L’Italia sono anche loro

15 Febbraio 2012

Marta Carusi

Uno dei temi al centro del dibattito politico del governo Monti torna ad essere la questione cittadinanza agli stranieri. Per ottenere un’effettiva integrazione è molto importante che vengano semplificate le procedure d’acquisizione della cittadinanza e rimossi gli ostacoli alla piena fruizione dei diritti e alla piena partecipazione alla vita politica e sociale degli individui nel territorio in cui vivono e lavorano.
In termini generali la cittadinanza segna l’appartenenza di un individuo ad uno stato. In Italia la cittadinanza è regolata dalla legge 91 del 1992 che indica come modo principale d’acquisto della cittadinanza, quello detto di “ius sanguinis” (diritto di sangue) nel senso che è cittadino italiano il figlio (anche adottivo) di padre cittadino o madre cittadina, anche se nato all’estero. Tale principio è adottato dalla maggior parte dei paesi europei, ad eccezione della Francia che sin dal 1515 si ispira ad un altro principio: lo “ius soli” (diritto del suolo) che attribuisce la cittadinanza sulla base del territorio di nascita. Quindi, con estrema sintesi, si può affermare che la differenza consiste soprattutto nel fatto che con l’applicazione dello ius soli si diventa cittadini italiani automaticamente alla nascita, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori. È strano pensare che un’alta percentuale di ragazzi nati in Italia in strutture del servizio sanitario nazionale, che vivono qui da sempre, lavorano o studiano, fanno parte della nostra società a tutti gli effetti, ne conoscono gli usi, tradizioni e costumi, per “colpa” del paese d’origine dei propri genitori, non possano esprimere a pieno i propri diritti di cittadinanza.
Più che strano è assurdo! Recentemente sono state avanzate delle proposte di legge, promosse dalla campagna “L’Italia sono anch’io”, presente attraverso dei comitati in tutto il territorio nazionale per la raccolta delle firme, alla quale fanno parte numerose organizzazioni della società civile.
Tale campagna prevede, per ciò che riguarda i minori, i seguenti punti: l’introduzione dello ius soli collegato al requisito della legalità di soggiorno di almeno un anno da parte di uno dei genitori e l’acquisizione della cittadinanza automatica, senza requisiti aggiuntivi, da parte di chi nasce in Italia da genitore a sua volta nato in Italia (ma che non è italiano), a prescindere dalla sua condizione giuridica; inoltre, cittadinanza, su richiesta dei genitori, ai minori che frequentano un corso d’istruzione. La proposta, inoltre, riguarda la disciplina dei procedimenti amministrativi per gli adulti che richiedono la cittadinanza, in cui viene indicato un termine massimo di ventiquattro mesi, superati i quali l’istanza deve considerarsi accolta, a fronte dell’eccessiva e inaccettabile tempistica burocratica italiana; e il diritto di voto alle amministrative per gli stranieri che risiedono nel territorio da almeno 5 anni.
Tale proposta sembra giusta ed equa in quanto i dati mostrano che gli immigrati contribuiscono enormemente allo sviluppo economico italiano e pagano le tasse; soddisfa certe esigenze di certezza di tanti figli di immigrati venuti qui alla ricerca di condizioni di vita migliori, magari scappati dalla fame o dalla guerra, che hanno riposto nell’Italia speranze e aspirazioni e risolverebbe anche il problema dell’emarginazione di molti gruppi di seconda o anche terza generazione, in Italia da sempre ma privi di titoli di soggiorno, come ad esempio la comunità Rom. Contrariamente a quanto previsto dal Presidente della Repubblica Napolitano, che a Novembre, aveva visto nel governo Monti le condizioni favorevoli per una riforma riguardante questo tema, il Ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri ha dichiarato che non basta essere nati in Italia e che lo ius soli semplice creerebbe le condizioni di far nascere in Italia bambini da tutto il mondo. Il ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione, Andrea Riccardi, propone una sorta di via intermedia tra ius soli e ius sanguinis, e cioè lo “ius culturae”, ossia il diritto di cultura che tiene conto del percorso scolastico dei giovani figli di immigrati presenti in Italia da un certo tempo. Favorevole il Pd e contrari Lega e Pdl che considerano lo ius soli uno stravolgimento della Costituzione italiana.
Il comico Beppe Grillo considera la proposta senza senso, la solita arma di distrazione di massa. Il politologo Giovanni Sartori, in un articolo sul Corriere della sera, propone “una soluzione di buon senso”, cioè la concessione della residenza permanente trasferibile ai figli, ma pur sempre revocabile, e la privazione del diritto di voto in quanto, i residenti in questione, potrebbero condizionare e controllare il Paese creando il loro partito.
E così, in un Italia in crisi, mentre Sartori teme la possibile ascesa di un partito islamico che controlli il Paese e la Cancellieri un’invasione di donne gravide da tutto il mondo (forse anche loro musulmane!) le incertezze sul posto di lavoro sembrano essere accompagnate dalle incertezze esistenziali di chi attende che gli venga riconosciuta un’identità.

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