, temi indicati nel programma di Massimo Zedda,  risultano abbastanza positivi per ritenere che la sua elezione a sindaco di Cagliari possa favorire quell’inversione di tendenza di cui spesso abbiamo parlato.

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